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Riduzione transitoria dell’Ires: pubblicato il Dm con le regole


Per ottenerla le imprese devono soddisfare una serie di condizioni, che riflettono l’intento del legislatore di premiare la solidità patrimoniale, gli investimenti e la responsabilità sociale

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Pronte le disposizioni che disciplinano l’Ires premiale, l’incentivo alla crescita responsabile delle imprese, previsto dall’ultima legge di bilancio e consistente nella riduzione “condizionata” dell’aliquota Ires. Il decreto ministeriale di venerdì, infatti, disciplina la misura agevolativa in via transitoria per il periodo d’imposta 2025 (Dm Mef 8 agosto 2025).

A tal proposito, ricordiamo che nel contesto della più ampia riforma fiscale delineata dalla legge n. 111/2023, il legislatore ha introdotto un principio innovativo e strategico: premiare le imprese che reinvestono i propri utili in attività produttive e socialmente virtuose. L’articolo 6, comma 1, lettera a), della richiamata legge, infatti, prevede la possibilità di ridurre l’aliquota Ires per le società che, entro due esercizi successivi alla produzione del reddito, destinano una quota di utili a investimenti qualificati, nuove assunzioni o progetti stabili di partecipazione dei dipendenti agli utili.

Questa misura non si applica, però, ai redditi che vengono distribuiti come utili o impiegati per finalità estranee all’attività d’impresa. In sostanza, lo Stato intende incentivare comportamenti imprenditoriali orientati alla crescita, alla sostenibilità e alla valorizzazione del capitale umano.

La riduzione transitoria dell’aliquota Ires per il 2025
In attesa dell’attuazione definitiva dei principi direttivi della delega fiscale, la legge di bilancio per il 2025 (legge n. 207/2024) ha introdotto una misura transitoria per il solo periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2024. In pratica, le imprese potranno beneficiare di una riduzione dell’aliquota Ires di 4 punti percentuali, rispetto a quanto previsto dall’articolo 77 del Tuir.

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Ma l’accesso a questo beneficio non è automatico. Le destinatarie devono soddisfare una serie di condizioni stringenti, che riflettono l’intento del legislatore di premiare la solidità patrimoniale, l’impegno negli investimenti e la responsabilità sociale.

Le condizioni per accedere al beneficio
Il decreto attuativo, previsto dall’articolo 1, comma 444, della legge di bilancio, dettaglia le modalità operative e i requisiti necessari per accedere alla riduzione dell’aliquota.

In particolare, l’articolo 3 definisce i soggetti ammessi al beneficio, delineando l’ambito soggettivo di applicazione. In primo luogo, ne possono beneficiare le società di capitali e gli enti commerciali residenti in Italia (articolo 73, comma 1, lettere a) e b) del Tuir). Inoltre, il beneficio si estende anche alle stabili organizzazioni situate nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, purché rientrino nella categoria indicata alla lettera d) dello stesso articolo. Per quanto riguarda gli enti non commerciali, indicati alla lettera c) dell’articolo 73, la riduzione dell’aliquota Ires è riconosciuta esclusivamente in relazione al reddito prodotto da eventuali attività commerciali esercitate. In altre parole, solo la parte di reddito derivante da attività economiche rilevanti può accedere all’agevolazione, escludendo le componenti istituzionali o non profit.

Non possono accedere all’agevolazione, invece, le società e gli enti che, nel periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2024, si trovano in liquidazione ordinaria o sono sottoposti a procedure concorsuali di natura liquidatoria (Dlgs, come disciplinato dal decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14. Sono esclusi anche i soggetti che determinano il proprio reddito, in tutto o in parte, secondo regimi forfetari, che non consentono una valutazione puntuale degli investimenti o degli utili accantonati.

Infine, non possono beneficiare della misura le imprese che, nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024, adottano il regime di contabilità semplificata. Tale regime, per sua natura, non garantisce la trasparenza e il dettaglio contabile necessari per verificare il rispetto delle condizioni previste dalla disciplina agevolativa.

Il Dm in argomento, con l’articolo 4 stabilisce che l’utile deve essere accantonato e non distribuito, condizione essenziale per accedere alla riduzione. Nello specifico devono verificarsi due condizioni: almeno l’80% dell’utile del 2024 deve essere accantonato in riserva, e almeno il 30% di tale utile accantonato (comunque non meno del 24% dell’utile 2023) deve essere destinato a investimenti qualificati. Si considera accantonato tutto l’utile non distribuito ai soci, anche se usato per coprire perdite. Gli acconti sui dividendi sono considerati distribuzioni. Per gli enti non commerciali, il riferimento è all’utile accantonato derivante dall’attività commerciale.

L’articolo 5 disciplina gli investimenti “rilevanti”, ovvero quelli che generano valore economico e sociale. In sostanza, la riduzione dell’Ires è concessa solo se:

  • l’utile è stato accantonato secondo le regole dell’articolo 4
  • gli investimenti rilevanti sono stati effettuati in misura sufficiente.

Sono considerati investimenti rilevanti quelli che riguardano beni strumentali inclusi negli allegati A e B della legge n. 232/2016, oppure beni previsti dall’articolo 38 del Dl n. 19/2024, purché acquisiti nell’ambito di progetti di innovazione finalizzati alla riduzione dei consumi energetici.

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I beni devono essere interconnessi ai sistemi aziendali di gestione della produzione o alla rete di fornitura, e tale interconnessione deve durare per almeno metà del periodo di sorveglianza previsto. Per i beni innovativi, oltre all’interconnessione, è necessario che il progetto consenta una riduzione dei consumi energetici: almeno del 3% per la struttura produttiva nazionale coinvolta, oppure almeno del 5% per i processi interessati, nel periodo d’imposta successivo all’entrata in funzione del bene rispetto al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024.

Gli investimenti devono essere effettuati a partire dal 1° gennaio 2025 e conclusi entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo al 2024. Ai fini fiscali, si considerano realizzati secondo le regole dell’articolo 109 del Tuir, indipendentemente dai principi contabili adottati. Se l’esercizio ha durata superiore ai 12 mesi, il termine per la realizzazione degli investimenti si adatta di conseguenza.

L’importo minimo degli investimenti rilevanti deve corrispondere al valore più elevato tra il 30% dell’utile accantonato, il 24% dell’utile dell’esercizio 2023, oppure un importo fisso pari a 20mila euro.

Nel caso in cui, durante il periodo previsto, sia necessaria la sostituzione di uno o più beni oggetto degli investimenti, il costo del nuovo bene è considerato valido ai fini del calcolo, purché siano rispettate le condizioni previste dalla legge n. 205/2017.

Infine, per gli enti non commerciali, se i beni sono utilizzati anche per attività istituzionali, l’importo degli investimenti rilevanti si determina in proporzione al rapporto tra i ricavi derivanti dall’attività commerciale e il totale dei ricavi e proventi complessivi.

Secondo l’articolo 6, che regola l’incremento occupazionale come criterio di accesso, e specifica quali ammortizzatori sociali, se utilizzati, impediscono la fruizione del beneficio, la riduzione dell’aliquota Ires è subordinata al rispetto di alcune condizioni occupazionali e sociali da parte dell’impresa beneficiaria. In particolare, nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024, l’azienda deve garantire che il numero complessivo di unità lavorative annue non sia diminuito rispetto alla media registrata nel triennio precedente. Inoltre, è necessario che vengano effettuate nuove assunzioni di personale con contratto a tempo indeterminato, tali da costituire un incremento occupazionale conforme ai criteri stabiliti dall’articolo 4 del decreto legislativo, n. 216/2023. Questo incremento deve essere pari ad almeno l’1% del numero di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato mediamente impiegati nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024, e non può comunque essere inferiore ad almeno una nuova assunzione.

Un’ulteriore condizione riguarda il ricorso agli ammortizzatori sociali: l’impresa non deve aver fatto uso della cassa integrazione guadagni nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024 né in quello successivo. Fa eccezione l’integrazione salariale ordinaria prevista nei casi specifici indicati dall’articolo 11, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 148/2015.

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Per verificare il rispetto del mantenimento occupazionale, si deve confrontare il numero di lavoratori dipendenti equivalenti a tempo pieno dell’ultimo mese del periodo d’imposta successivo al 2024 con la media dei trentasei mesi precedenti. Dal calcolo della base occupazionale media vengono esclusi i lavoratori che hanno lasciato il posto per dimissioni volontarie, pensionamento, invalidità, riduzione volontaria dell’orario o licenziamento per giusta causa.

L’incremento occupazionale, invece, viene determinato secondo le modalità previste dall’articolo 4 del decreto ministeriale del 25 giugno 2024, emanato dal ministro dell’Economia e delle Finanze di concerto con quello del Lavoro e delle Politiche sociali. Si tiene conto del numero di lavoratori dipendenti presenti alla fine del periodo d’imposta successivo al 2024 e di quello mediamente occupato nel periodo precedente.

Infine, per quanto riguarda la condizione relativa alla cassa integrazione, si considera esclusivamente l’utilizzo dell’istituto ordinario disciplinato dagli articoli da 9 a 16 del Dlgs n. 148/2015, escludendo i casi coperti dall’articolo 11, comma 1, lettera a), dello stesso decreto.

In base all’articolo 7, poi, le imprese che hanno beneficiato dello sconto d’imposta perdono il diritto all’agevolazione qualora si verifichino determinate circostanze, con conseguente obbligo di restituzione del vantaggio fiscale ottenuto. In particolare, la decadenza si verifica se la quota di utile accantonata, al netto di quella eventualmente utilizzata per coprire perdite, viene distribuita entro il secondo esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024. Inoltre, si decade dall’agevolazione nel caso in cui i beni strumentali oggetto dell’investimento vengano dismessi, ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all’attività d’impresa oppure trasferiti stabilmente a strutture produttive situate all’estero, anche se appartenenti allo stesso soggetto, entro il quinto periodo d’imposta successivo a quello in cui è stato effettuato l’investimento.

Per quanto riguarda la distribuzione degli utili, l’impresa deve indicare in un apposito prospetto della dichiarazione dei redditi l’ammontare complessivo delle riserve costituite o incrementate con l’utile accantonato, l’eventuale quota utilizzata per coprire perdite e le variazioni intervenute. In caso di perdite, si considerano prioritariamente utilizzate le riserve diverse da quelle costituite con l’utile accantonato secondo quanto previsto dall’articolo 4 (comma 2).

Nel caso di stabili organizzazioni di soggetti non residenti operanti in Italia, la riduzione del fondo di dotazione è assimilata alla distribuzione di utili se deriva dall’attribuzione di somme alla casa madre oppure dalla rideterminazione del fondo stesso, tenendo conto del grado di capitalizzazione della società nel suo complesso, delle attività esercitate, degli asset materiali e immateriali disponibili e dei rischi assunti.

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Per quanto riguarda la dismissione o la destinazione estera dei beni, si applicano le regole previste dalla legge n. 205/2017, in materia di investimenti sostitutivi. Inoltre, i beni localizzati prevalentemente fuori dal territorio nazionale per ciascun periodo d’imposta, a partire da quello di acquisizione, si considerano stabilmente destinati a strutture produttive estere. Nei casi in cui l’acquisizione o l’estromissione del bene avvenga in corso d’anno, il periodo va proporzionato.

Infine, qualora si verifichi una causa di decadenza, il soggetto beneficiario è tenuto a versare la differenza d’imposta risultante dalla rideterminazione dell’aliquota, applicando quella ordinaria prevista dall’articolo 77 del Tuir. Il versamento deve essere effettuato entro il termine previsto per il saldo dell’imposta sui redditi relativa al periodo d’imposta in cui si è verificata la causa di decadenza.

Per le società e gli enti che partecipano al consolidato fiscale nazionale o mondiale, l’articolo 8 del Dm stabilisce che l’importo su cui spetta la riduzione viene determinato da ciascun soggetto e utilizzato dalla società controllante per calcolare l’imposta dovuta, tenendo conto delle perdite fiscali pregresse. Il reddito complessivo del gruppo si calcola sottraendo prioritariamente le perdite dai redditi per cui non spetta la riduzione. Se parte del reddito è soggetto all’aliquota ridotta, la controllante può compensarlo con perdite fiscali precedenti, nei limiti previsti dalla normativa. Eventuali somme versate o ricevute in relazione al beneficio seguono le regole dell’articolo 118 del Tuir. Se una società del gruppo perde il diritto all’agevolazione, la controllante deve versare la differenza d’imposta entro i termini previsti. Queste regole valgono anche per chi ha optato per il consolidato mondiale.

In caso di opzione per la trasparenza fiscale, l’articolo 9 dispone, tra l’altro, che l’importo su cui spetta l’aliquota Ires ridotta, determinato dalla società partecipata, “è attribuito a ciascun socio in misura proporzionale alla sua quota di partecipazione agli utili”.

L’articolo 10 stabilisce regole per armonizzare la riduzione temporanea. In pratica dispone che l’aliquota Ires ordinaria è utilizzata come riferimento per confrontare la tassazione estera con quella italiana.

L’articolo 11 delinea gli effetti che le operazioni di riorganizzazione aziendale, determinano sul calcolo della riduzione dell’aliquota Ires, sui requisiti di accesso al regime agevolativo, nonché sulle cause di decadenza

L’articolo 12 disciplina gli effetti del cumulo tra la riduzione dell’aliquota Ires e altre agevolazioni relative ai medesimi costi, quali, ad esempio, i crediti d’imposta collegati ai piani di “Transizione 4.0 e 5.0”.

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Infine, l’articolo 13, l’ultimo della serie, che reca norme applicative e di coordinamento fiscale, disciplina l’applicazione equa del beneficio transitorio, prevedendo: il ragguaglio ad anno per periodi d’imposta superiori a 12 mesi; l’utilizzo ampliato delle perdite pregresse; l’esclusione di utili rideterminati dai benefici e l’applicazione delle regole generali sulle imposte sui redditi.



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