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cosa sta funzionando negli USA e cosa può servire all’Italia. Attenzione allo AI-shock « LMF Lamiafinanza


Tecnologie per la decarbonizzazione al di là delle ideologie

Dai data center affamati di elettricità a nucleare avanzato, geotermia “next-gen”, stoccaggio multi-giorno e CCS: lezioni americane e soluzioni italiane possibili. Rispettiamo le ideologie, ma condividiamo anche i successi tecnologici

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Negli Stati Uniti la corsa all’intelligenza artificiale ha reso la sicurezza energetica un tema industriale, non solo ambientale. La domanda elettrica dei data center è destinata a raddoppiare entro il 2030; l’IA sarà il principale motore di questa crescita, con consumi dei data center che potrebbero sfiorare 945 TWh a fine decennio. È la stima dell’IEA, che invita a misurare la transizione non con slogan ma con impianti in esercizio e reti che reggano nuovi carichi continui.

Questo “AI-shock” ha accelerato negli USA quattro famiglie di tecnologie per la decarbonizzazione: stoccaggio elettrochimico su larga scala, geotermia avanzata, nucleare di nuova generazione e cattura/stoccaggio della CO₂ (CCS, DAC), sostenute da incentivi e credito d’imposta dell’Inflation Reduction Act (idrogeno “pulito” 45V) e dal potenziamento del 45Q per la CO₂. Le regole definitive del 45V pubblicate a gennaio 2025 mirano a dare certezza agli investimenti; in parallelo i crediti 45Q danno valore alla CO₂ catturata, con premi più alti per il Direct Air Capture.

La cornice politica resta però mobile: mentre la pipeline di progetti continua a crescere, l’attuale amministrazione ha rallentato o rimosso alcune misure pro-rinnovabili su suolo federale (es. revisione della riduzione dei canoni BLM e stop ad alcuni wind farm), segnalando un rischio-policy che non cancella ma rende più selettivo il flusso di capitali.

Stati Uniti: cosa funziona. Dati, progetti e rischi

Batterie e flessibilità di rete. Il mercato storage americano resta la “cerniera” del sistema elettrico. Tra 2024 e 2026 la capacità utility-scale è attesa quasi raddoppiare fino a ~65 GW, dopo i record del 2024. Lo storage guida, con il fotovoltaico, le nuove installazioni 2025. Il messaggio per i gestori è chiaro: più rinnovabili richiedono più accumulo, anche per rispondere ai carichi continui dei data center.

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Stoccaggio multi-giorno. Oltre al litio, gli USA stanno industrializzando batterie “lunghe” come le iron-air (100 ore) di Form Energy, già in costruzione in Minnesota e con progetti in pipeline da decine di MW. Sono tecnologie pensate per coprire giorni senza vento e sole e dare “firmness” rinnovabile.

Geotermia “next-gen”. L’EGS (Enhanced Geothermal Systems) usa tecniche dell’oil&gas per creare serbatoi artificiali: fornisce energia ferma 24/7, ideale per data center. Nel 2023 il progetto Fervo–Google in Nevada è entrato in esercizio e nel 2024 è stato proposto un accordo fino a 115 MW con la utility NV Energy: un modello replicabile per acquisti di energia pulita e continua. I costi sono in discesa, ma servono volumi e “permitting” rapido, cioè l’insieme delle autorizzazioni e dei permessi necessari per poter progettare, costruire e mettere in esercizio nuovi impianti.

Nucleare avanzato e AI. Per gestire carichi costanti e crescere senza emissioni, gli USA hanno riaperto anche la pista nucleare: dalla riattivazione della centrale Palisades con garanzie DOE (1,52 mld $) alla corsa degli SMR. Il dimostratore Natrium di TerraPower ha avviato i lavori non-nucleari in Wyoming ed è in corsa per i permessi; X-energy ha depositato l’istanza per un impianto industriale in Texas con Dow. La narrativa è semplice: potenza ferma e calore di processo per industria e data center, con attenzione ai nodi HALEU e anche qui ai tempi autorizzativi.

CCS e Direct Air Capture. (Carbon Capture and Storage, cioè cattura e stoccaggio della CO₂). La filiera avanza con hub e regole per i pozzi Classe VI: il progetto STRATOS di Occidental/1PointFive in Texas mira a 500.000 t/anno di CO₂ catturata, con avvio commerciale atteso entro il 2025 (permessi a buon punto). Qui il 45Q e la domanda volontaria di crediti CDR sono i driver principali, insieme a nuove iniziative legislative per accelerare i permessi statali.

Detto questo, una parte dei data center americani continua a coprire i picchi con gas naturale e certificati, evidenziando il gap tra PEP (public energy promises) e uso reale di rete: il Financial Times si chiede “Inside the AI race: can data centres ever truly be green?” Altro tema cruciale per l’Europa è la contabilità oraria delle emissioni.

Italia: cosa è trasferibile subito e cosa richiede scelte politiche

CCS industriale “made in Italy”. L’Italia ha già un progetto pilota: Ravenna CCS (Eni-Snam), con capacità fino a 4 milioni t/anno entro il 2030 nella Fase 2. È il percorso naturale per decarbonizzare settori “hard-to-abate” in Pianura Padana e costa adriatica, allineandosi al target europeo del Net-Zero Industry Act che punta a creare un mercato UE per lo stoccaggio CO₂ e a garantire 50 Mt/anno di capacità entro il 2030. Servono ora contratti di lungo termine, regole chiare su responsabilità a fine vita e tariffe di trasporto.

Reti, interconnessioni e resilienza. La transizione italiana passa per Terna: piano 2024-2028 da 16,6 miliardi per ammodernare la RTN e nuove dorsali come il Tyrrhenian Link (1.000 MW) e l’Adriatic Link (1.000 MW), chiave per integrare rinnovabili, ridurre congestioni e servire nuovi poli digitali nel Centro-Nord. Più rete oggi significa meno curtailment (riduzione forzata della produzione non per guasti, ma per limiti della rete o del mercato) e PPA (Power Purchase Agreement) più bancabili.

Data center e regole UE. Dal 2024 i data center sopra 500 kW IT devono rendicontare consumi, efficienza e raffrescamento in un database europeo ai sensi della Energy Efficiency Directive: un passo che abilita tariffe dinamiche e contratti 24/7 CFE (Carbon-Free Energy) più credibili. Buona notizia per attrarre investimenti digital-energy “seri”.

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Idrogeno: “valleys” locali e industria. Il PNRR ha rifinanziato le Hydrogen Valleys in aree industriali dismesse, con risorse aggiuntive (oltre 60 milioni riallocati, e 163 milioni su progetti sottofinanziati) e iter semplificati 2025. L’utilità pratica? Avviare usi di prossimità (vetro, chimica, fertilizzanti, trasporti pesanti) agganciando reti e domanda stabili.

Rinnovabili e agrovoltaico. Per fare spazio a più solare senza conflitti d’uso, il decreto agrivoltaico innovativo punta ad almeno 1,04 GW dedicati a impianti che coesistono con le colture; in parallelo il DL Agricoltura restringe alcune installazioni a terra fuori aree idonee: qui la piattaforma di aree idonee MASE e le aste FER dovranno dare certezza a sviluppatori e territori.

Geotermia e “clean firm”. L’Italia ha know-how geotermico storico (Toscana) e può sperimentare EGS in siti non tradizionali, replicando il modello NV-Energy/Google: PPA dedicati per carichi 24/7 e integrazione con storage. Gli atenei e i distretti drilling italiani possono giocare un ruolo se accompagnati da permessi rapidi e fondi dimostrativi. Le esperienze statunitensi mostrano che la curva d’apprendimento può essere veloce.

Nucleare “di ritorno”? Il Governo ha avviato la piattaforma sul nucleare e un percorso normativo verso gli SMR; realisticamente, se ne parla nel prossimo decennio. Nell’immediato, per l’Italia il valore sta nello studio dei contratti (off-take a lungo termine, capacity payment per potenza ferma) e nella filiera componentistica.

Che cosa imparare dagli USA (e cosa evitare)

Primo: diversificare il portafoglio tecnologie. Gli USA stanno combinando rinnovabili, batterie, accumuli multi-giorno, geotermia, CCS e nucleare avanzato per dare continuità ai carichi dell’IA, pur tra contraddizioni (ricorso al gas nei picchi e green claim non sempre “ora-per-ora”). L’Italia può accelerare dove è già pronta: reti, CCS Ravenna, agrovoltaico, hydrogen valleys; e testare subito progetti pilota EGS e storage di lunga durata legati a poli industriali o data center emergenti in Pianura Padana e aree portuali.

Secondo: politiche stabili battono gli annunci. I numeri USA su storage e rinnovabili corrono quando gli incentivi sono prevedibili; quando cambiano, il mercato rallenta ma non si ferma. Per l’Italia la costanza regolatoria su aste FER, autorizzazioni uniche e contratti standardizzati vale più di qualsiasi slogan.

Terzo: misurare bene. La richiesta europea di reporting per i data center e l’orientamento globale verso contratti 24/7 CFE sono la strada per allineare consumo reale e produzione pulita nel tempo e nel luogo in cui serve. È qui che l’Italia può distinguersi, legando l’arrivo di grandi investimenti digitali a obblighi di approvvigionamento pulito orario e a co-investimenti in rete e accumuli.

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In conclusione: l’AI ha reso l’energia una variabile strategica. Gli Stati Uniti mostrano che la decarbonizzazione “funziona” quando le tecnologie pulite sono anche tecnologie di potenza e quando il policy mix dà previsione agli investitori. L’Italia ha già alcuni assi sul tavolo: reti, CCS, agrovoltaico, idrogeno locale: può rapidamente colmare i gap su accumuli lunghi e geotermia avanzata, preparandosi oggi a scelte domani su nucleare di nuova generazione. La competitività, più che un obiettivo green, è un programma industriale.



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