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Trump e Putin in Alaska: incontro al vertice


Se al mondo esiste un luogo in cui Russia e Stati Uniti sono talmente vicini da toccarsi, mentre l’Europa risulta estremamente lontana, questo luogo è certamente l’Alaska. E proprio qui, stando agli annunci, il presidente americano Donald Trump incontrerà venerdì l’omologo russo Vladimir Putin per un vertice carico di attese per i possibili risvolti sulla guerra in Ucraina, innescata dall’invasione russa su vasta scala del febbraio 2022. La scelta dello Stato “Ultima frontiera”, come spesso viene definita tutt’oggi l’Alaska, ha un significato simbolico notevole e arriva dopo mesi di muro contro muro tra Washington e Mosca. Se da un lato, infatti, Trump sperava di spingere Putin a una tregua in Ucraina in tempi brevi, dopo essere tornato alla Casa Bianca a gennaio, gli scorsi mesi e settimane hanno invece assistito a una recrudescenza del conflitto. Nella sola giornata di domenica, 10 agosto, si sono verificati 112 scontri sul fronte orientale ucraino, secondo quanto riferisce lo Stato maggiore delle Forze armate di Kiev. I russi hanno effettuato 38 attacchi aerei, sganciando 66 bombe aeree guidate, ma anche 1.691 attacchi con droni kamikaze. Droni ucraini, invece, hanno colpito nella notte aree industriali nella regione russa di Nizhny Novgorod. Se da Mosca e Washington, però, filtra un cauto ottimismo in vista del vertice, il principale nodo da sciogliere riguarda l’inclusione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, auspicata anche da un’Europa costretta, suo malgrado, a guardare il tutto da notevole distanza.

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Scelta simbolica?

A livello ufficiale, non è ancora chiaro perché sia stata scelta proprio l’Alaska per il faccia a faccia Trump-Putin, né dove si terrà esattamente il vertice, il primo tra i due leader dal G20 di Osaka del 2019. Secondo il New York Times, la Casa Bianca non ha rivelato dettagli sul luogo o sulle ragioni della scelta, ma l’Alaska è lo stato USA più vicino alla Russia. Tanto che Yuri Ushakov, consigliere del Cremlino, ha definito come logico attraversare Stretto di Bering anziché sorvolare l’Europa ed eventualmente l’intero Atlantico per incontrarsi altrove. Nel 1867, la Russia cedette l’Alaska agli Stati Uniti per 7,2 milioni di dollari, ignorando quanto il territorio, considerato allora ostile e difficile da controllare, si sarebbe rivelato ricco di risorse naturali. Quello di Ferragosto sarà il primo incontro tra i presidenti di USA e Russia dal vertice tra Putin e l’allora presidente americano Joe Biden a Ginevra del 2021. Nello stesso anno, fu Anchorage – la più grande città dell’Alaska – a ospitare i colloqui tra l’amministrazione Biden e la Cina, primo incontro di alto livello dell’era Biden. L’ultimo viaggio noto di Putin negli USA risale invece al 2015, per l’Assemblea generale dell’ONU, sotto l’amministrazione di Barack Obama. Vale la pena ricordare che né USA né Russia aderiscono alla Corte penale internazionale, che nel 2023 ha emesso un mandato d’arresto contro Putin. Quali che siano i dettagli, l’impressione è che si tratti dell’ennesima iniziativa portata avanti sulla testa degli europei e, cosa più grave, probabilmente in assenza degli ucraini.

Zelensky al vertice, sì o no?

Nella giornata di domenica, c’è stata una levata di scudi da parte degli alleati europei a favore dell’Ucraina, insistendo sul fatto che qualsiasi colloquio di pace con la Russia debba includere Kiev. “Accogliamo con favore l’impegno del presidente Trump volto a porre fine alle uccisioni in Ucraina, a concludere la guerra di aggressione della Federazione Russa e a garantire una pace e una sicurezza giuste e durature per l’Ucraina”, si legge in una dichiarazione congiunta firmata dalla premier italiana Giorgia Meloni, dal presidente francese Emmanuel Macron, dal primo ministro britannico Keir Starmer, dal cancelliere tedesco Friedric Merz, dal premier polacco Donald Tusk e dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Leader e funzionari europei hanno avuto modo di esporre le loro perplessità al vicepresidente americano J.D. Vance, in visita nel Regno Unito durante il fine settimana. In un incontro organizzato in fretta e furia alla Chevening House nel Kent, nella campagna inglese, è stato ribadito che qualsiasi colloquio di pace deve essere preceduto da un cessate il fuoco e che l’Ucraina stessa deve essere attivamente coinvolta. Fonti dell’amministrazione Trump, tuttavia, hanno dichiarato alla CNN che la Casa Bianca non ha escluso del tutto la presenza di Zelensky, presumibilmente in un faccia a faccia successivo rispetto a quello con Putin.

Cedere territori?

Se i contorni del vertice sono ancora nebulosi, i contenuti lo sono ancora di più. Trump, dando notizia dell’imminente incontro con Putin, ha suggerito che un accordo di pace tra i due paesi potrebbe includere “alcuni scambi di territori”, segnalando che gli Stati Uniti spingere l’Ucraina a cedere definitivamente parte del suo territorio. “Alcune cose le riprenderemo, altre le scambieremo”, ha dichiarato l’inquilino della Casa Bianca. Zelensky, per parte sua, ha già precisato che l’Ucraina non “regalerà” terreno alla Russia nell’ambito di un accordo di cessate il fuoco. “La risposta alla questione territoriale ucraina è già contenuta nella Costituzione ucraina”, ha detto Zelensky in un post su Telegram. “Gli ucraini non regaleranno la loro terra all’occupante”, ha aggiunto. Il presidente americano, evidenzia l’Economist, aveva indicato l’8 agosto come il giorno della scelta per Putin: smettere di combattere o affrontare sanzioni. In realtà, nessuna delle sue condizioni si è verificata e il “penultimatum” di Trump è stato oscurato dall’annuncio del vertice in Alaska, il cui esito è ancora tutto da vedere. Permangono, intanto, dubbi sulle intenzioni di Putin e sull’efficacia di un processo di pace segnato da proposte confuse e pressioni interne all’amministrazione Trump. Sullo sfondo, un’Europa sempre più lontana, tanto diplomaticamente quanto geograficamente, dal processo decisionale.

Il commento

Di Mario Del Pero, ISPI e Sciences Po

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“Tante, troppe le incognite e le variabili di questo prossimo summit tra Trump e Putin per formulare ipotesi e previsioni. Di vittoria simbolica, per entrambi, però si tratta. Putin vede in teoria riconosciuta la sua richiesta di una gestione strettamente bipolare, russo-statunitense, della crisi ucraina. E con essa anche lo status di presunta grande potenza della Russia. Trump ostenta il suo ruolo di mediatore e leader indispensabile, cerca ancora una volta di capitalizzare su di esso, e mette sia gli europei che Zelensky in un angolo. Forzando i primi ad aumentare ancor di più la soglia del loro impegno a sostegno di Kiev e il secondo a recitare la parte mortificante di un supplicante che, a partire dall’accordo sullo sfruttamento delle risorse minerarie, è costretto a cedere a tutte le richieste americane”.



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