Il riarmo ha da oggi la sua testa di Ponte nel Mediterraneo ed è un ponte finora immaginario, a campata unica, il ponte sospeso più lungo del mondo nello Stretto sismico. La lunghezza dell’opera complessiva sarà di 3.666 metri, la larghezza raggiungerà i 60,4 metri, mentre la grandi navi avranno a disposizione un canale navigabile la cui altezza sarà di 72 metri. Per il trasporto autostradale e ferroviario ci saranno 6 corsie, i treni percorreranno due binari su cui viaggeranno 6.000 veicoli l’ora e, reggiamoci forte, ben 200 treni al giorno, cifre che nemmeno tra due continenti. Il tutto per un costo stratosferico di 13,5 miliardi di euro, tutti a carico dello Stato perché d’incanto l’opera è stata arruolata come strategica e top secret alla difesa militare in ambito Nato, sentinella di guardia della “porta” mediterranea tra Scilla e Cariddi. Il via libera del Governo è arrivato oggi attraverso il CIPESS ex CIPE, il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, col ministro Salvini a dichiarare che il ponte sarà percorribile dal 2032-33.
L’opera è diventata addirittura “strategica a fini militari nell’ambito Nato”. Ma il CIPESS non poteva valutare il progetto esecutivo perché non c’è: ha validato il costo a spanne indicato da un emendamento della Lega in legge di bilancio, su stime rivalutate dalla Stretto di Messina Spa che firmerà un contratto con grosse penali per le casse pubbliche in caso di mancata realizzazione con il contraente generale Eurolink e la Parson ed Edison next. Bypassa anche le prescrizioni al progetto del Ministero dell’Ambiente e della Commissione Ue sull’impatto ambientale; forse l’opera procederà a «stralci» ma senza che l’INGV si sia ancora espresso definitivamente e ufficialmente sulla faglia sismica su cui poggerà soprattutto il pilone lato Calabria, concedendo pareri formali e definitivi; fanno inoltre finta, non prendendolo nemmeno in considerazione, che non esista il parere reiterato dell’ANAC, l’Autorità che vigila sul contrasto alla corruzione, che fin dall’inizio ritiene necessaria una nuova gara perché cosi come è il progetto è “sbilanciato a favore dei privati” e lo Stato rischia di pagare 1,5 miliardi di euro in penali ai privati in caso di mancata realizzazione.
Addio ai sogni di pianificazioni e di débate public con percorsi partecipativi. E protestano Wwf e Legambiente, Greenpeace e Lipu che hanno presentato il 4 agosto un nuovo reclamo all’Unione Europea a integrazione di quello già inviato il 27 marzo sul secondo parere della Commissione VIA VAS n. 72/2025 con cui si è chiusa la procedura di Valutazione d’Incidenza, indicata dal primo parere della Commissione VIA VAS n. 19/2024 che, pur rilasciando parere positivo di compatibilità ambientale, lo ha condizionato a ben 62 prescrizioni da ottemperare tra cui “la procedura speciale aggiuntiva in presenza di impatti ambientali acclarati e non mitigabili che riguardano aree tutelate dalle direttive comunitarie Habitat ed Uccelli, cioè i siti della Rete Natura 2000 nello stretto di Messina, sia il lato siciliano che quello calabrese oltre che il tratto di mare che li separa. La Commissione VIA VAS per poter procedere all’autorizzazione del progetto nonostante questo incida sui siti Natura 2000, ha prescritto la procedura di autorizzazione in deroga che prevede tre condizioni ineludibili: l’assenza di alternative rispetto al progetto che produce impatti, la presenza di motivi imperativi di rilevante interesse pubblico che lo giustifichino, e interventi ambientali compensativi che bilancino gli impatti che provoca”.
Secondo le associazioni ecologiste tali condizioni non sussistono. Ma per bypassare pareri Ue, il Governo bypassa pure le valutazioni economiche di costi-benefici dell’opera come pure l’effetto economico atteso, e inserendo il Ponte nell’interesse strategico di sicurezza militare esclude la procedura dal parere comunitario. Non si sa quali truppe e spostamenti rapidi di mezzi NATO via terra possa far transitare il ponte, in tempi di velocità supersoniche nei cieli. Così come risultano risibili le motivazioni di emergenze di Protezione Civile in caso di calamità o incendi, le motivazioni sanitarie per l’accesso ai centri di cura da un lato all’altro dello Stretto, come se oggi non fossero garantiti da servizi aerei, via nave o traghetti. Si vedrà. Nel frattempo, qui di seguito un ripasso con l’ultima delle 14 puntate sull’incredibile e non conclusa storia del ponte pubblicate da Greenreport, che riassume tutte le falle dell’opera.
Salvini è lo sponsor numero uno, felicemente passato dal “non sta in piedi…” dei decenni della contestazione alzo zero dei leghisti all’”opera fondamentale per unire Italia ed Europa e quando prendo un impegno lo porto fino in fondo e il Ponte sarà realtà”. Punta al modello emergenziale utilizzato giustamente per rifare il Ponte Morandi di Genova, con autorizzazioni spaziali iper-veloci per “vedere se dopo 54 anni di ritardi, chiacchiere e mancate promesse riusciamo ad avviare il progetto e creare subito almeno 100mila posti di lavoro”. Promette che “Nel 2032 lo Stretto sarà transitabile. Le risorse ci sono…la legge di bilancio copre l’intero fabbisogno”. E che sarà: “Ponte Silvio Berlusconi”.
E la grana tra lo Stato e la Spa dello Stato Stretto di Messina? Il fastidioso e oneroso contenzioso aperto dopo la messa in liquidazione del governo Monti con il maggior azionista del consorzio Eurolink ovvero WeBuild di Salini, oggi il gruppo leader nel mondo nelle grandi infrastrutture con 31 mila dipendenti di 88 nazionalità che chiede a Palazzo Chigi 657 milioni per “l’illegittimo recesso”? Solo un clamoroso ri-affidamento potrebbe chiuderlo.
Salvini spinge ed ecco le disposizioni della legge di bilancio 2023 che sono un gran colpo di spugna al lavoro di pianificazione del suo predecessore Enrico Giovannini. Salvini chiude ogni varco alla nuova pianificazione sostenibile, a verifiche e analisi sulle caratteristiche del futuribile Ponte con le sue campate unica o tripla, e soprattutto al dibattito pubblico. L’articolo 1, con i commi da 487 a 493, riavvia la progettazione e realizzazione “del collegamento stabile, viario e ferroviario tra la Sicilia e il continente”, confermando il Ponte come opera prioritaria alla quale si applica la “normativa derogatoria per le infrastrutture di preminente interesse nazionale, e reiterando i vincoli all’esproprio, dettando disposizioni per la chiusura dei contenziosi e la stipula di uno o più atti transattivi per eventuali penali”. Prevede, indipendentemente dall’esito della procedura transattiva, la revoca dello stato di liquidazione della Spa Stretto di Messina e la convocazione dell’assemblea dei soci per procedere alla nomina degli organi sociali, e il Commissario liquidatore può restare in carica in qualità di “Commissario straordinario del Governo per la gestione ordinaria della società nelle more della nomina degli organi sociali”, nelle more della nomina degli organi sociali.
Si corre. Il 16 marzo del 2023, il Consiglio dei Ministri approva il “Decreto Ponte” numero 35 contenente: “Disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria”. Il 31 marzo il Decreto viene firmato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per essere emanato e convertito in legge, e viene fissato il termine per il Progetto Esecutivo al 31 luglio 2024 da predisporre sulla base del vecchio Progetto Definitivo del 2011. La nuova legge aggiorna e integra la legge 1158 del 1971 dell’epoca del Governo a trazione democristiana guidato da Emilio Colombo per la “…realizzazione di un collegamento stabile viario e ferroviario e di altri servizi pubblici fra la Sicilia e il continente, opera di preminente interesse nazionale”. La legge di bilancio 2023, insomma, è il primo salvagente perfetto per la Stretto di Messina, liquidata 11 anni prima. Detta miracolose disposizioni per la chiusura dei contenziosi e la stipula di atti transattivi con la Spa Stretto di Messina non più in liquidazione. Autorizza “al fine di sostenere i programmi di sviluppo e il rafforzamento patrimoniale della società” RFI-FS e ANAS a sottoscrivere “aumenti di capitale o strumenti diversi, comunque idonei al rafforzamento patrimoniale, anche nella forma di finanziamento dei soci in conto aumento di capitale, fino a un importo complessivo non superiore a 50 milioni di euro”. Lo Stato riaffida quindi alla Spa sia il vecchio progetto per il suo aggiornamento e sia un budget di 350 milioni di euro per aggiornarlo, autorizzando anche 100 assunzioni in comando da ANAS e da RFI-FS, e in più con la deroga molto richiesta dai manager pubblici a superare i tetti dei compensi pubblici per l’Ad Pietro Ciucci – oltre la soglia di legge di 240 mila lire lordi annui – e per il presidente Giuseppe Recchi – oltre i 97.000 euro -, fissando il termine per il Progetto Esecutivo al 31 luglio 2024.
Viene confermata la natura di opera prioritaria e, per il Ponte, scatta anche l’applicabilità della normativa derogatoria per le infrastrutture di “preminente interesse nazionale”. Salvini esulta, anche in versione eco: “È una scelta storica che apre a una infrastruttura da record mondiale e con forte connotazione green: il Ponte permetterà una drastica riduzione dell’inquinamento da CO2 e un calo sensibile degli scarichi in mare. Il costo per la realizzazione del Ponte e di tutte le opere ferroviarie e stradali di accesso su entrambe le sponde è oggi stimato in 10 miliardi”.
Torna in pista il Consorzio Eurolink, costituito nel 1981 e vincitore della vecchia gara nonostante il contenzioso sempre aperto con lo Stato – perso in primo grado e naviga in appello -, con l’accordo per il suo ritiro ma solo in caso di reale ripartenza dei lavori. E tornano le aziende Eurolink con il 45% delle azioni Webuild, con il 18% la spagnola Sacyr Construccion, con il 15% Condotte Spa rilevata ormai nella partecipazione da Tiberiade holding di Mainetti, con il 13% la CMC di Ravenna, con il 6% la giapponese IHI Corporation e con il 2% Itinera Spa Gruppo Gavio. Ma gli atti tra la Stretto di Messina e il Contraente Generale Eurolink sono e restano secretati, come si legge nella comunicazione formale indirizzata al deputato Angelo Bonelli leader dei Verdi, in risposta ad una sua interrogazione parlamentare
L’adeguamento della compagine azionaria con l’aumento di capitale di 370 milioni di euro viene approvato all’unanimità dall’assemblea straordinaria degli azionisti il 30 novembre 2023, e viene sottoscritto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze il 18 dicembre 2023 che diventa azionista di maggioranza. Il capitale sociale della Spa Stretto di Messina oggi ammonta a 672.527.489,17 Euro così ripartito tra gli azionisti:
AZIONISTA
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% DI POSSESSO
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Ministero dell’Economia e delle Finanze
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55,162%
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ANAS S.p.A.
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36,699%
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RFI Rete Ferroviaria Italiana SPA
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5,829%
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Regione Calabria
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1,155%
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Regione Siciliana
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1,155%
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La Stretto di Messina Spa è a tutti gli effetti una società in house dello Stato ai sensi dell’articolo 16 del Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al Decreto legge 19 agosto 2016 n.175. Sulla Spa il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti esercita il controllo e, con la propria “Struttura Tecnica di Missione per l’Indirizzo Strategico e lo Sviluppo delle Infrastrutture e l’Alta Sorveglianza” provvede sia alla vigilanza sull’attività sia alla definizione degli indirizzi.
Con la bollinatura del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Ponte entra così nell’ennesima “fase attuativa” a campata unica, con lunghezza della campata centrale tra i 3.200 e i 3.300 metri, con l’impalcato largo 60,4 metri, con l’altezza delle torri a 399 metri con 2 coppie di cavi per il sistema di sospensione, con una lunghezza complessiva dei cavi di 5.320 metri con 1,26 metri di diametro per i cavi di sospensione e 44.323 fili d’acciaio per ogni cavo, con l’altezza del canale navigabile centrale per il transito di grandi navi a 65 metri, con il volume dei blocchi d’ancoraggio a 533.000 metri-cubi. L’opera dovrà avere 6 corsie stradali, 3 per ciascun senso di marcia – 2 + 1 di emergenza – e 2 binari ferroviari, per una capacità da 6.000 veicoli/ora e 200 treni/giorno. La progettazione deve prevedere una resistenza al sisma fino a 7,1 magnitudo della scala Richter, e un impalcato aerodinamico di “terza generazione” stabile fino ad una velocità del vento di 270 km/h.
SUL RING GIURIDICO DA 13 ANNI SI BATTONO AVVOCATI DELLA SPA DI STATO CONTRO AVVOCATI DIFENSORI DELLO STATO DAVANTI AL GIUDICE DI STATO PER FINANZIAMENTI DI STATO E INDENNIZZI DI STATO
È un unicum mondiale da Paese fuoriclasse di bischerate globali la richiesta di risarcimento per presunti danni per presunti inadempimenti contrattuali tra parti in causa conviventi sotto lo stesso tetto istituzionale. Solo in Italia può accadere che, da 13 anni, possano battersi sul ring giuridico avvocati che difendono lo Stato contro lo Stato, che espongono le loro ragioni di Stato davanti a un giudice di Stato con richieste di indennizzi sui finanziamenti di Stato.
Ancora oggi, con l’ennesima riesumazione del Ponte ordinata dal governo Meloni su diktat del ministro Salvini, la bagarre della penale dopo la messa in liquidazione ordinata dal governo tecnico guidato da Mario Monti nel 2012 è un conflitto in corso tra lo Stato contro sé stesso per presunti illeciti civili. Una parte dello Stato, infatti, accusa l’altra di non aver adempiuto alle obbligazioni contrattuali, chiamandola a rispondere per responsabilità e a risarcire i danni.
La telenovela del Ponte vede la Spa di Stato controllata e indirizzata dallo Stato in causa contro lo Stato per i soldi ricevuti dallo Stato spesi in almeno tre decenni, con l’indennizzo richiesto di 325 milioni e 750.660 euro, più eventuali altri risarcimenti e più i costi dell’infinito contenzioso legale. Ad agire in giudizio per ottenere l’adempimento del contratto – mai la sua risoluzione! – con richiesta di risarcimento danni è la società pubblica Stretto di Messina che ormai ha ripreso dal 2023 le sue attività interrotte nel 2012 dal governo Monti grazie al Decreto Legge del 31 marzo 2023 n. 35, in Gazzetta Ufficiale del 31 marzo 2023 n. 77, convertito con modificazioni dalla Legge 26 maggio 2023, n. 58 recante: “Disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria”.
In realtà, la concessionaria di Stato incaricata della progettazione e realizzazione del Ponte, aveva presentato la richiesta di indennizzo al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, come rileva la Corte dei Conti, ancor prima della sua definitiva e ufficiale messa in liquidazione del 15 aprile 2013 avviata dal Governo Monti e poi conclusa con il Governo Letta che nominò l’allora commissario liquidatore Vincenzo Fortunato, e con legge stabilì come durata massima della procedura 365 giorni, un solo anno quindi. La ragione del ricorso? “…scaturente dalla mancata realizzazione dell’opera, indotta dal venir meno della convenzione di concessione”.
Domandina: qualcuno ha provato a far cambiare idea ai vertici della Spa? Scrissero i giudici contabili dopo circa 4 anni di liti giudiziarie: “Non risultano iniziative intraprese dal ministero, oltre quelle di resistenza in sede giudiziaria, al fine di superare il contrasto con la concessionaria. Nell’adunanza del 24 novembre 2016 la posizione conflittuale delle parti si è confermata ancora una volta”. L’azienda di Stato ha quindi continuato a far causa allo Stato sul costo del mantenimento della società e del personale con denaro, come precisa la Corte dei Conti, versato con “…gli aumenti di capitale deliberati nei precedenti esercizi e finanziati esclusivamente con risorse pubbliche”. Solo per questo, versare per la seconda volta denaro pubblico costituirebbe “…una mera duplicazione di costi, con ulteriore aggravio sui saldi di finanza pubblica”.
Oltre al ridicolo, ci sono poi i risarcimenti pretesi dal General Contractor Eurolink per circa 700 milioni per la revoca del contratto nel 2013 e di questi, 301 sono richiesti per spese sostenute e 329 per danni. Ci sono le cause risarcitorie con il Project Management Consulting, l’americana Parsons Transportation, che rivendica a sua volta altri 90 milioni di euro, e con il Monitore Ambientale per circa un milione. Le cause civili sono però strettamente connesse alla ripartenza del progetto e, in caso di riavvio, si cercheranno accordi stragiudiziali. In caso di stop, si procederà in tribunale. Al totale di circa 1 miliardo di euro di presunti risarcimenti e danni, andrebbero poi aggiunte anche le spese legali.
Resta sempre in piedi, quindi, la plateale contraddizione di una società interamente controllata da soggetti pubblici – oggi da due ministeri dell’Economia e delle Finanze e delle Infrastrutture e Trasporti e da RFI del Gruppo FS – che sta esercitando azioni legali giuridiche, contabili-amministrative contro lo Stato in un conflitto giuridico aperto con gli enti pubblici che la controllano in nome della “protezione del patrimonio societario”. L’assurdo conflitto intrastatale, come lo definiscono i giuristi, è dunque tra lo Stato proprietario e azionista e lo Stato soggetto attuatore.
Aveva senso, per una società pubblica, portare in tribunale lo Stato per chiedere soldi allo Stato? Rispondono sempre i giuristi più esperti che il solo senso oggi è di costringere lo Stato centrale ad un accordo stragiudiziale interno allo Stato per evitare nuove scene deprimenti davanti a un giudice. E non a caso la provvidenziale legge 35 del 2023 è il pronto soccorso che consente una definizione stragiudiziale, ovvero la sospensione di ogni causa fino alla ripartenza del progetto.
LO STATO DELLE CAUSE CONTRO LO STATO
EUROLINK-WEBUILD
Richiesta di 700 milioni per la revoca del contratto nel 2013
Esito iniziale: in primo grado la richiesta è stata respinta
Stato del processo: l’udienza in Corte d’Appello è stata fissata al 9 giugno 2025
Altre denunce la Rai per servizi su “Report” e l’INGV per danni reputazionali
PARSONS, PROJECT MANAGER CONSULTANT
Richiesta di circa 90 milioni per costi e danni
Procedura è in corso un accordo con Stretto di Messina per definire tempi e modalità di ripartenza lavori
Stato del contenzioso l’udienza è stata rinviata a settembre 2025 dal Tribunale di Roma
RICORSI AMMINISTRATIVI AL TAR LAZIO
COMUNI DI REGGIO CALABRIA E VILLA SAN GIOVANNI
Hanno impugnato il parere favorevole di Valutazione dell’Impatto Ambientale della Commissione del Ministero dell’Ambiente del 19 novembre 2024, denunciando “…vizi di legittimità, lacune tecniche, violazione di urgenza normativa e dubbi costituzionali”.
Stato del contenzioso: l’udienza cautelare fissata a gennaio 2025, è stata rinviata a data da destinarsi
LEGAMBIENTE, LIPU E WWF ITALIA
Hanno presentato ricorso al TAR il 19 dicembre 2024 contro il parere favorevole di Valutazione dell’Impatto Ambientale della Commissione del Ministero dell’Ambiente del 19 novembre 2024, contestando le 62 prescrizioni per scarso rigore, incapacità del progetto di mitigare impatti su habitat protetti e fauna migratoria e mancato principio di precauzione. I ricorsi al TAR rappresentano l’ostacolo amministrativo più rilevante: un eventuale annullamento della VIA bloccherebbe ogni passaggio ulteriore.
Processo in corso le associazioni hanno anche attivato una diffida al CIPESS e un reclamo alla Commissione Europea il 27 marzo 2025, denunciando violazioni normative comunitarie ambientali
CLASS ACTION DI 104 CITTADINI “NO‑PONTE”
per chiedere un controllo della legittimità della costruzione del Ponte.
Esito in primo grado: dichiarata inammissibile il 9 gennaio 2025 dal Tribunale delle Imprese di Roma, con condanna dei ricorrenti a pagare le spese processuali. Attualmente è in fase di appello dopo la contestazione dell’entità delle spese e della decisione sull’inammissibilità
PROCEDIMENTO
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STATO ATTUALE
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PROSSIMA SCADENZA
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Stretto vs Stato (~325M€)
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In attesa accordo/riapertura
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Non definita
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Eurolink/Webuild (~700M€)
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Appello in corso
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Udienza: 9 giugno 2025
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Parsons (~90M€)
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Esercizio accordo + causa sospesa
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Udienza: settembre 2025
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Comuni al TAR
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Udienza cautelare sospesa
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Data da destinarsi
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Legambiente e co. al TAR
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Ricorso in corso + reclamo UE
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Procedura ordinaria
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Class action No‑Ponte
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Appello in corso
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PERTENZE E FALSE PARTENZE IN ATTESA DEL VIA DALLA UE
2023: SALVINI “CANTIERI AL VIA NELL’ESTATE 2024”. NON PERVENUTI.
2024: “PARTIRANNO ENTRO L’ESTATE 2025”. NESSUNA CONFERMA
Il Ponte immaginario, quindi, dopo un mezzo secolo di sprechi di risorse pubbliche per costanti fallimenti finanziari e progettuali, false partenze di progetti sopra o sotto il pelo dell’acqua, studi e progetti di campate infisse sui fondali sismici molto campate in aria, fantasiosi tunnel sottomarini insidiati da maremoti e terremoti, promesse di altissime velocità ferroviarie nell’attraversamento dello Stretto che stridono con le bassissime velocità di oggi nelle due regioni-sponda, passaggi in automobile e bicicletta prima gratuiti oggi a pedaggio potrebbe ricevere il nuovo via libera definitivo. Le tabelle di marcia con cronoprogrammi continuamente rinviati, segnavano in rosso anche gli step per le prime demolizioni al 14 maggio del 2025, e al 17 agosto l’inaugurazione del primo cantiere operativo a Ganzirri, sulla punta estrema di Messina. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il 23 dicembre scorso aveva chiuso la Conferenza dei Servizi per la sua costruzione, acquisendo e valutando oltre 100 pareri inviati da amministrazioni locali, enti, portatori di interesse, e il ministro Salvini aveva firmato il decreto che adotta il provvedimento finale in attesa della pronuncia definitiva con “bollinatura” del CIPESS.
Incredibilmente il Ponte è ridiventato la priorità nella spesa pubblica nazionale in questi tempi ancora di vacche magre e finanze risicate. La “sovranità” dell’opera numero uno del Paese potrà persino essere difesa dai poteri speciali da Golden Power e, come impegno strategico, il governo punta sull’infrastruttura la stratosferica fiches da 13.5 miliardi di euro, destinata inevitabilmente a lievitare. Una cifra stellare, mai piazzata sul tavolo di una manovra finanziaria per una sola opera pubblica localizzata, e non nazionale e nemmeno urgente. Risorse che, tenacemente, Matteo Salvini ha saputo finora abilmente accumulare, quasi quattro volte in più del costo inghiottito dalla stretta fiscale del governo Monti per la prima e unica gara del 2005, aggiudicata nel 2006 ad “appena” 3.8 miliardi di euro. Siamo oggi alla nuova stretta cruciale, con l’opera maxima inserita tra i corridoi della Rete Te-T Europea.
COME SONO AUMENTATI I COSTI DEL PONTE SULLO STRETTO
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2005
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3,8 MILIARDI DI EURO
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2009
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6,4 MILIARDI DI EURO
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2011
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8,4 MILIARDI DI EURO
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2012
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8,5 MILIARDI DI EURO
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2023
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11 MILIARDI E 630 MILIONI DI EURO
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2025
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13,5 MILIARDI DI EURO
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Il Ponte, amarissima sorpresa per chi vive al Sud, utilizzerà gran parte dei fondi destinati dallo Stato alle mille incombenze del nostro meridione. L’ultimo pronto soccorso finanziario alla costruzione è arrivato sottoforma del maxi-emendamento aggiuntivo della Lega all’ultima legge di bilancio che autorizzava una nuova ripartizione dei fondi destinati a strade e infrastrutture, prevedendo come nuovo beneficiario il Ponte sullo Stretto. All’opera dello Stretto sono arrivati altri 1,5 miliardi più ulteriori 500 milioni per le opere connesse come svincoli e altri collegamenti, risorse tagliate al “Fondo Sviluppo e Coesione”, cioè al budget europeo previsto per il Sud, e soprattutto per le due Regioni Calabria e Sicilia.
La manovra finanziaria dello scorso anno aveva già predisposto un assegno da 11,6 miliardi di euro per il Ponte, garantito fino al 2032. La legge di bilancio 2025 da un lato ha fatto diminuire la parte di spesa a carico dello Stato – non più i 9,3 miliardi dello scorso anno, ma 7 miliardi -, dall’altro ha aumentato di altri 3,9 miliardi di euro il prelievo forzoso dal “Fondo per lo sviluppo e la coesione”, saccheggiando i trasferimenti verso le due regioni affacciate sullo Stretto nella loro programmazione 2021-2027. La nuova norma recitava: “Al fine di consentire l’approvazione da parte del Cipess, entro l’anno 2024, del progetto definitivo del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria…nelle more dell’individuazione di fonti di finanziamento atte a ridurre l’onere a carico del bilancio dello Stato, è autorizzata la spesa complessiva di 6.962 milioni di euro”. A questo scopo, continua “…è autorizzata la spesa di 6.132 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, periodo di programmazione 2021-2027…Si tratta di fondi FSC aggiuntivi ai 1.600 milioni già prelevati dallo stesso Fondo a Sicilia e Calabria per finanziare il Ponte”. Inoltre, “per la realizzazione delle opere connesse alla realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria, come individuate dal Cipess sulla base delle proposte trasmesse dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti all’esito della Conferenza di servizi, è autorizzata la spesa complessiva di 500 milioni di euro, in ragione di 90 milioni di euro per il 2027, 180 milioni di euro per il 2028, 160 milioni di euro per il 2029, 70 milioni di euro per il 2023.
Salvini con i Presidenti delle Regioni Calabria e Sicilia
Dopo selfie e una serie di impegni presi – “Ho invitato personalmente la commissaria europea ai Trasporti Adina Ioana Vlean all’apertura dei cantieri nell’estate 2024”. “Farò il Ponte sullo Stretto”. “Faremo il Ponte sullo Stretto, poseremo la prima pietra”. “Siccome quando prendo un impegno lo porto fino in fondo, il Ponte sarà realtà”. “Vediamo se dopo 54 anni di ritardi, chiacchiere e mancate promesse riusciamo ad avviare il progetto. Sbloccare i tanti cantieri fermi può creare subito almeno 100mila posti di lavoro”, Salvini è tornato a promettere: “Entro l’estate 2025 partiranno bonifiche, indagini geotermiche ed espropri con abbondanti indennizzi”. Lancia il progetto oltre gli ostacoli: “Per i calabresi ci saranno anche indennizzi più alti rispetto a quelli dati nel resto dell’Italia”. A, al di là degli annunci quasi quotidiani, l’avvio dei cantieri non ha una data. Manca anche la “deroga” chiesta alla Commissione europea. Bruxelles tarda ad inviare una risposta formale e la Commissione guidata da Ursula von der Leyen, oggetto di attacchi dalla Lega alzo zero, e senza la risposta non si invia il progetto al CIPESS. Per la Stretto di Messina manca la Valutazione di incidenza ambientale sui tre siti di interesse comunitario e la Commissione VIA chiede alla Spa un piano di dettaglio delle misure compensative e le previste comunicazioni alla Ue. Non una semplice comunicazione. E il piano cantieri slitta ancora.
Nel frattempo, ai fischi di chi lo contesta al Sud, Salvini risponde sempre lanciando baci. Anche a Reggio Calabria, dove il sindaco Falcomatà ha espresso tutte le sue riserve sull’Operazione Ponte il 5 maggio scorso partecipando a Villa San Giovanni all’iniziativa delle associazioni ambientaliste con molti esperti, spiegando: “Il mio approccio è profondamente cambiato da quando abbiamo capito che i nostri territori non sarebbero stati istituzionalmente coinvolti…siamo costretti a tutelare le nostre prerogative dopo le stringenti prescrizioni che, in sede di procedure VIA e VAS, il Ministero dell’Ambiente ha restituito al progetto. Per non parlare della spoliazione di risorse nazionali indispensabili per la sopravvivenza dei nostri Comuni, che prima erano aggiuntive e adesso sono diventate sostitutive, o peggio, rischiano di essere prosciugate da un’opera che manca il suo appuntamento con la storia. Infatti, con cadenza quasi decennale, si torna alla carica con la grande e farraginosa macchina organizzativa del Ponte, gli annunci si sprecano per farci credere che con la sua realizzazione, la questione dei trasporti al Sud è risolta. Niente di più falso! Mentre non si hanno notizie dell’Alta Velocità, dell’Alta Capacità, e dei lavori della Statale 106 per la provincia di Reggio Calabria, queste si, infrastrutture irrinunciabili per rendere competitivi e connessi i nostri territori, il progetto del Ponte si scontra con limiti ambientali, tecnici, logistici e strategici per l’economia del trasporto marittimo dell’intera area dello Stretto. Per questo, in tutte le sedi e con tutti gli strumenti giuridici a nostra disposizione, legittimamente, saremo insieme alla rete delle associazioni, dei movimenti civici e di quei partiti che pensano che a questa deriva si deve rispondere con coraggio e resistenza”.
Il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà
Oggi, con la bollinatura del Mit, il Ponte entra nell’ennesima “fase attuativa” a campata unica, con lunghezza della campata centrale tra i 3.200 e i 3.300 metri, l’impalcato largo 60,4 metri, l’altezza delle torri a 399 metri con 2 coppie di cavi per il sistema di sospensione, la lunghezza complessiva dei cavi a 5.320 metri con 1,26 metri di diametro per i cavi di sospensione e 44.323 fili d’acciaio per ogni cavo, con l’altezza del canale navigabile centrale per il transito di grandi navi a 65 metri, il volume dei blocchi d’ancoraggio a 533.000 metri-cubi. Avrà 6 corsie stradali, 3 per ciascun senso di marcia (2 + 1 emergenza) e 2 binari ferroviari, per una capacità da 6.000 veicoli/ora e 200 treni/giorno. La progettazione deve prevedere una resistenza al sisma fino a 7,1 magnitudo della scala Richter, e un impalcato aerodinamico di “terza generazione” stabile fino ad una velocità del vento di 270 km/h.
CARATTERISTICHE TECNICHE
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Lunghezza totale
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3.666 metri
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Campata centrale
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3.300 metri record mondiale
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Larghezza carreggiata
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60 metri
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Corsie
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3 per senso di marcia (auto) e
2 binari ferroviari centrali
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Altezza piloni
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Circa 380 metri
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Altezza ponte sul mare
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Circa 65 metri
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Resistenza sismica
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Progettato per area
ad alto rischio
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Velocità vento
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Progettato per resistere
a raffiche oltre 270 km/
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COSTO COMPLESSIVO STIMATO
13,5 MILIARDI DI EURO
di cui circa 1,3 miliardi già stanziati nei bilanci pluriennali MIT 2024–2026
Fase
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Periodo previsto
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Progettazione definitiva
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2023–2024
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Valutazione impatto ambientale
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2024
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Inizio lavori preliminari
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Estate/autunno 2024
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2025
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Conclusione e collaudo
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2032
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TUTTO IN REGOLA? PER NIENTE. BUSÌA, PRESIDENTE AUTORITÀ NAZIONALE ANTICORRUZIONE SMONTA IL PONTE. “13,5 MLD NON È IL TETTO MASSIMO DI COSTI E MANCA IL PROGETTO ESECUTIVO. RISCHIO NUOVA GARA
Il Presidente dell’Autorità Anticorruzione, Giuseppe Busìa, parte dall’articolo 1 del Decreto legge Infrastrutture che fissa il costo del Ponte a 13,5 miliardi. A differenza dell’interpretazione che ne dà il governo, a partire dal ministro Salvini, per ANAC non sarebbe lo sbalorditivo tetto massimo fissato e insuperabile pena la ripetizione della gara, ma solo la base del calcolo del 50% aggiuntivo per far scattare la nuova gara. Il Presidente dell’Anac, anche nell’audizione alle commissioni Ambiente e Trasporti della Camera il 9 giugno 2025 ha chiarito che: “L’aver deciso di non svolgere una nuova gara in coincidenza della riattivazione del percorso per la costruzione del Ponte sullo Stretto pone dei vincoli sui costi dell’opera: questi infatti non possono crescere oltre il 50% del valore originariamente messo a gara. Ciò in base alle direttiva europea, che in certi casi consente di non attivare una nuova procedura concorrenziale, ma entro tali limiti. Ora, l’articolo 1 del decreto legge Infrastrutture stabilisce che il valore a cui fare riferimento sul quale calcolare il 50% aggiuntivo non è quello originario della gara, ma quello successivo e molto più alto, indicato nel Documento di economia e finanza 2012″.
Per Busìa vanno chiariti molti aspetti oscurati. Rileva che le stime di costi non possono essere “stabili”, in assenza di un Progetto Esecutivo: “L’esigenza di non superare il limite di costi si lega all’ulteriore problema che ad oggi non esiste un Progetto Esecutivo che aiuti ad individuare puntualmente gli oneri economici. Inoltre, si è previsto che il Progetto Esecutivo sarà approvato non unitariamente, ma per fasi, con riferimento a diverse componenti dell’opera. Questo rende ancora meno facile prevedere quali siano i costi e, se anche venisse accolta l’interpretazione della direttiva più favorevole, non avremmo oggi sufficienti elementi per rassicurare sul mancato superamento della soglia di costo calcolata sulla base del 2012. Per tale ragione sarebbe fondamentale predisporre il Progetto Esecutivo in modo unitario. Sappiamo che spesso i costi crescono anche dopo l’approvazione del Progetto Esecutivo, ma evidentemente, se non si ha neanche questo, l’incertezza sul quadro finanziario è molto superiore”.
Il Presidente di Anac ripropone il problema delle verifiche antimafia, proponendo una norma diversa da quella che il ministro Salvini aveva provato a inserire nel Decreto, ma il Quirinale aveva fermato lo spostamento dei controlli dalle Prefetture sul territorio al Viminale. Per Busìa le verifiche antimafia devono essere rese obbligatorie anche per gli affidamenti inferiori ai 150.000 euro e per tutti i subappalti. “Occorre rafforzare le verifiche antimafia, come anche il Governo si è impegnato a fare, prevedendo pure l’indicazione della digitalizzazione dei cantieri, utile non solo ad evitare che vi si introducano soggetti legati alla criminalità organizzata, ma anche ad accrescere lee garanzie per la salute e sicurezza dei lavoratori”.
Busìa non è la prima volta che interviene sul Ponte. Il 3 settembre del 2023, intervenendo al Festival organizzato a Roma dall’Associazione Antimafie da Sud, aveva già espresso perplessità e il “rischio di un regalo a un’impresa privata“, spiegando: “Noi avevamo chiesto di fare una gara, il governo ha deciso di fare un decreto. Una legge che ha fatto un gran regalo a un’impresa privata”. Elencando le criticità dell’opera rimessa in pista dal governo, ha ricordato che: “esisteva un progetto vecchio realizzato sulla base di una gara del 2004 che è partito da un costo di oltre 4 miliardi di euro, che poi è raddoppiato a 8 miliardi nel 2011. Su quel progetto c’è un contenzioso. Conveniva andare dall’impresa e dire chiaramente: è un progetto senza speranza, chiudiamo questo contenzioso, compro il progetto e poi lo metto a gara. Il fatto di non aver fatto questo, e di aver detto voglio fare il Ponte, non importa che il progetto sia vecchio, e quindi valutarlo e dando un regalo all’impresa, è qualcosa di estremamente rischioso”.
Per l’ANAC, quindi, sarebbe stata indispensabile procedere con nuova gara. E “un progetto esecutivo unitariamente considerato, altrimenti si rischierebbe di approvare singole fasi del progetto senza essere certi che queste fasi vadano a collegarsi l’una con l’altra”. In quel caso, “la parte pubblica finirebbe per prendere su di sé rischi che non le competono ed i costi potrebbero aumentare oltre il limite fissato dalla normativa europea”, pari al 50% della spesa iniziale, cosa che obbligherebbe a fare la gara.
IL PONTE SULLO STRETTO “PROPEDEUTICO ALLA MOBILITÀ MILITARE”. IL GOVERNO CHIEDE ALLA NATO DI CLASSIFICARE I 14,7 MILIARDI DI SPESA “OPERA STRATEGICA NELL’OTTICA DELLA DIFESA EUROPEA E DELLA NATO”
Ci mancava anche questa. Il dossier Ponte sullo Stretto finito il 13 giugno sul tavolo della Presidenza del Consiglio a Palazzo Chigi dove di fronte alla premier Giorgia Meloni e ai suoi vice c’è un’ospite di riguardo come il Segretario Generale della Nato, Mark Rutte. Sono le 11 e il colloquio inizia in vista del vertice a l’Aja dal 24 al 26 giugno. Gli Usa chiedono ai partner dell’alleanza nuovi target di spesa per la difesa e il riarmo fissati da Donald Trump con un aumento al 3,5% del Pil delle spese militari più un 1,5% di investimenti per Defence and security-related expenditures.
La questione riarmo prende però anche una piega inattesa. Visto il peso sulle finanze italiane per i nuovi obiettivi di “una crescita della spesa per la difesa a 79 miliardi di euro (più 34 miliardi di euro per raggiungere la soglia del 3,5%)”, con aumenti probabili “fino a 113 miliardi”, per agganciare il target del 5% del Pil -, questo conto salatissimo il governo pensa di alleggerirlo allargando il perimetro delle voci da computare come investimenti per la difesa.
E così, oltre l’ingresso in tabella delle risorse per carabinieri, Fiamme Gialle, Aeronautica, servizi meteo e nella flessibilità entrano “il contrasto alle minacce ibride”, “la sicurezza dei confini”, la “protezione delle infrastrutture critiche sottomarine e nello spazio”, la “preparazione civile”, i contributi versati all’Ue, gli aiuti all’Ucraina, chiedono di conteggiare come spese per la sicurezza militare anche “le infrastrutture civili propedeutiche alla mobilità militare”. E qual è la più importante opera “propedeutica alla mobilità militare”? Il Ponte sullo Stretto, che il governo ha già chiesto all’Ue di classificare come “opera strategica nell’ottica della difesa europea e della Nato”.
Lo stanziamento complessivo del Ponte di 14,7 miliardi di euro va nella “manovra per la difesa”?
Nel suo tour nel mondo, Rutte prende nota dell’opera strategica da includere “perché la Sicilia è in mezzo al Mediterraneo e ospita importanti basi della Nato”.
Si deciderà con l’Alleanza all’Aia il 24-25 giugno
IN CONCLUSIONE
Sappiamo che la Sicilia nord-orientale e la Calabria meridionale sono tra le aree a più alto rischio sismico del Pianeta. Conosciamo in dettaglio l’angosciante storia sismica nazionale e nell’area dello Stretto sono stati analizzate cause ed effetti dei 13 terremoti di intensità superiore al VII grado della scala Mercalli che dal IX secolo hanno devastato tutto il costruito. Conosciamo il quadro geologico dello Stretto sul quale il dibattito scientifico ha acceso più di una spia, valutando depressioni tettoniche con sviluppo di faglie principali. La scienza, con studi approfonditi e monitoraggi costanti dell’INGV, dell’ENEA, dell’ISPRA e delle università stima la pericolosità sismica e geologica dei fondali, i “movimenti verticali” con possibili sollevamenti nel settore calabrese per circa 1,5 mm/anno e di quello siciliano di 0,6 mm/anno, e i “movimenti orizzontali” al ritmo di 1 cm/anno per la tettonica delle placche. Così come frane e scivolamenti gravitativi profondi e dissesti sul versante calabrese che potrebbero interessare le strutture di sostegno a decine di metri di profondità. Le stesse cartografie e la mole di documentazione prodotta dalla stessa Stretto di Messina Spa rilevano rischiosissime faglie attive sottomarine, presenza di “piani di scorrimento sottomarini” preoccupanti che in caso di riattivazione delle faglie per sismi potrebbero determinare scivolamenti di blocchi mettendo a rischio la tenuta non tanto e non solo dei piloni del ponte, ma di ogni struttura costruita.
Ma, oltre la discussione sul piano politico, sociale, trasportistico, finanziario e infrastrutturale. Oltre il confronto Ponte sì-Ponte no, Ponte forse. Oltre l’inevitabile domanda sulla struttura se possa reggere o meno a una botta da magnitudo intorno a 7,1 Richter, andrebbe ragionevolmente posta a tutti gli attori politici e ai titolari della vicenda del Ponte, una domandina elementare: qual è oggi secondo voi l’investimento migliore, il più produttivo, il più economicamente remunerativo, il più urgente da realizzare nell’area dello Stretto? È costruire un ponte, con tutta l’ambizione di poter ammirare un giorno un’opera che ricorda il fascino e l’orgoglio della realizzazione del primo manufatto della storia umana per attraversare le acque, che oggi probabilmente potrebbe persino rimanere dritto in piedi sotto i colpi di un forte terremoto a dimostrazione di capacità progettuali e realizzative eccellenti e di materiali innovativi in grado di reggere il massimo stress? O non è quelli di evitare che sull’orizzonte unico dello Stretto crolli tutto il resto, la gran parte del mondo costruito intorno alle due sponde di Reggio Calabria e di Messina con un carico di morte e disperazione raccontato nei libri di storia e che oggi potrebbe raggiungere livelli mai visti?
Qual è, insomma, l’investimento migliore, la spesa buona, la priorità dello Stretto che è priorità dell’Italia e anche dell’Europa, per intenderci? Quei 14,7 miliardi di denari pubblici non è meglio investirli nella massima sicurezza possibile dell’edilizia in aree urbane straordinarie per storia e bellezza ma oggi in grandissima parte insicure e fragili con neanche il 25% del costruito con tecniche e misure antisismiche? Il buonsenso e la necessità della protezione di vite umane e anche di un pezzo di economia e dell’immagine del nostro Paese non punterebbe tutte le fiches e tutta l’intelligenza realizzativa e le capacità tecniche favolose dell’Italia, dimostrate peraltro anche dal lavoro eccellente delle aziende della Stretto di Messina Spa, gruppi italiani leader nel settore delle costruzioni e dell’ingegneria civile che potrebbero convergere utilmente su questo obiettivo?
Non servirebbero oggi quei miliardi di euro per completare o realizzare infrastrutture urgenti in Calabria e in Sicilia per ferrovie, strade e autostrade, per contrastare il dissesto idrogeologico, per interventi infrastrutturali fondamentali per gestire l’acqua in tempi di siccità prolungate e di alluvioni terrificanti. Vale pena porsi questa domanda: avendo 14,7 miliardi da investire subito, cosa conviene, dove è meglio investirli?
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