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L’Europa nuda davanti ai dazi di Trump: e il Campo largo non esiste






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L’accordo raggiunto dall’Unione europea – per il tramite della negoziazione gestita da Ursula von der Leyen – con gli Usa di Donald Trump sui dazi al 15% mostra il re nudo: l’Europa non ha potere di negoziazione, specie quando deve porsi come attore unico sulla scena internazionale. I veti incrociati dei 27 paesi che la compongono, gli interessi contrapposti di ciascuno di questi, la necessità dei leader nazionali di guadagnare consenso elettorale – sondaggio dopo sondaggio – attraverso affermazioni e decisioni politiche populiste, rende impossibile per l’Ue portare avanti trattative coerenti nei confronti di paesi terzi. Se, all’indomani della minaccia di Trump di portare i dazi al 30%, tutti i capi di stato europei si appellavano a von der Leyen affinché intercedesse presso il Tycoon di Mar-a-lago per scongiurare la catastrofe economico-finanziaria, nel day-after con l’accordo del 15%, i medesimi leader – ad eccezione del nostro Primo ministro Giorgia Meloni – si dichiarazione insoddisfatti del risultato e mettono sulla graticola la Presidente della Commissione europea. L’alternativa sarebbe stata fare muro contro muro, non avendo però l’unità di intenti, la forza economica e finanziaria e gli argomenti altamente efficaci di un paese, ad esempio, come la Cina.

Giorgia Meloni, un ponte tibetano verso gli Usa

Fatto sta che oggi gli unici a dirsi soddisfatti dell’accordo, a livello europeo, sono la stessa Ursula von der Leyen, il primo ministro ungherese Viktor Orbán, con manifesta dichiarazione di scherno, e il nostro (al maschile, sia chiaro) Primo ministro Giorgia Meloni. La prima perché ha fatto tutto quello che poteva; il secondo perché è dichiaratamente sovranista e da sempre allineato alla destra Maga statunitense e, quindi, allo stile di governo di Trump; la terza perché, sin dal giorno dell’insediamento del suo governo, ha vantato un rapporto preferenziale con Trump e il suo inner circle – compreso Elon Musk, che poi però ha avuto uno strappo con il Presidente Usa e quasi tutto il suo staff di governo – paventando la pretesa di rappresentare un ponte tra l’Europa e gli Usa. Ma l’epilogo della negoziazione Usa-Ue ha rimarcato come i supposti buoni uffici di Giorgia Meloni con Donald Trump non si sono rivelati poi così solidi. Il famoso ponte meloniano si è rivelato essere più che altro un ponte tibetano, oscillante e, in fin dei conti, inservibile. Il Primo ministro Meloni è rimasta l’unica leader in Europa a parlare di un successo, abbandonata pure dal cancelliere tedesco Joachim-Friedrich Merz che, dopo un’immediata esultante dichiarazione di facciata, ha poi ammesso che l’accordo raggiunto dall’Ue causerà danni ingenti all’economia tedesca. Figurarsi a quella italiana.

Se gli Usa sono isolazionisti, l’Europa perde

In fin dei conti, non c’era molto che si potesse fare nel momento in cui l’Europa – almeno a livello di politica estera e commerciale – non riesce ad essere davvero “unita” nei confronti delle controparti extra-europee, come si vorrebbe e come viene predicato. L’Europa non è la Cina che, rispondendo per le rime al Presidente Usa Donald Trump, ha chiuso pari e patta la guerra dei dazi (dopo aver minacciato di porre gli stessi dazi annunciati da Trump). La politica dei dazi di Donald Trump, così come il progressivo disimpegno americano dai conflitti mondiali, è una diretta conseguenza dell’impostazione sovranista dell’amministrazione Trump. Gli Usa si stanno chiudendo in loro stessi, abbandonando grandi porzioni di sfere di influenza nei vari quadranti del mondo, lasciando a loro stessi i propri alleati e partner storici. A partire dalla pandemia, ci troviamo di fronte a un vero e proprio cambio di paradigma delle forze e degli equilibri internazionali. Il tanto vituperato complotto fondato sul supposto “Ordine mondiale” che sarebbe stato realizzato e difeso dai famigerati “Illuminati”, “Rettiliani” o “Democratici pedofili e bevitori di sangue di bambini schiavizzati e abusati” (tutte teorie propagate dal movimento QAnon, costola estremista, iper-complottista dell’elettorato trumpiano e sottogruppo svalvolato del movimento Maga – Make America great again) è certo realtà, ma all’incontrario rispetto a quanto propagano gli stessi complottisti trumpiani. 

L’ordine mondiale sta sicuramente cambiando, ma a detrimento delle democrazie liberali e occidentali e a favore di quelle potenze che sono “repubbliche” solo a parole, ma che in realtà corrispondono a veri e propri regimi monopartitici. Infatti, la Russia tecnicamente è una “Repubblica semipresidenziale federale”, ma di fatto il potere è detenuto da un regime a capo del quale c’è il Presidente Vladimir Putin e il partito Russia Unita, così come la Cina, che è una “Repubblica socialista parlamentare monopartitica”, ma di fatto è anch’essa un regime con a capo il segretario generale del Partito Comunista Cinese Xi Jinping (quello che l’allora ministro degli esteri Di Maio chiamava “Mr. Ping”). La politica dei dazi è la più lampante rappresentazione dell’isolazionismo del sovranismo trumpiano, con gli Usa che si stanno sempre di più disinteressando della politica estera, per ripiegarsi entro i propri confini. Una politica consona agli interessi della Cina che, al contrario, sta propagando la sua influenza in sempre più crescenti aree del mondo. L’Europa in questo cambio di paradigma, non avendo una vera e propria agibilità politica unitaria – perché rimane comunque un conglomerato di interessi nazionali – in assenza dell’ombrello del tradizionale alleato americano, soffre e cede il passo. Chiaro è che, per quanto impegno ci possa mettere una volenterosa Ursula von der Leyen, i risultati del negoziato con una superpotenza come gli Usa non possono che essere negativi. Ecco perché, date queste condizioni e gli ultimi sviluppi della situazione internazionale, l’Europa politicamente non esiste. O quantomeno, non può incidere ed essere padrona del proprio destino.

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I dazi e la coperta sempre troppo corta dei conti pubblici

Se l’Europa non gode di buona salute, l’Italia non sta meglio. Non c’è dubbio che l’accordo sul 15% di dazi è un danno per l’intera Europa ma, ancor di più, per un Paese come il nostro che vive di esportazioni. Siamo il terzo paese esportatore europeo verso paesi terzi dopo Germania e Francia – specie verso gli Usa, che rappresentano il nostro terzo paese verso cui esportiamo. Ecco spiegato perché quel 15% di dazi vuol dire circa 23 miliardi di perdite per il nostro export, pari a una contrazione del Pil dello 0,5% su base annua – basti pensare che, secondo l’Istat, la stima della crescita acquisita per il 2025 è pari allo 0,5%. Stiamo parlando di mancati guadagni che graveranno soprattutto sulle casse delle imprese dell’agroalimentare – chissà il Ministro Lollobrigida cosa potrà mai dire a difesa del “Made in Italy” – della moda e del settore automobilistico e meccanico. Una catastrofe che potrà trovare un minimo argine solo in virtù di una politica di bonus e fondi pubblici a beneficio delle imprese danneggiate dai dazi. E, infatti, Giorgia Meloni ha già preconizzato un Piano speciale a livello europeo per destinare fondi alle imprese colpite dalla guerra commerciale (guerra che non è vero che è stata sventata, semmai è stata ridimensionata, visto che la prima minaccia Usa si attestava al 30%). 

Ecco, quindi, che la politica della spesa pubblica si riaffaccia dopo la fase pandemica del governo Conte I e II. Solo che questa volta non saranno, verosimilmente, fondi diretti ai cittadini (dal reddito di cittadinanza, ai bonus 110% ed ecobonus), ma alle imprese. E non è escluso che, oltre ai fondi europei – che comunque provengono pur sempre dagli stati membri e quindi anche dalle tasche degli italiani – non vengano poi decretati interventi finanziati con fondi nazionali. Il che vorrà dire o un innalzamento della pressione fiscale sui soliti noti (i dipendenti pubblici e privati e, quindi, sulla piccola e media borghesia), oppure uno spostamento, ad esempio, dei fondi dalla sanità e dall’istruzione, ad esempio, al sostegno alle imprese, o ancora nuove misure di tassazione indiretta (come l’imposta sul valore aggiunto e le accise su alcolici, tabacco e prodotti energetici). Oppure, tutte e tre le misure. Sicché, l’autunno si farà ancora più caldo per il governo Meloni.

Il Campo largo non esiste. L’asse Conte-Salvini, invece, sì

In ultimo, le reazioni in casa nostra all’accordo Usa-Ue sui dazi dimostrano come, oltre all’Europa, anche il “Campo largo” del centrosinistra italiano non esiste. Ad esempio, il duo Giuseppe Conte-Matteo Salvini – Movimento 5 Stelle e Lega, che hanno governato assieme durante il Conte I in piena pandemia – si ritrovano in perfetto accordo nel chiedere le dimissioni di Ursula von der Leyen – rea di aver concluso un accordo scellerato – e giustificano a loro modo Donald Trump. Per Conte, Trump non è certo il carnefice dell’Europa (e indirettamente dell’Italia), ma un vero patriota che cura mirabilmente gli interessi del proprio paese a suon di dazi. E quindi, il leader del M5S – almeno moralmente – appoggia senza alcuna riserva l‘impostazione sovranista dell’amministrazione trumpiana. Mentre per Salvini, la politica dei dazi può essere un’opportunità per l’Italia, preconizzando – si suppone – quasi un ritorno a un’economia autarchica. Due ragionamenti che mostrano, una volta di più, l’amore viscerale che i due leader nutrono per il Presidente Usa. 

Il problema è che la posizione di Conte sui dazi stride con il pensiero del Partito democratico che si è detto certamente contrariato dall’accordo raggiunto, ma non ha certo chiesto le dimissioni di von der Leyen, né giustifica la politica economica di Donald Trump. E, quindi, in politica estera si è costretti a registrare che sopravvive ed è in ottima salute l’asse Conte-Salvini. Forse ancora memori, i due, di quando l’uno teneva in ostaggio 117 poveri migranti più l’equipaggio su una nave al largo delle acque di Lampedusa e l’altro avallava i decreti sicurezza del primo, con tanto di foto opportunity a favore di camera. D’altronde, come cantava il poeta, “Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”.






















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