Return to Bi Una mostra a palazzo Ferrero racconta le esperienze, le curiosità e le suggestioni che hanno ispirato imprenditori biellesi lungo le loro esplorazioni
Una tuba pieghevole, bauli e valigie, pubblicazioni dell’Ottocento. «I miei avi sono stati protagonisti e precursori di viaggi di studio e di lavoro, e certamente anche di piacere». Felice Piacenza si muove nelle stanze di palazzo Ferrero dove è allestita una mostra che racconta di spedizioni, avventure ed esperienze di imprenditori lungimiranti, che legavano l’esplorazione del mondo alla loro idea di fare impresa. Dalle testimonianze dei Piacenza che rimandano a due secoli fa fino a quelle più recenti del Maglificio Maggia e della Filati Buratti, per chi un viaggio lo sogna, lo ha già vissuto o si accinge a farlo, l’esposizione è fonte di ispirazione, una full immersion negli angoli del pianeta fra fotografie, oggetti, abiti e tessuti e pure una collezione di capi tecnici pensata per chi affrontava climi e luoghi lontano da casa.
Si chiama «Return to Bi» il progetto nato da un’idea di Marinella Bianco, condiviso dall’associazione culturale Tacafile e da Michela Cavagna (che ha realizzato anche un’installazione site specific). Nell’antica dimora del Piazzo si svela e si valorizza così il passato del settore tessile con l’obiettivo di raccontare le esperienze internazionali compiute, fin dal XIX secolo, da imprenditori biellesi lungimiranti. «Le capacità, le visioni future, l’innovazione continua, hanno trasformato queste aziende in realtà molto solide e di rilievo globale anche grazie a quei viaggi, grande fonte di apprendimento, di cambiamenti a volte rivoluzionari, che hanno portato ad aperture mentali non comuni» spiega Marinella Bianco. «Questa è una chiave di lettura che si vuole offrire alle nuove generazioni per interpretare il futuro del lavoro, del territorio e delle loro possibilità».
«Abbiamo cercato fra gli oggetti personali dei miei avi, quelli più curiosi o significativi che meglio raccontano le loro esperienze» prosegue Felice Piacenza che cura, con Lodovica Casalvolone, l’archivio di famiglia. «I viaggi all’epoca duravano settimane e perfino mesi, a bordo di treni, battelli, carrozze e perfino in aerostato. Erano anche momenti per riflettere. Le loro impressioni arrivavano via lettera in azienda come ai parenti». Così Giovanni Piacenza (1811) rilancia il lanificio di famiglia grazie a viaggi in Francia e Inghilterra; Felice (1843) visita il Belgio per studiare innovazioni tessili e realizzerà un impianto idroelettrico progettato da Galileo Ferraris; Guido (1881) appassionato di volo, sperimenta l’aerostato fino a 9.000 metri di altezza, promuove il primo campo d’aviazione biellese e documenta il Congo belga con centinaia di fotografie e filmati.
Con i viaggi di Costantino, Filippo e Federico Buratti (attuale titolare dell’omonima filatura) sono in mostra piccoli e grandi testimonianze di manifattura. «Esempi di apertura mentale e acquisizione di competenze da portare a casa, come metodo per costruire il futuro. Gli imprenditori di queste grandi aziende, che oggi sono ancora così importanti e di successo, ci hanno proprio insegnato questa filosofia» aggiunge Michela Cavagna. «Quando ho avuto il primo approccio all’archivio Buratti e la possibilità di accedere alla parte privata della vita di Filippo e di suo figlio Federico strettamente connessa all’azienda, mi sono imbattuta in un materiale molto vasto, con diverse sfaccettature. La filati Buratti, per evidenti motivi di lavoro, era legata alla Via della Seta e alla Cina ma i due imprenditori erano appassionati di viaggi e di fotografia: esiste un archivio di immagini dagli Anni 60 in poi, non solo circoscritto all’Estremo Oriente e all’Africa, ma allargati a tutto il mondo. Così ho potuto vedere come, attraverso lo scatto analogico, il loro sguardo abbia restituito momenti e luoghi ormai scomparsi».
Anche il progetto di Maggia va in questa direzione seppure con una sua curvatura originale. Spiega Roberta Varoli curatrice del nascente archivio. «La decisione della famiglia è stata quella di investire sulla parte della loro azienda che conserva oltre 5.000 capi dagli Anni 70 in poi. In mostra si racconta un piccolo pezzo dalla loro produzione nata in seguito a un viaggio di Umberto Maggia in Alaska». L’abbigliamento tecnico progettato per un uso outdoor, anticipa tendenze attuali e racconta il valore della ricerca su tessuti e materiali. Ogni capo, è accompagnato da un’«etichetta parlante» che ne racconta origini e utilizzo. E nel cartellino con il logo «Società Geografica Maggia» e la riproduzione di un esploratore armato di binocolo, venivano indicate anche le diverse zone climatiche del mappamondo.
Il significato della mostra sottende anche un invito: «I viaggi devono essere di ritorno, il mito del vivere all’estero deve essere sfatato, il proprio Paese può e deve offrire opportunità ai giovani» conclude Bianco. «Il messaggio da trasmettere è: Se lo puoi immaginare esiste, e i viaggi devono alimentare l’immaginazione. La mostra intende, infatti, costruire un ponte tra passato e futuro attraverso il coinvolgimento di giovani narrando conoscenze e competenze acquisite all’estero».
La rassegna prosegue fino al 28 settembre. Orari di apertura sabato e domenica dalle 10 con ultimo ingresso alle 18.
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