Addio sviluppo, addio ripresa. Il governo italiano abbandona le aree interne.
Con un passaggio di poche righe in un documento passato ai più in sordina, il Ministero per gli Affari europei, il Pnnr e le Politiche di Coesione alza bandiera bianca:
“queste aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza, ma nemmeno essere abbandonate a sé stesse. Hanno bisogno di un piano mirato che le accompagni in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento”.
Una sorta di eutanasia per tutti quei piccoli comuni italiani, per lo più montani, collinari o rurali del centro-sud, colpiti dallo spopolamento.
Le righe sopra citate sono contenute all’interno del Piano Strategico Nazionale Aree Interne 2021-2027, approvato in clamoroso ritardo nei mesi estivi del 2025.
Un piano che non parla di ripresa, ma di rinuncia ad ogni sforzo.
Eppure quello che lo Stato considera un malato terminale, rappresenta il 59% del territorio nazionale, nel quale risiedono 13 milioni di cittadini, più persone di quante ce ne siano in tutto il Belgio.
In quei borghi semi deserti, fra boschi e ruscelli, è inoltre custodita la storia dell’Italia. Non solo importanti eredità artigiane e di tradizione folcloristica, ma monumenti, siti archeologici e musei.
Secondi dati ISTAT del 2022, quasi quattro strutture culturali su 10 (pari al 39,4%), sono localizzate nei Comuni delle aree interne.
Complessivamente nelle aree interne risultano presenti e aperti al pubblico un luogo del patrimonio culturale ogni 100 km.
Ora si lascia questa eredità storica al suo destino inesorabile, programmandone un “dignitoso” declino.
Le contraddizioni dell’approccio alle aree interne sono numerose.
Da una parte la tensione fra la dicotomia dello spopolamento e dello sovrappopolazione. La narrazione che siamo troppi, che non ci sono abbastanza risorse, che non c’è spazio, non coincide con la realtà del territorio italiano.
Perché non impegnarsi a rendere quelle aree attrattive? Invece di investire nel riarmo non sarebbe necessario migliorare i collegamenti di quelle aree, aumentare la copertura Internet e incentivare la nascita di imprese?
Altra contraddizione è quella che vede da una parte la guerra contro l’affollamento turistico e dall’altra l’assenza di turisti nelle aree interne. Ma se quasi il 40% del patrimonio culturale si trova in quelle aree, come mai nessuno è mai riuscito a valorizzarlo?
Si legge in un comunicato dei sindaci abruzzesi:
“noi crediamo che lo spopolamento non sia un processo irreversibile, ma una sfida politica e culturale. E come ogni sfida, può essere affrontata e vinta. Nel nostro piccolo, lo stiamo già dimostrando e non accettiamo che tutto ciò venga ignorato o sminuito”.
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