Una palla che rimbalza in Portogallo, un tabellone che segna 84-51 e un gruppo di ragazze nate nel nuovo millennio che si abbraccia piangendo di gioia: da quell’immagine riparte l’Italia del basket femminile. Dietro la foto, però, si nasconde una sfida più ampia che tocca allenatori, club e scuole di tutto il Paese.
Il bronzo che sa di conferma
Il 10 agosto, sul parquet di Matosinhos, la sirena finale ha sancito l’84-51 contro la Svezia e ha consegnato all’Italia il terzo gradino del podio dell’Europeo Under 20. È un piazzamento che non sorprende soltanto per il risultato in sé, ma perché arriva a dodici mesi di distanza da un identico bronzo: un back-to-back che, nel basket giovanile, capita di rado. Protagonista assoluta in campo la napoletana di origine nigeriana Candy Edokpaigbe, autrice di 17 punti e premiata come migliore giocatrice, ma dietro il suo lampo c’è un mosaico di venti giorni di lavoro certosino.
Il risultato, spiega l’allenatore toscano Giuseppe Piazza, era segnato sulla lavagna fin dal primo raduno: puntare a una medaglia era il mantra quotidiano del gruppo. Quando nel tabellone compaiono nazionali come Francia e Spagna, gli osservatori considerano quasi assegnati due gradini del podio; ritagliarsi lo spazio rimasto richiede personalità, sacrificio e una rapidità di lettura che a diciannove anni non è scontata. Le azzurrine hanno mostrato tutto questo, aggrappandosi prima alla difesa e poi a un attacco che, partita dopo partita, ha ritrovato la fluidità smarrita nelle impegnative gare d’esordio.
Dietro le quinte della spedizione in Portogallo
La parabola comincia molto prima dell’imbarco per la costa atlantica. A inizio estate, nello stage di preparazione, Piazza ha lavorato su un principio semplice: far sentire ogni atleta indispensabile al di là del minutaggio. L’equilibrio emotivo di un gruppo under 20 è un cristallo sottile; basta una sconfitta in amichevole o un allenamento opaco per incrinarlo. Le prime uscite ufficiali all’Europeo hanno effettivamente scalfito quell’autostima coltivata in palestra, ma la risposta è arrivata con una serie di allenamenti notturni di tiro, discussioni tattiche a cerchio chiuso e un patto non scritto: rimanere compatte fino al suono dell’ultima sirena.
Alla guida di una berlina che percorre le strade costiere, l’allenatore racconta di aver respirato finalmente, a torneo concluso, qualche ora di vera vacanza con la moglie e i due figli. Il bluetooth dell’automobile diventa così la cabina di regia di un debriefing a freddo. “Le emozioni di un Europeo sono concentrate come un caffè ristretto: ti svegliano, ti agitano e poi ti lasciano esausto”, sintetizza il tecnico lucchese, classe 1968. Quei pochi giorni di pausa servono a riordinare appunti, rivedere schemi e immaginare la parabola successiva delle sue atlete, tutte già di ritorno in Italia.
Giovani azzurre tra Europa e Stati Uniti
Fra i nomi più attesi spiccava Carlotta Zanardi, playmaker del Famila Schio già affacciata in Nazionale maggiore. Reduce da tre mesi ai box per un infortunio severo, la regista ha impiegato qualche gara per ritrovare ritmo e ossigeno, ma il gruppo ha saputo prendersi il tempo di cui lei aveva bisogno. L’assenza temporanea del punto di riferimento tecnico – o meglio, della bussola, come l’ha definita Piazza – ha costretto le compagne a responsabilizzarsi, a condividere la regia degli attacchi e a scoprire risorse emotive inattese, che sono poi confluite nella cavalcata verso il podio.
Mentre Zanardi lavorava per ritrovare la propria esplosività, altre compagne hanno approfittato di percorsi oltreoceano. Fra queste la già citata Edokpaigbe, studentessa alla Seattle University, e quattro colleghe impegnate in diversi atenei statunitensi. Oggi, infatti, le università americane possono retribuire le atlete tramite sponsorizzazioni: un incentivo che unisce formazione e prospettive professionali. Per una diciannovenne italiana significa affrontare calendari massacranti, ma anche allenarsi contro decine di pari età di altissimo livello. Il traino mediatico sprigionato dall’astro della WNBA Caitlin Clark, playmaker con radici siciliane, ha trasformato quel contesto in una vetrina mondiale e chi rientra in patria porta con sé un capitale di esperienza immediatamente spendibile.
I nodi strutturali del basket femminile italiano
Il salto di qualità delle singole, per quanto evidente, si scontra con un dato che Piazza ripete quasi come un numero di emergenza: in Italia le tesserate non arrivano a ventimila, mentre in Paesi paragonabili – Francia e Spagna su tutti – superano le duecentomila. Questo squilibrio rende complesso perfino organizzare un semplice scouting, perché la coperta è corta e i club si contendono le stesse atlete fin dall’adolescenza. Il rischio è una rotazione forzata di ruoli, poco favorevole alla crescita specifica di ciascuna giocatrice.
L’altro fronte critico parte dalle palestre scolastiche. Secondo il coach, i programmi di educazione fisica continuano a proporre una porta di calcio per i maschi e una rete di volley per le femmine. Cambiare questa abitudine significherebbe seminare un futuro diverso, ma le riforme procedono lente e, intanto, le società sportive faticano a mettere insieme gruppi competitivi. Senza un reclutamento più ampio, il professionismo rischia di rimanere un micro-ambiente autoreferenziale, pur popolato da tecnici e atlete di alto livello che meriterebbero un palcoscenico più vasto.
La nuova stagione di A1: ambizioni e realtà
Il capitolo Europeo si è appena chiuso e già bussano alle porte i raduni della serie A1 femminile. Famila Schio, campione in carica, ricomincerà la corsa con il bersaglio disegnato sulla schiena; le avversarie si sono rinforzate, pronte a sfruttare ogni possibile flessione delle venete. La sensazione, però, è che il campionato resterà incerto fino all’ultimo possesso, complici il ritorno a pieno regime di alcune infortunate eccellenti e l’ingresso di volti giovanissimi reduci dalle nazionali giovanili. La curva dell’entusiasmo, alimentata dal bronzo continentale, promette di trascinare sulle tribune un pubblico più attento.
Alle spalle delle campionesse, il San Martino di Lupari di Piazza punta a riconfermare quantomeno il quinto posto dell’ultima stagione regolare, risultato che ha aperto le porte di una semifinale poi persa proprio contro Schio. L’ossatura della squadra è stata blindata con la permanenza di quattro-cinque leader dello spogliatoio, mentre il mercato ha inserito innesti mirati per allungare le rotazioni. Obiettivo dichiarato: restare ambiziosi, cioè continuare a coltivare la cultura della vittoria senza perdere la leggerezza necessaria a far crescere le più giovani, alcune delle quali rivedremo sicuramente con la maglia azzurra nelle prossime finestre internazionali.
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