La discussione intorno a nuovi modelli orari si è intensificata in seguito ai profondi cambiamenti strutturali del lavoro, progressivamente accelerati dalla crisi pandemica e dall’avanzamento delle tecnologie digitali. Sempre più spesso si parla di settimana corta lavorativa come risposta concreta alle esigenze di flessibilità, benessere e sostenibilità individuale e collettiva. A livello internazionale, vari esperimenti – dal Regno Unito alla Spagna – hanno evidenziato risultati positivi su produttività, salute mentale e qualità della vita, stimolando ulteriormente il dibattito anche in Italia, dove la pressione sociale per una revisione dei vecchi schemi lavorativi è ormai evidente.
In questo scenario si consolidano due fronti: da un lato chi evidenzia i vantaggi di una maggiore conciliazione tra sfera personale e professionale, dall’altro chi pone l’accento sugli aspetti organizzativi, economici e sui possibili rischi di segmentazione tra settori produttivi diversi. Il 2025 si prospetta come un anno chiave, grazie a proposte legislative e a sperimentazioni in aziende e enti pubblici, che puntano a ridefinire il significato stesso di efficienza e benessere sul posto di lavoro.
Cos’è la settimana lavorativa di 4 giorni: definizione e modelli applicativi
La settimana lavorativa di 4 giorni è una modalità organizzativa che prevede la riduzione delle giornate lavorative settimanali – generalmente da cinque a quattro – senza variazione della retribuzione. L’obiettivo principale non è la semplice compressione dell’orario, ma una sua effettiva riduzione, in particolare per evitare fenomeni di burnout e promuovere un migliore equilibrio tra vita privata e lavoro.
Le modalità applicative includono diversi modelli:
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Riduzione oraria: passaggio, ad esempio, da 40 a 32 ore settimanali distribuite su quattro giorni, con mantenimento della stessa retribuzione (modello “vero” di settimana corta). -
Settimana compressa: stesso monte ore della settimana tradizionale, ma concentrate su quattro giornate di 9-10 ore ciascuna. -
Formule ibride: alternanza tra settimane più brevi e tradizionali, oppure soluzioni flessibili a discrezione del lavoratore o del team (ad es. “venerdì breve”).
Il denominatore comune è la centralità della persona e dei risultati: il focus si sposta dalla semplice presenza fisica all’effettivo raggiungimento degli obiettivi, secondo una logica sempre più diffusa nei modelli organizzativi contemporanei.
Normativamente, in Italia si discute su un quadro di regole che consentano ai datori di lavoro di modulare la settimana lavorativa sino a 32 ore, incentivando imprese e lavoratori attraverso specifici benefici contributivi e forme di sostegno all’adeguamento delle competenze.
La situazione in Italia: sperimentazioni e settore pubblico nel 2025
L’Italia si conferma terreno fertile per la sperimentazione di modelli di settimana corta lavorativa. Il dibattito nazionale ha preso slancio nel periodo post-pandemico, favorendo una maggiore apertura verso soluzioni flessibili sia nel settore privato che pubblico. Sull’onda delle esperienze straniere, il legislatore italiano sta valutando un disegno di legge che non impone obblighi generalizzati, ma lascia alle parti sociali la scelta e la disciplina degli accordi collettivi.
Il Fondo nuove competenze interviene come strumento di accompagnamento finanziario per le aziende che intraprendono il percorso di rimodulazione oraria, soprattutto per la formazione continua e la riqualificazione dei dipendenti coinvolti. Nello scenario 2025, si segnalano iniziative pilota in amministrazioni centrali, agenzie fiscali, enti previdenziali e alcuni comparti produttivi strategici.
Particolare attenzione viene riservata alla Pubblica Amministrazione dove il contratto delle Funzioni Centrali ha introdotto una sperimentazione volontaria su quattro giorni, mantenendo però invariato il monte ore settimanale. Rimangono però limiti strutturali in settori come sanità e servizi essenziali che richiedono presidio continuativo.
Aziende private: Luxottica, Lavazza, Intesa Sanpaolo e altri casi di successo
Alcuni dei casi più noti nel panorama italiano dimostrano come la settimana corta possa offrire vantaggi tangibili sia per le imprese che per i lavoratori. Luxottica ha avviato una sperimentazione che coinvolge oltre 600 lavoratori, prevedendo per 20 settimane all’anno una distribuzione su quattro giorni, dal lunedì al giovedì. Secondo il feedback interno, l’iniziativa ha portato a una netta crescita del soddisfacimento dei dipendenti e a una riduzione dell’assenteismo.
Nel settore industriale, Lamborghini ha adottato una formula flessibile con orari ridotti e possibilità di smart working, valorizzando la personalizzazione in base alle esigenze dei team. Intesa Sanpaolo, primaria banca italiana, ha esteso la settimana lavorativa breve a centinaia di filiali, affiancando l’orario ridotto a innovativi piani di smart working.
Non mancano sperimentazioni anche tra aziende di medie dimensioni e nel terziario, come Lavazza, che offre il “venerdì breve” e misure di welfare avanzato: permessi aggiuntivi per caregiver e bonus legati al raggiungimento degli obiettivi. Questi esempi sottolineano che, quando integrata con una buona strategia HR, la settimana lavorativa breve rappresenta una leva per attrarre talenti e migliorare la brand reputation.
Pubblica amministrazione e scuola: innovazione e limiti della settimana corta
Nella Pubblica Amministrazione italiana il tema della settimana lavorativa di 4 giorni è affrontato con attenzione alle specificità organizzative. Le novità introdotte dal Ccnl Funzioni Centrali prevedono la distribuzione delle 36 ore settimanali su quattro giorni, con giornate più lunghe (oltre 9 ore) e adesione volontaria. Tuttavia, permangono limiti sostanziali: l’opzione non è applicabile dove la continuità dei servizi pubblici è prioritaria, come in sanità, sportelli front-office e strutture scolastiche.
Nella scuola, la riduzione dei giorni presenza è valutata dagli organi dirigenti e può essere adottata solo se non compromette il servizio didattico. Mancano ancora indirizzi centralizzati, lasciando spazio a sperimentazioni locali. Il confronto sindacale si concentra sia sui vantaggi, soprattutto in termini di welfare e risparmio energetico, sia sulle criticità legate a carichi di lavoro maggiorati e possibili disuguaglianze tra categorie di personale.
Benefici della settimana corta: produttività, benessere, ambiente e attrattività
Le numerose indagini scientifiche confermano che la riduzione della settimana lavorativa può determinare significativi vantaggi su più livelli. Tra i benefici più citati e misurati:
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Produttività: Studi internazionali e rilevazioni come quelle dell’OECD attestano che, oltre un certo limite, un surplus di ore lavorate comporta cali di rendimento. Al contrario, una settimana breve, con orario ridotto, si associa spesso a maggiore concentrazione, minori errori, migliore organizzazione e risultati più rapidi.
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Benessere psicofisico: Evidenze raccolte in diversi Paesi certificano una diminuzione dello stress, dell’assenteismo e dei rischi connessi al burnout (Organizzazione Mondiale del Lavoro). In Italia e all’estero, il miglior controllo del tempo personale consente ai lavoratori di godere di un equilibrio più stabile tra vita privata e professionale. -
Salute: La possibilità di disporre di un giorno in più a settimana libera tempo per attività fisica, cura personale e riposo, apportando benefici tangibili in termini di salute pubblica. -
Attrattività del datore di lavoro: Le imprese che adottano modelli di settimana corta risultano più attrattive, secondo gli studi dell’AIDP e delle principali business school, favorendo la fidelizzazione dei dipendenti e la capacità di richiamare nuovi talenti. -
Impatto ambientale: Una giornata in meno di spostamenti riduce traffico, inquinamento e consumi energetici negli uffici, con effetti positivi sia per l’ambiente sia per i costi energetici delle aziende, specialmente in un’ottica di sostenibilità.
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Un ulteriore aspetto riguarda la maggiore inclusività, in particolare per figure come caregiver, genitori e lavoratori fragili, che traggono beneficio da orari più flessibili. Gli effetti positivi riscontrati in Paesi come Islanda, Nuova Zelanda e vari Stati europei rafforzano la solidità delle esperienze pilota attuate in Italia.
Svantaggi, criticità e rischi della settimana lavorativa breve
Non mancano punti critici che caratterizzano la settimana lavorativa breve:
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Settori incompatibili: Nelle attività che richiedono presidio continuo (sanità, trasporti, grande distribuzione), la riduzione dei giorni lavorativi implica necessità di turni aggiuntivi, con possibile incremento dei costi e impatto sulla qualità del servizio. -
Aumento del carico giornaliero: In mancanza di una effettiva riduzione delle ore totali, la concentrazione lavorativa su quattro giorni può risultare controproducente per alcune mansioni ad alta intensità, con rischio di aumento dello stress e diminuzione della performance. -
Disomogeneità di accesso: Dove la settimana breve si applica solo a specifici ruoli o funzioni, si acuisce il senso di disparità, generando potenziali fratture tra lavoratori all’interno della stessa organizzazione. -
Costi aggiuntivi: Per alcune imprese, soprattutto PMI, reggere l’eventuale bisogno di assumere personale aggiuntivo può essere un deterrente, specialmente in settori a margini ridotti. -
Resistenze culturali: L’adozione di un assetto lavorativo flessibile impone un cambiamento profondo che può incontrare riluttanza, sia tra dirigenti che tra lavoratori.
Secondo le ultime indagini, una parte dei lavoratori teme effetti negativi su retribuzioni e carriera, mentre i datori di lavoro sollevano dubbi sull’applicabilità a livello organizzativo e sui possibili rischi di perdita di competitività. Evidente la necessità di personalizzare l’approccio, superando l’idea di un modello unico valido per tutti.
La convenienza: a chi è davvero vantaggiosa la settimana lavorativa di 4 giorni?
La domanda chiave riguarda a chi conviene settimana corta lavorativa di 4 giorni. Dai dati empirici e dalla letteratura disponibile, emergono diversi fattori chiave:
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Lavoratori la cui produttività è misurabile per obiettivi e non per ore di presenza, come nel caso di ruoli digitali, professioni intellettuali e impieghi amministrativi. -
Imprese che puntano su innovazione organizzativa: la settimana corta favorisce la brand image, soprattutto tra i giovani talenti in cerca di work-life balance avanzato. -
Caregiver e genitori: la flessibilità oraria aiuta a conciliare le esigenze familiari e di cura, senza penalizzare la retribuzione. -
Pubbliche amministrazioni e aziende energivore: la riduzione delle giornate in ufficio permette risparmi significativi su consumi e costi fissi.
Viceversa, resta meno conveniente per attività a stretto contatto con il pubblico o che richiedono una presenza costante, dove la rimodulazione dei turni rischia di generare aggravi impraticabili o minore qualità nei servizi resi.
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