Per il Governo e chi da anni spinge perché venga realizzato, il Ponte sullo Stretto di Messina da chimerà diventerà presto finalmente una realtà, con i lavori che, una volta ottenuta la bollinatura da parte delle Corte dei Conti, potranno partirà già il prossimo ottobre.
Per l’opposizione politica (e tecnica, tra cui quella del geologo Mario Tozzi, alle cui accuse sulle presunte carenze di indagine circa il rischio sismico hanno risposto punto su punto i progettisti dell’opera) si tratta di un’opera inutilmente costosa e di difficile realizzazione, dal punto di vista della complessità tecnica e delle criticità anche del contesto socio-economico in cui si andrà ad operare. Ritenendo che i 13,5 miliardi di euro preventivati per il costo dell’opera dovrebbero servire per finanziare altri interventi infrastrutturali.
Da dove arrivano i soldi
Per una parte dei fondi necessari, quelli statali, può essere così, nel senso che i Ministeri interessati potrebbero decidere di destinare quei fondi ad altre opere pubbliche. Non così, invece, per per la parte dei fondi europei (per la progettazione sono 24,7 milioni che copriranno la metà relativa alla parte ferroviaria) concessi in virtù del progetto che vede il Ponte sullo Stretto il terminale sud del corridoio Scandinavo-Mediterraneo. Si tratta del corridoio TEN-T europeo, dorsale ritenuta strategica per l’Ue per migliorare la connettività interna e promuovere una mobilità sostenibile e integrata di merci e persone. Un corridoio che, da nord a sud del continente, tocca, tra le altre città, Helsinki, Stoccolma, Berlino, Monaco, Roma e Palermo.
Una parte dei finanziamenti necessari sarà reperita attraverso un aumento di capitale approvato per la società Stretto di Messina (controllata dal MEF).
Nel Documento di economia e finanzia 2024 e sugli studi di sostenibilità economico-finanziaria che accompagnano il progetto, si prevede un ritorno economico stimato in quasi 4 miliardi di euro, con un tasso interno di rendimento pari al 4,5%, superiore alla media degli investimenti infrastrutturali pubblici. Con vantaggi economici di 1,8 miliardi di euro e un rapporto costi-benefici di 1.2.
Durante la realizzazione dell’opera, il cui termine, in casi di avvio nell’autunno del 2025, è previsto entro il 2032, è stimato un contributo al Pil di 23,1 miliardi di euro, entrate fiscali di 10,3 miliardi di euro e 36.700 posti di lavoro stabili, che potrebbero arrivare a 120mila considerando anche quelli a termine. Sempre rispetto ai conti economici, l’opera dovrebbe contribuire a ridurre il cosiddetto “costo dell’insularità” che grava soprattutto sulla Sicilia, stimato in oltre 6,5 miliardi annui.
Investimento e ritorni
Per attraversare il Ponte con l’auto, il pedaggio dovrebbe essere di 9-10 euro, calmierato per residenti e pendolari. Attualmente, il costo del traghetto (il costo del traghetto con un’auto varia tra i 36,5 euro ai 59 euro, circa 130 euro per un camper).
Il recupero dell’investimento iniziale, con piano di ammortamento, arriverebbe dal cumulo di ricavi diretti e indiretti, dato che i primi ammonterebbero a circa 3 miliardi nei 30 anni stimati per il rientro finanziario, secondo le analisi del Centro studi Unimpresa. Per il quale Ponte sullo Stretto di Messina potrà generare ricavi annui stimati tra 535 e 800 milioni di euro con un flusso di traffico previsto di 25 milioni di veicoli e 36.000 treni ogni anno. Con una tariffa media per veicolo pari a 15 euro (10 euro per le auto, 20 euro per i camion), i ricavi da pedaggi stradali ammonterebbero a circa 375 milioni di euro, cui si aggiungerebbero circa 160 milioni dal traffico ferroviario (stimato in circa il 30% del totale). Con una forbice di entrate da pedaggio tra 535 e 800 milioni l’anno.
Costi scaricati sulla “difesa”
Il Governo italiano spera inoltre di far rientrare una parte dei costi sostenuti per la realizzazione del Ponte sullo Stretto su quelli che l’Italia si è impegnata a investire, nell’ambito della Nato, per portare entro il 2035 al 5% del Pil le spese militari. Ciò in quanto infrastruttura che aumenterebbe la velocità di trasferimento di truppe e mezzi terrestri in Sicilia, nel cuore del Mediterraneo. Un sistema che consentirebbe di alleggerire la spesa militare per il raggiungimento degli obiettivi Nato sul Pil.
Le incognite
Certo, si tratta di stima economiche. Con i costi che, come avviene sistematicamente soprattutto in Italia, sono destinati ad aumentare nel corso degli anni di cantiere, inevitabilmente destinati ad aumentare. Anche per le incognite legate ai ricorsi amministrativi e a possibili rischi, in itinere, di infiltrazioni mafiose.
Ecco perché il Ponte sullo Stretto di Messina, più che dal punto di vista tecnico progettuale e realizzativo, rappresenterà una sfida per l’Italia dal punto di vista della sua capacità amministrativa e procedurale.
(video Webuild, che ha firmato il progetto)
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