Il Consiglio dei Ministri ha approvato, nella seduta del 4 agosto 2025, un disegno di legge che introduce importanti novità in materia di semplificazione per le imprese, con particolare attenzione al credito d’imposta per investimenti legati ai programmi Industria 4.0 e Transizione 5.0.
Queste nuove regole mirano a ridurre gli oneri burocratici e a rendere più immediata la fruizione degli incentivi, con l’obiettivo di stimolare ulteriormente gli investimenti in innovazione e digitalizzazione del tessuto produttivo italiano. Scopriamo tutto quello che serve sapere.
Credito d’imposta e Industria 4.0: codici unici e regole di accesso
La novità più rilevante del disegno di legge di cui al 4 agosto 2025 è la sostituzione dell’attuale obbligo di riportare in fattura il richiamo alla norma agevolativa con un identificativo univoco dell’investimento. In pratica, invece della dicitura che rimanda al comma di legge, sulle note fiscali dovrà comparire un codice specifico che identifichi quell’operazione; il meccanismo sarà disciplinato da un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.
Chi emetterà e pubblicherà i codici
I codici identificativi saranno resi noti e aggiornati dall’Agenzia delle Entrate tramite atti amministrativi: si tratta di una delega pratica all’Amministrazione fiscale per centralizzare la classificazione degli investimenti agevolati e rendere uniforme la rilevazione in fattura e nei registri. A conferma del fatto che l’Amministrazione sta già predisponendo strumenti connessi all’utilizzo dei crediti (ad esempio i codici tributo per l’F24), esistono provvedimenti e risoluzioni recenti che mostrano come il canale operativo per la gestione dei crediti sia in fase di integrazione fra Agenzia e operatori.
Perché la modifica è significativa per le imprese
Finora l’assenza del richiamo normativo su una fattura poteva diventare motivo di perdita dell’agevolazione in caso di accertamento — salvo la possibilità di sanare il documento in tempi brevi. Con il nuovo sistema, lo scopo è limitare errori formali legati alla redazione della fattura: l’identificativo unico rende più semplice riconoscere subito l’investimento e riduce il rischio che omissioni testuali (ad es. parole o riferimenti mancanti) determinino la revoca del beneficio. Questa trasformazione trasferisce però parte della complessità dall’operatore (che prima doveva citare la legge) all’Amministrazione (che dovrà gestire, aggiornare e rendere accessibili i codici).
Sanzioni, dichiarazioni scartate e adempimenti collegati
Il testo normativo, oltre alla modifica delle fatture, interviene anche su altri profili procedurali: ad esempio prevede che non siano applicate sanzioni quando una dichiarazione telematica scartata viene tempestivamente ritrasmessa; e introduce chiarimenti sul timing del versamento dell’imposta sostitutiva relativa ai premi aziendali. Sul fronte del contenzioso, viene rivista la disciplina che regola l’acquiescenza agli avvisi e la possibilità di esperire un’istanza di accertamento con adesione, strumenti che incidono direttamente sui tempi e sulle condizioni per definire i rapporti con l’Amministrazione.
Cosa cambia nelle verifiche fiscali e nei contenziosi
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Identificativo in fattura = chiave di lettura: durante un controllo la presenza del codice faciliterà il riconoscimento immediato del diritto al credito, ma non elimina l’obbligo di esibire la documentazione tecnica e amministrativa a supporto (perizia, attestati, ordini, prove di interconnessione, ecc.).
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Strumenti deflativi: l’istanza di accertamento con adesione (strumento che sospende i termini e permette la definizione concordata dell’importo) rimane un’opzione utile per chi vuole evitare contenziosi lunghi; le regole su tempi e perfezionamento della definizione (e i riflessi sui pagamenti e sulle sanzioni ridotte) sono ancora quelle dettate dalla prassi e dalla normativa sugli strumenti deflattivi.
Implicazioni pratiche — cosa fare subito (checklist operativa)
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Aggiornare i template di fattura e i sistemi contabili (ERP): prevedere il campo per il “codice investimento” e testare l’esportazione/importazione dei documenti.
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Allinearsi con i fornitori: informare i venditori sulla nuova modalità di annotazione e chiedere che, fino alla pubblicazione ufficiale dei codici, continuino a rispettare le modalità oggi richieste.
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Conservare la documentazione tecnica e amministrativa: perizia asseverata, attestati di conformità, ordini accettati e ricevute di acconto devono essere tenuti in archivio e pronti all’esibizione.
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Monitorare gli atti dell’Agenzia delle Entrate: sottoscrivere alert sulle pagine istituzionali per scaricare non appena pubblicati il provvedimento che istituisce i codici e ogni “codice tributo” collegato all’uso dei crediti.
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Rivedere la policy interna per i controlli: stabilire un processo interno per rispondere tempestivamente a richieste di integrazione documentale o a scarti telematici (così da sfruttare l’eventuale regime di non punibilità per ritrasmissione tempestiva).
Rischi residui e consigli difensivi
La semplificazione riduce gli errori formali ma non toglie valore probatorio alla documentazione tecnica: in caso di ispezione resta essenziale dimostrare caratteristiche tecniche e interconnessione dei beni, cronologia degli ordini e dei pagamenti. In chiave cautelativa, conviene predisporre una “cartella 4.0/5.0” per ogni investimento contenente tutte le prove (ordine, accettazione, acconti, perizia o dichiarazione, collaudo/interconnessione) e registrare le comunicazioni inviate alla Piattaforma (GSE o altri sistemi) per la prenotazione dei crediti.
Fondi disponibili e tempistiche
Per il 2025, restano ancora a disposizione oltre 686 milioni di euro destinati al credito d’imposta per investimenti in beni materiali 4.0 effettuati entro il 31 dicembre. Le domande vanno presentate esclusivamente tramite la piattaforma telematica del Gestore dei Servizi Energetici (GSE), accessibile con SPID, utilizzando il modello digitale predisposto.
Il sistema di prenotazione si articola in tre fasi:
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Comunicazione preventiva entro il 31 gennaio 2026, con indicazione dell’investimento e del credito richiesto;
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Conferma dell’acconto entro 30 giorni, attestando il versamento di almeno il 20% del costo;
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Comunicazione di completamento entro il 31 gennaio 2026 per lavori chiusi entro il 2025 o entro il 31 luglio 2026 per investimenti conclusi entro il 30 giugno 2026.
In caso di esaurimento delle risorse, le richieste saranno comunque registrate e potranno essere accolte se si renderanno disponibili nuovi fondi, seguendo l’ordine cronologico di invio.
Regole transitorie per le imprese già in graduatoria
Le aziende che hanno già presentato comunicazioni con il vecchio modello – e che completano gli investimenti dopo il 31 dicembre 2024 – manterranno la priorità acquisita solo se, entro 30 giorni dal 17 giugno 2025, trasmetteranno il nuovo modello aggiornato. In mancanza, sarà necessario ripresentare la domanda, perdendo la posizione originaria.
Modalità di utilizzo del beneficio
Il Ministero competente invierà ogni mese all’Agenzia delle Entrate l’elenco delle imprese ammesse, con l’importo del credito utilizzabile in compensazione. Le somme potranno essere impiegate a partire dal decimo giorno del mese successivo alla trasmissione dei dati.
Cosa rientra e chi può beneficiarne
Il credito d’imposta sostiene l’acquisto di beni strumentali nuovi, materiali e immateriali, destinati a migliorare i processi produttivi attraverso tecnologie avanzate e digitalizzazione. L’agevolazione è rivolta a tutte le imprese residenti in Italia, comprese le stabili organizzazioni di soggetti esteri, senza distinzioni di settore o dimensione. Sono escluse soltanto le aziende in procedura concorsuale o colpite da sanzioni interdittive.
Per ottenere il beneficio su beni tecnologicamente avanzati, è richiesta una perizia asseverata o un attestato di conformità che certifichi il rispetto dei requisiti tecnici e l’interconnessione ai sistemi aziendali. Per spese fino a 300.000 euro, è sufficiente un’autodichiarazione del legale rappresentante.
Il testo del Ddl
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