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Così Meloni «ritrova» l’allineamento con i partner europei: il lavoro per Zelensky e la spinta alla tregua con la Russia


di
Marco Galluzzo

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Palazzo Chigi e Farnesina in contatto con i leader europei in vista del vertice in Alaska

Ci sono due punti della linea europea che Giorgia Meloni e la nostra diplomazia stanno sposando nelle ultime ore, più di altri. In primo luogo la partecipazione anche di Zelensky al primo faccia a faccia fra Trump e Putin, una presenza che per noi, come per Bruxelles, cambierebbe la cornice dell’incontro e attutirebbe quello che tutti temono e dicono apertamente, alla Farnesina come a Bruxelles: «Trump ha già fatto un enorme regalo a Putin fissando un incontro, la paura collettiva è che ci sia una riabilitazione priva di concretezza».

Nonostante il clima di vacanza, sia la nostra premier che il nostro ministro degli Esteri restano in contatto con gli altri leader europei anche in questa cornice. E la partecipazione del leader ucraino agli incontri in Alaska viene perorata pure dai militari, sia alla Nato che nella nostra Difesa, visto che un confronto di quel tipo non può vedere al tavolo il comandante in capo di una delle Nazioni in guerra e distante l’altro comandante.




















































La seconda sponda su cui il nostro esecutivo sta puntando è uno dei punti della dichiarazione congiunta di due giorni fa dei principali Paesi europei, o qualcosa che gli si avvicina molto: per il presidente del Consiglio, che ha modi e canali giusti per trasmettere anche in via bilaterale il messaggio, non ci può essere nessun tipo di negoziato utile senza che questo abbia come primo step un cessate il fuoco, un concetto che è rimbombato all’incontro britannico cui ha preso parte il vicepresidente degli Stati Uniti e che è chiaro anche all’inquilino della Casa Bianca.

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È in questo quadro che l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Kaja Kallas, ha annunciato per oggi una riunione dei ministri degli Esteri europei per discutere le prossime mosse in merito al conflitto in Ucraina e all’incontro programmato fra Trump e Putin. «Gli Stati Uniti hanno il potere di costringere la Russia a negoziare seriamente. Qualsiasi accordo tra Stati Uniti e Russia deve includere l’Ucraina e l’Ue, perché è una questione di sicurezza dell’Ucraina e dell’intera Europa», ha affermato Kaja Kallas. Un incontro che ieri è stato preceduto da una riunione d’urgenza di tutti gli ambasciatori presso la Ue degli Stati membri, un modo per riaffermare l’unità dell’Unione rispetto a possibili fughe in avanti della Casa Bianca.

In ogni caso, forse per la prima volta dopo tanti mesi, come sottolineano diverse fonti di governo, Giorgia Meloni si sta muovendo e si è mossa, nelle ultime settimane, in una cornice pienamente europea, da Stato membro che non fa distinguo e che ha preso una distanza e un’autonomia maggiore da quella linea atlantista che pure è costata alla premier critiche e giudizi di natura diversa. La firma della dichiarazione europea insieme ai principali leader della Ue, sull’Ucraina, non è certo l’adesione di un Paese che intende svolgere un ruolo da pontiere, come accaduto in passato, ma che si schiera in modo netto. Una chiarezza rimarcata due giorni fa su una dichiarazione di netta condanna dei programmi del governo di Israele rispetto a un’occupazione totale di Gaza, la prima volta che Roma mette nero su bianco la netta contrarietà alle politiche e agli obiettivi del governo di Tel Aviv.

Insomma il rapporto privilegiato e di grande amicizia con Donald Trump non ha impedito a Meloni di riallargare il suo ruolo pienamente europeo nelle ultime settimane, e in questa ricerca di un filo rosso si può inserire a pieno titolo anche la richiesta di 15 miliardi di euro di fondi europei del programma Safe, per progetti multilaterali di sviluppo di capacità militari insieme ad altri partner industriali della Ue. In un primo tempo Palazzo Chigi aveva detto che non era interessata a questo programma, poi la Difesa ha chiesto più di 15 miliardi, ma l’asticella si è fermata lì, dopo un tira e molla fra Difesa e Mef, per volontà di Giancarlo Giorgetti.

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11 agosto 2025 ( modifica il 11 agosto 2025 | 08:21)

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