(Articolo pubblicato su L’Economista, inserto de Il Riformista)
La benedizione economica della riforma della giustizia è nei fatti. Facile immaginare che con la giustizia civile e penale più rapida, snella ed efficace, la competitività internazionale dell’Italia farebbe un balzo in avanti da capogiro. Così come gli investimenti esteri sul nostro Paese, insieme alla contestuale crescita del Pil. Più difficile quantificare il valore aggiunto economico che sarebbe generato da un migliorato sistema giudiziario a 360°. Qui di seguito un tentativo ragionato. Uno studio OCSE del 2024 rivela che «la debole efficienza giudiziaria italiana contribuisce a bassa produttività delle imprese, scoraggia investimenti privati esteri e rallenta la crescita».
La stessa palla era stata già alzata nel lontano 2014, quando il Fondo Monetario Internazionale aveva titolato uno studio «Judicial System Reform in Italy – A Key to Growth», sottolineando come una riduzione dei tempi di giudizio nella proporzione dimezzata potrebbe incrementare in Italia la dimensione media delle imprese del 8-12%. A giocare solamente con questo numero si creerebbe un aumento del Pil inimmaginabile. Viene in soccorso sempre l’OCSE nel 2023 aveva denunciato come «l’inefficienza dei tribunali civili ritarda l’esecuzione di appalti pubblici, penalizzando investimenti privati e progetti strategici».
D’altronde oltre il 75% degli appalti pubblici in Italia subisce ritardi o contenziosi dovuti alla percezione di inefficacia della giustizia locale. Un altro studio OCSE del 2023 sui Paesi UE ha precisato come «inefficienze operative nei tribunali quali tempi decisionali lunghi e procedure complesse legano negativamente la crescita economica e riducono la capacità di far rispettare contratti e diritti di proprietà». Dalla stessa fonte un’altra analisi mostra che l’efficienza giudiziaria supporta lo sviluppo dei sistemi finanziari e l’imprenditorialità, in quanto le imprese trovano più sicuro investire sapendo che le dispute possono essere risolte rapidamente e equamente. In concreto, dunque, riforme giudiziarie ben progettate apportano benefici percepiti e reali: migliorano la produttività pubblica e privata.
Secondo il Fondo Monetario Internazionale, il sistema giudiziario della Grecia – tra i più lenti d’Europa e monitorato dalla UE negli anni della grave crisi economica – «ha ostacolato l’ingresso di nuovi imprenditori e investimenti». Diverse simulazioni internazionali certificano notevoli guadagni economici da riforme che riducano i tempi e digitalizzino i tribunali, migliorando oltre alla produttività anche l’accesso al credito e il dinamismo delle imprese locali. La digitalizzazione resta fondamentale. Il Processo Civile Telematico ha compiuto 10 anni in Italia, generando risparmi complessivi per circa 600 milioni di euro, considerando costi di cancelleria, notifiche e depositi fisici. Resta da completare quella del processo penale, ancora in corso. Il D.M. 217 del 2023 ha tentato di colmare il gap, ma restano criticità applicative e culturali.
Da segnalare scatti in avanti regionali, come il progetto Justice-ER in Emilia-Romagna che punta ad un approccio integrato tra magistrati, università e istituzioni per migliorare e innovare il funzionamento dei tribunali locali. Dal punto di vista tecnico, però, l’Italia è indietro rispetto ad altre realtà anche europee, perché è rimasta al livello di semplice file system elettronico e non ha ancora implementato l’adozione delle udienze digitali. Sia il Regno Unito che la maggior parte dei Paesi UE avanzati, infatti, già presentano sistemi di case management più maturi, con un’integrazione digitale più capillare e udienze digitali. Resta il fatto che riformare la giustizia e renderla più rapida, snella ed efficace conviene a tutti. Al sistema giudiziario in primis che assolverebbe meglio alla sua funzione di garantire l’ordine e la giustizia nella società. Ai cittadini meritevoli di una giustizia giusta e alla crescita economica e sociale del Paese.
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