Nei primi mesi del 2025 le grandi società italiane quotate hanno pubblicato, all’interno dei propri bilanci, la prima dichiarazione di Sostenibilità secondo le nuove regole europee. Si tratta di un documento che, per la prima volta, impone alle imprese di raccontare in modo sistematico non solo l’impatto ambientale e sociale delle proprie attività, ma anche i rischi finanziari legati alla sostenibilità.
A fotografare il debutto di questa nuova stagione del reporting aziendale è l’Osservatorio Csrd, nato dalla collaborazione tra il Sustainability Lab della Venice School of Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia e Bdo Italia. I ricercatori hanno analizzato 80 bilanci pubblicati da società italiane quotate sul listino Euronext Milan, restituendo una prima mappa fatta di progressi, ma anche di molte difficoltà.
Bilanci più lunghi, ma anche più caotici
La prima cosa che salta all’occhio è la quantità di informazioni. I nuovi report hanno una struttura standardizzata, ma un volume di contenuti molto elevato: la media è di 163 pagine, con picchi di 239 nel settore energetico e 210 in quello finanziario. Ogni impresa ha individuato in media 52 Iro (impatti, rischi e opportunità), per ciascuno dei quali ha descritto politiche, azioni, obiettivi e indicatori.
Tuttavia, la ricchezza informativa rischia di diventare un’arma a doppio taglio. Secondo i ricercatori, i documenti appaiono spesso ridondanti, dispersivi e poco focalizzati, al punto da mettere in discussione la loro reale utilità per investitori e stakeholder.
Clima e forza lavoro: i temi più raccontati
Nonostante le difficoltà, due temi spiccano come centrali nella rendicontazione: il cambiamento climatico e la forza lavoro propria. Tutte le aziende hanno affrontato questi aspetti, parlando di mitigazione, adattamento, uso dell’energia, condizioni di lavoro e pari opportunità. Sono anche i due ambiti con il maggior numero di Iro segnalati. Dal lato della governance, invece, il tema più presente è la cultura aziendale, citata nell’88% delle dichiarazioni.
Obiettivi Net-Zero? Ancora pochi certificati
Il capitolo più critico resta però quello legato alla neutralità climatica. Se da un lato il 40% delle aziende ha fissato un obiettivo Net-Zero (nel 70% dei casi con scadenza al 2050), solo il 24% ha ottenuto una validazione ufficiale da parte della Science Based Target Initiative. Ancora meno – appena il 37% del campione – ha un piano di transizione climatica conforme agli standard europei.
Molte imprese, inoltre, hanno sfruttato le deroghe temporanee previste dalla normativa per omettere alcune informazioni, in particolare su temi ambientali: in media, sono stati esclusi sei obblighi informativi per ogni bilancio.
Altro nodo critico è quello del coinvolgimento del Consiglio di amministrazione. Sebbene tutte le imprese abbiano dichiarato la partecipazione del Cda nel processo di rendicontazione, nella maggior parte dei casi si tratta di una funzione solo formale, senza un reale peso strategico. Al contrario, quasi tutte le società hanno inserito obiettivi Esg nei piani di incentivazione del top management, con un’attenzione particolare alle performance climatiche: il 77% dei Cda ha ricevuto obiettivi legati al clima.
Un sistema ancora in costruzione
Secondo i curatori dell’Osservatorio, la prima ondata di report dimostra che le imprese stanno ancora cercando un equilibrio tra obblighi normativi, chiarezza comunicativa e sostenibilità reale. Le linee guida hanno aiutato a strutturare i contenuti, ma restano ampie incertezze su come misurare e quantificare gli effetti finanziari legati alla sostenibilità.
Nel frattempo, a Bruxelles si discute di una possibile semplificazione della normativa, per aiutare le imprese a rendere più efficaci i loro sforzi di comunicazione.
L’8 ottobre 2025, all’Università Ca’ Foscari di Venezia, si terrà un evento pubblico dal titolo “Csrd: un’analisi evolutiva tra negazionismo e continuità”, in cui verranno presentati i risultati completi della ricerca e un confronto tra le pratiche italiane ed europee. Sarà un’occasione utile per capire se, tra obblighi e opportunità, la sostenibilità d’impresa sta diventando qualcosa di più di una semplice dichiarazione.
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