Il contesto internazionale sta creando nuove possibilità di rilancio per il vecchio continente. Secondo la banca d’affari americana, politiche fiscali più espansive e settori strategici forti potrebbero stimolare investimenti e ridurre il divario con gli Stati Uniti
Dalla crisi finanziaria globale, il pil reale dell’area euro è aumentato del 18 per cento, meno della metà di quello registrato negli Stati Uniti e questo a causa soprattutto della debole crescita della produttività. Ma le cose potrebbero cambiare trasformando gli effetti del “trumpismo” in un’occasione di progresso economico. Secondo un’analisi della banca d’affari americana Goldman Sachs, la fiducia degli investitori internazionali verso l’Europa sta migliorando, spinta dal cambiamento della politica fiscale della Germania e dall’aumento dell’incertezza macroeconomica negli Stati Uniti. In pratica, si è creata “una finestra di opportunità” che l’Europa dovrebbe cogliere mostrando il suo lato migliore. Mentre sull’altra sponda dell’Atlantico, la Casa Bianca chiede la “percentuale” ai produttori che vendono chip in Cina, inaugurando quello che alcuni hanno già battezzato “nuovo capitalismo geopolitico”, nel vecchio continente principi e regole del fare impresa vengono ancora rispettate. Inoltre, il programma di spesa pubblica comune avviato con Next generation Eu, unito al piano infrastrutturale tedesco da 500 miliardi e all’aumento previsto della spesa militare, fanno prevedere a Goldman che ci sarà un incremento del tasso di investimento in Europa pari a un punto percentuale, il che vorrebbe dire ridurre il divario con gli Stati Uniti della metà e fornire un notevole impulso alla crescita. Inoltre l’Europa è ben posizionata in alcune importanti industrie strategiche, come il settore farmaceutico e le tecnologie verdi, e, per finire, presenta un alto livello di risparmi inutilizzati che potrebbero essere canalizzati in investimenti attraverso una riforma del mercato finanziario. Nonostante, infatti, la pressione sui dazi esercitata sull’Europa dal presidente americano Trump, gli investitori si stanno mostrando notevolmente più ottimisti sulle prospettive economiche dell’area euro.
I sondaggi che dimostrano un sentiment favorevole sono aumentati, i flussi di portafoglio (vale a dire di capitali investiti) si sono intensificati e l’euro si è improvvisamente rafforzato nei confronti del dollaro quest’anno. Goldman – nella ricerca firmata dagli analisti Giovanni Pierdomenico e Sven Jari Stehn – si spinge a dire di essere più fiduciosa nella crescita economica dell’Europa – con previsioni per i prossimi due o tre anni superiori al consenso internazionale – che in quelle degli Stati Uniti. “Dall’inizio dell’anno, abbiamo aumentato la nostra previsione di pil reale della zona euro per la fine del 2027 dell’1,2 per cento, mentre abbiamo ridotto la nostra previsione per gli Stati Uniti del 1,7 per cento durante questo periodo”. In sintesi, l’America continuerà sempre a crescere di più dell’Europa ma le distanze si potrebbero accorciare. Tutto questo, secondo lo studio, passa attraverso la capacità dei responsabili politici europei di sapere affrontare alcune sfide macroeconomiche come la perdita di competitività dell’area, negli ultimi tempi aggravata dai costi dell’energia, la concorrenza cinese, diventata diretta in molti beni di consumo, gi scarsi investimenti in sviluppo e tecnologie, dovuti soprattutto alla mancanza di capitale di rischio, l’eccesso di regolamentazione a carico delle imprese.
Di recente anche il Fondo monetario internazionale ha stimato che le barriere normative tra i paesi Ue agiscono come un dazio del 45 per cento sulle merci e un dazio del 110 per cento sui servizi, riducendo significativamente il commercio tra paesi dell’Unione rispetto all’integrazione a livello statale degli Stati Uniti. Infine, c’è il vento contrario demografico: il progressivo invecchiamento della popolazione che incide sul mercato del lavoro. Detto questo, trasformare fattori avversi nel “Momento dell’Europa” è possibile, secondo Goldman che conclude la sua analisi spiegando come si possa costruire un “un miglioramento duraturo” attraverso alcune riforme strutturali. Riforme che sono “politicamente difficili” ma in grado di consolidare le prospettive economiche dell’aree come il mercato unico dei capitali. L’Europa presenta un alto livello di risparmi inutilizzati che potrebbero essere canalizzati in investimenti. Ma i mercati dei capitali dell’Unione europea sono sottosviluppati e frammentati e questo comporta “un costo economico” in termini di crescita limitata nel lungo termine. Insomma, se non ora, quando?
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