Non è solo la vendemmia a dettare l’agenda di quest’anno, ma anche i venti contrari che soffiano dal mercato internazionale. Con l’entrata in vigore dei dazi statunitensi e la pressione della sovrapproduzione, il comparto vitivinicolo cuneese si trova a dover ripensare strategie e priorità. Temi discussi anche nell’incontro che si è svolto al Grattacielo Piemonte tra la Sezione Vini e Liquori di Confindustria Cuneo e l’assessore regionale Paolo Bongioanni.
Protagonista del confronto è stata Paola Lanzavecchia, presidente della sezione, che ha presentato alla Regione il lavoro dell’Osservatorio Vini, accolto come strumento di supporto per future iniziative. Con lei abbiamo analizzato l’attuale fase di mercato e le possibili vie per affrontarla.
I dazi USA sono entrati in vigore: quali sono le prime reazioni tra le aziende cuneesi associate e quali effetti temete a breve termine?
“La prima reazione è di preoccupazione, perché gli Stati Uniti rappresentano uno dei nostri mercati più importanti, direi strategico. Per alcune denominazioni valgono dal 25% fino a oltre il 50% del volume venduto e, soprattutto, hanno un ruolo determinante nel posizionare i nostri vini. La speranza è che nei prossimi mesi la politica riesca a negoziare un ‘zero for zero’ sui nostri prodotti, ma dobbiamo prendere atto che oggi la realtà è questa e cominciare ad attrezzarci. Dal 7 aprile in avanti abbiamo cercato di contenere gli aumenti per non farli ricadere sul consumatore, con uno sforzo congiunto di produttori, importatori e distributori. Oggi questo sarà difficile da mantenere, anche a causa della fluttuazione euro/dollaro, e ci sarà inevitabilmente un aumento dei prezzi sugli scaffali. Il timore è l’effetto sostituzione con prodotti non soggetti a dazi. È chiaro che ogni azienda attuerà le proprie strategie, ma preservare il mercato USA è fondamentale: non dobbiamo mollare il presidio, mantenendo alta l’attenzione sulla qualità e l’eccellenza dei nostri vini, anche in questa fase così delicata”.
Ha più volte parlato di “fare rete”. Il sistema vino cuneese è oggi pronto a rispondere in modo compatto a questa sfida?
“Sicuramente il concetto di fare rete, fare squadra, è sempre più importante. Siamo più pronti di qualche anno fa, ma c’è ancora molto da fare. La consapevolezza di un approccio collettivo è cresciuta, anche grazie al lavoro congiunto di consorzi e associazioni di categoria, ma dobbiamo superare la frammentazione della filiera, trovando strategie comuni sia sul fronte della promozione internazionale sia su quello della gestione produttiva. La nuova politica lanciata dall’Assessorato all’Agricoltura con ‘Piemonte is- Eccellenza Piemonte’ va in questa direzione: confidiamo che sia un passo avanti per promuovere i nostri prodotti in maniera collettiva sempre più ampia, mantenendo il presidio dei mercati maturi e aprendo contemporaneamente a mercati nuovi”.
Diversificare è sempre più necessario, ma anche costoso. Quali strumenti chiedete a Governo e UE per sostenere le imprese sui nuovi mercati?
“Il sostegno della politica è fondamentale, non solo a livello regionale ma anche europeo. Lo strumento dei fondi OCM Promozione è importante, ma servirebbero revisioni che facilitino l’accesso anche alle imprese più piccole, con procedure più snelle e tempi più rapidi. Servono misure di supporto alla digitalizzazione, alla logistica e all’accesso doganale verso mercati ancora poco maturi come Asia e Sud America. Fondamentale sarà il rafforzamento del ruolo delle Camere di commercio italiane all’estero. Siamo fiduciosi, dopo l’attenzione mostrata dal Governo al tavolo ‘Vino’, che si possa passare dagli annunci agli interventi concreti, anche per agevolare l’accesso ai bandi di investimento. Il Piemonte del vino continua a investire, non solo nella crescita commerciale ma anche nell’enoturismo, e questo va riconosciuto e sostenuto”.
In questo scenario, che ruolo può giocare proprio l’enoturismo come leva per valorizzare il territorio e sostenere le imprese?
“L’enoturismo è un asset fondamentale e in questi anni il nostro territorio è cresciuto molto in termini di offerta. C’è ancora margine di miglioramento, perché non è un valore aggiunto solo per le cantine, ma per tutto l’indotto locale. In un contesto internazionale incerto, rafforzare il rapporto con il consumatore può compensare eventuali cali dell’export. L’enoturismo è come una ‘Stele di Rosetta’: aiuta a tradurre e narrare il nostro impegno e lavoro agli occhi di chi non sempre conosce a fondo il prodotto. È un investimento culturale e identitario, che dobbiamo continuare a coltivare anche nei momenti difficili”.
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