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Il commercio cinese cresce al di là dei rapporti con gli Stati Uniti « LMF Lamiafinanza


Dalla prima guerra commerciale scoppiata nel 2018, il panorama delle esportazioni cinesi ha subito una profonda trasformazione. Gli Stati Uniti, un tempo principale partner commerciale della Cina, hanno visto la loro quota nelle esportazioni cinesi crollare drasticamente: dal 20% nel 2018 a solo il 10% nel secondo trimestre del 2025.

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Eppure, nonostante questo forte calo, le esportazioni totali della Cina non solo sono rimaste stabili — sono aumentate. Nel secondo trimestre del 2025, le esportazioni cinesi verso il resto del mondo sono cresciute dell’11% su base annua, raggiungendo il record di 856 miliardi di dollari. Al contrario, le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite del 24%, scendendo a 100 miliardi di dollari. Questo divario mette in luce un cambiamento radicale nell’orientamento commerciale della Cina: da una forte dipendenza dagli Stati Uniti a una presenza globale più ampia e diversificata.

Se da un lato la quota di esportazioni verso i Paesi vicini dell’ASEAN è aumentata rapidamente, dall’altro la crescita degli scambi con l’Africa e il Medio Oriente è stata più lenta ma comunque significativa.

Anche di fronte a dazi elevati, i prodotti cinesi — in particolare semiconduttori, navi e automobili — continuano a trovare acquirenti in tutto il mondo. Gran parte di questa resilienza si deve a una domanda estera sorprendentemente solida. I mercati emergenti sono diventati destinazioni sempre più importanti per i beni cinesi. Vietnam e Thailandia, in particolare, si sono distinti, con esportazioni in crescita di oltre il 20% su base annua — in parte grazie a strategie adottate dalle aziende cinesi che completano lì i prodotti destinati infine ai mercati occidentali.

Anche le catene di approvvigionamento cinesi si sono adattate: molte aziende hanno dirottato le merci attraverso Paesi terzi o spostato la produzione altrove per ridurre l’esposizione ai dazi, soprattutto nei confronti degli Stati Uniti, sin dal primo mandato di Donald Trump.

Questa flessibilità ha permesso di mantenere la competitività e sostenere la crescita delle esportazioni. Di conseguenza, l’avanzo commerciale della Cina è salito a 586 miliardi di dollari nella prima metà del 2025, contribuendo per 1,7 punti percentuali alla crescita del PIL e aiutando il Paese a restare in linea con l’obiettivo di crescita “attorno al 5%”.

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Tuttavia, all’orizzonte si profilano dei rischi. «Sebbene le esportazioni cinesi si siano dimostrate straordinariamente resilienti, parte del successo futuro dipenderà dall’inclusione di clausole di transito nei nuovi accordi commerciali», afferma Elke Speidel-Weiz, Chief Economist per i Mercati Emergenti.

Le clausole di transshipment (o transito) sono disposizioni nei trattati commerciali che prevedono dazi più elevati o regole più rigide per le merci sospettate di essere ri-esportate tramite Paesi terzi al fine di eludere direttamente i dazi — soprattutto quando i componenti o la produzione originano da un Paese oggetto di restrizioni, come la Cina.

Il Vietnam, importante snodo di riesportazione, è già finito sotto osservazione, con nuove disposizioni che prendono di mira i componenti di origine cinese. Se altri Paesi o blocchi commerciali dovessero adottare misure simili, le strategie alternative della Cina potrebbero incontrare ostacoli.

Ciononostante, la competitività delle esportazioni cinesi, unita al rafforzamento dei legami economici con regioni come Medio Oriente e Africa, rappresenta una tendenza strutturale destinata a consolidarsi.



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