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Il made in Italy scarta i dazi di Trump e accelera fuori dagli Usa


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Nei primi 4 mesi del 2025 l’export cresce del 5,3% nei 25 mercati-chiave alternativi. I dazi Usa spingono le imprese a riposizionarsi: Emirati, Brasile e Svizzera trainano.

I dazi di Trump come detonatore della diversificazione

Dal 7 agosto 2025 gli Stati Uniti hanno colpito circa il 70% delle esportazioni europee con dazi medi al 15%, penalizzando fortemente settori chiave per l’Italia come agroalimentare, moda, arredo e cosmetica. Questa misura, annunciata mesi prima dall’amministrazione Trump e resa operativa con il nuovo pacchetto tariffario, ha spinto le imprese italiane a riorientare con decisione le proprie strategie di vendita. Non è un effetto collaterale, ma una scelta pianificata: ridurre la dipendenza dal mercato statunitense e aprire canali commerciali stabili verso Paesi ad alto potenziale.

Il balzo del 5,3% nei mercati “anti-dazi”

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Nei primi quattro mesi dell’anno le esportazioni italiane verso i 25 principali mercati alternativi agli Usa sono cresciute del 5,3%, mentre negli altri mercati internazionali si è registrato un calo del 2%. Il dato non è frutto di vendite “gonfiate” in attesa dei dazi, ma dell’effetto combinato di missioni istituzionali mirate e di investimenti delle imprese nella diversificazione.

Nel primo semestre 2025, l’export verso i Paesi extra-Ue è salito complessivamente dell’1,3%, che diventa +2% se si esclude l’energia.

Dove cresce di più il made in Italy

Tra i mercati più dinamici figurano gli Emirati Arabi (+20,9%), il Brasile (+14%), la Svizzera (+13,1%), la Spagna (+10,6%) e l’Arabia Saudita (+9,6%). Crescite a doppia cifra si registrano anche in Israele (+13,1%), Danimarca (+11,8%), Irlanda (+11,5%) e Singapore (+11,3%).

Se il trend dovesse proseguire per tutto il 2025, questi 25 mercati potrebbero generare un incremento di 20,4 miliardi di euro nelle esportazioni italiane.

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Le pmi in prima linea

Il fenomeno non riguarda solo i grandi gruppi industriali. Nei soli Emirati Arabi le piccole e medie imprese italiane esportano beni per 3,5 miliardi di euro; in Arabia Saudita per 1,3 miliardi; in Brasile per 857 milioni. I settori trainanti restano alimentari, moda, arredo, legno, metalli, gioielleria e occhialeria.

Un’azione coordinata

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, presentando i dati, ha sottolineato che il “piano straordinario per l’export” sta dando risultati concreti. “Diversificare i mercati internazionali nei quali esportare i nostri prodotti è la strategia giusta per contrastare l’effetto negativo dei dazi americani”, ha dichiarato Tajani, fissando l’obiettivo dei 700 miliardi di euro di export annui.

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Per Marco Granelli, presidente di Confartigianato, “le imprese stanno facendo la loro parte per reagire all’impatto dei dazi Usa, cercando nuovi sbocchi di mercato. Ora serve che l’Europa ponga davvero la competitività al centro e che il Governo italiano difenda e valorizzi la qualità del made in Italy”.

Il rischio resta alto

Nonostante la manovra di aggiramento, si stima che, a regime, i dazi Usa possano ridurre fino al 16,8% il valore dell’export italiano verso gli Stati Uniti, pari a oltre 11 miliardi di euro di fatturato perso. Il riposizionamento in corso serve quindi a prevenire un contraccolpo che potrebbe essere strutturale, non temporaneo.


Una strategia mirata

Il +5,3% nei mercati alternativi non è un fuoco di paglia ma il risultato di una strategia mirata. Il made in Italy sta trasformando la minaccia dei dazi in un’opportunità di espansione globale, con le PMI protagoniste e un sistema Paese che – almeno in questo frangente – si muove in maniera coordinata. La sfida sarà mantenere questa spinta anche quando la guerra commerciale rallenterà, consolidando le nuove rotte dell’export e riducendo definitivamente la dipendenza dagli umori di Washington.

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