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(intervista di Repubblica al Ministro Tommaso Foti)

Tommaso Foti, ministro degli Affari europei, su Kiev vi fidate di Trump? È in grado di ottenere una pace giusta? Vance ha appena detto che l’accordo scontenterà sia Kiev che Mosca. 
«Guardiamo al documento, dopo il vertice nel Kent, firmato dai leader europei, a partire da Meloni: comincia proprio con il sostegno a Trump, per mettere fine alla guerra illegale della Russia e alle uccisioni in Ucraina». 

Dunque sì, vi fidate. 
«Penso che si debba partire da questo dato: parliamo da anni di guerra, ora si parla di pace. Dopo quattro decenni di conflitto, Azerbaijan e Armenia hanno sottoscritto un accordo di pace proprio da Trump. Ed è un elemento positivo, in un quadro totalmente in ebollizione. L’incontro in Gran Bretagna tra i Paesi dell’E4, compresa l’Italia, più la Finlandia, la Nato, l’Unione europea e il vicepresidente Vance è stato un fatto positivo. Da parte europea è emersa una posizione molto netta: restiamo al fianco dell’Ucraina, non arretriamo minimamente. Una chiara dimostrazione di coerenza, con la volontà di stare al fianco del paese aggredito e invaso. Ora cosa potrà portare l’incontro tra Trump e Putin non può saperlo nessuno. Di certo vi deve essere un cessate il fuoco o almeno una drastica diminuzione delle ostilità, come condizione preliminare per sedersi a un tavolo negoziale». 

È giusto che anche Zelensky partecipi al vertice in Alaska? 
«Bisogna capire che finalità ha questo summit di ferragosto. In generale, senza l’Ucraina al tavolo non si può fare una pace, nessuno può decidere senza Kiev. L’Europa ha ribadito con forza il suo impegno per la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina. Poi si vedrà cosa sarà oggetto di trattativa». 

Mosca intanto attacca l’Europa. Bolla come “volantino nazista” la dichiarazione congiunta firmata ieri anche dalla premier. 
«E in questo c’è la controprova che l’interlocutore comunque non vuole una pace duratura e giusta, mi sembra che a Mosca pretendano una resa incondizionata da parte di Kiev. Inaccettabile. Mi viene in mente il vizio di Brenno, “guai ai vinti”. Anche l’aggettivo scelto, “nazista”, si sposa perfettamente con la campagna di propaganda russa, che sostiene dallo scoppio del conflitto che i vertici ucraini siano nazisti. E quando l’Europa si schiera per Kiev, anche i suoi leader distribuirebbero un volantino nazista. Si può anche non condividere una posizione, in politica estera, ma questi toni sono fuori dal tempo. E fuori da ogni logica». 

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Anche l’Ue deve partecipare al negoziato o è meglio che se ne incarichino i leader europei, più che Bruxelles, visto com’è andata sui dazi? 
«In questo momento la parola è affidata alla diplomazia. E i leader europei sanno farne buon uso. È giusto che siano coinvolti». 

L’altra guerra, Gaza. Quando interromperemo le forniture militari a Israele? Le vecchie commesse, ante 7 ottobre, sono ancora attive. Berlino sospenderà tutto. 
«Guardiamo le iniziative che abbiamo messo in campo. Gli aiuti umanitari. Ma non solo. Il governo italiano è stato protagonista, prima di altri che poi si sono aggiunti, nel dire che l’ipotesi formulata dal gabinetto israeliano di lanciare un’operazione di occupazione su larga scala di Gaza ci vede fermamente contrari e la respingiamo con forza. Si verrebbe ad aggravare una situazione umanitaria già catastrofica, si metterebbero ulteriormente in pericolo gli ostaggi e vi sarebbe un rischio di esodo di massa della popolazione civile. Ciò che chiediamo è un cessate il fuoco immediato e permanente. E Hamas deve rilasciare gli ostaggi e smilitarizzare le sue truppe». 

Tenere unito l’Occidente, dice Meloni. In questo scenario di conflitti, si è evitata una guerra commerciale. Ma i dazi al 15% preoccupano le imprese. Il quadro ora è più chiaro? Preparate i sussidi? 
«In realtà il quadro sarà chiaro quando conosceremo le esenzioni. Per il momento sappiamo che rispetto a una media di dazi applicati dagli Usa di oltre il 20%, quelli europei sono al 15%. Noi lavoriamo per rendere le nostre imprese competitive, ma l’Europa intanto deve togliere i cosiddetti dazi interni, la burocrazia esasperata. E la Bce deve intervenire sui tassi, rispetto alla svalutazione del dollaro». 

Sul Pnrr, il governo ha appena incassato la settima rata da 18,3 miliardi. Non ci saranno proroghe alla scadenza di agosto 2026. Cosa prevederà l’ultima rimodulazione del piano? A quali obiettivi rinuncerà l’Italia? 
«Abbiamo anche presentato la documentazione per incassare l’ottava rata da 12,3 miliardi. Nell’intervento che prepariamo, puntiamo a non rinunciare a nulla, ma a cambiare alcuni progetti». 

(intervista di Lorenzo De Cicco, la Repubblica)







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