Agenda industriale, decontribuzione, credito d’imposta, transizione, occasione di sviluppo, retrocessione, stato di crisi, spot elettorale e via così. Sono solo alcune delle espressioni più ricorrenti nell’accesissimo dibattito scaturito dalle parole della premier Giorgia Meloni, che lunedì ad Ancona ha annunciato l’ingresso delle Marche nella Zona economica speciale (Zes) unica del Mezzogiorno, anticipando l’approvazione di un Disegno di legge da parte del Cdm, avvenuta poi nel pomeriggio. Al netto dello scontro politico in vista delle elezioni regionali – e dei tempi dell’iter parlamentare che il Ddl dovrà affrontare –, associazioni di categoria, datoriali e sindacati sembrano convergere su un minimo comune denominatore: la necessità di costruire una piattaforma di dialogo, sulla cui base sia possibile elaborare la strategia di sviluppo per i prossimi decenni.
La pensa così Roberto Cardinali. Per il presidente di Confindustria Marche, “la misura è capitata in un momento ideale: basti pensare all’approvazione del Testo unico dell’industria, che istituisce un organismo specifico di confronto. Stiamo lavorando a un documento sulle priorità industriali del domani e abbiamo intenzione di sottoporlo ai candidati per la presidenza delle Marche”. Plauso anche da parte di Gino Sabatini, il presidente di Camera Marche, che vede nella Zes una “leva per il recupero delle principali filiere produttive marchigiane, puntando soprattutto sulla decontribuzione del lavoro, un vantaggio per gli imprenditori che dovrà essere tradotto in iniziative di reinvestimento nell’impresa”. C’è chi, come Massimiliano Polacco, scommette già su ambiti specifici.
“Il potenziamento delle infrastrutture – spiega il direttore regionale di Confcommercio – sarà fondamentale per cogliere davvero le potenzialità della Zes”. Il focus, va da sé, è sulle “aree interne più esposte al rischio di desertificazione economica e spopolamento”. Il disegno di legge, però, deve seguire determinati passaggi parlamentari, rammentati dal segretario di Confartigianato Macerata-Ascoli-Fermo, Giorgio Menichelli. “Siamo consapevoli che i tempi non saranno immediati – dice –, perché con l’approvazione parlamentare del ddl sarà poi necessaria l’adozione di un dpcm attuativo, che definirà nel dettaglio modalità operative e criteri di accesso agli strumenti previsti. Ma il segnale è chiaro: finalmente si agisce per colmare un vuoto normativo, che penalizzava le imprese capaci”.
Cna, invece, punta la lente sulle piccole e micro imprese. “Il 95% delle nostre imprese non arriva a dieci dipendenti – sottolinea il presidente regionale Paolo Silenzi –, quindi auspichiamo che le linee dettate dai prossimi decreti attuativi siano chiare e cucite addosso a queste realtà, soprattutto per le soglie del credito d’imposta”. La dimensione del sindacato parte da tutt’altro presupposto: quello per cui la Zes è in fondo l’ammissione di un declino cui porre rimedio. “Per ora – dice Claudia Mazzucchelli (Uil) – non rappresenta un segnale di sviluppo, bensì di retrocessione sul piano economico”. “È chiaro che va bene, ne parliamo da almeno cinque anni – aggiunge –, ma non deve essere un intervento cerotto: va inserito in un progetto di sviluppo al quale pervenire attraverso un percorso condiviso”.
Insomma, una fase di concertazione sarà ineludibile “per definire l’area della zona speciale – puntualizza Marco Ferracuti (Cisl) –, perché questa sicuramente non coinciderà con l’intera regione. Esortiamo il governo delle Marche a definirne gli equilibri a valle di un confronto con le parti sociali”. Confronto dal quale la Cgil non si tira indietro. “Bene. Anzi, era ora – dice il segretario Giuseppe Santarelli –. Da anni denunciamo le difficoltà economiche della regione, sempre negate da governo e giunta regionale. Oggi, finalmente, ne prendono atto. Ma attenzione: le Zes sono una cosa seria. Senza risorse, rischiano di essere soltanto propaganda elettorale. Senza confronto con i sindacati e imprese, sono scelte calate dall’alto”.
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