Così stanno cambiando gli equilibri tra le Big Tech e le mosse dei protagonisti con uno sguardo a quello che fa Trump. Il botta e risposta tra Sam Altman a Elon Musk, la posizione di Tim Cook
Una settimana fa lo scacco matto di Sam Altman a Elon Musk: la sua intelligenza ChatGpt ha battuto con un mortificante 4 a zero quella di Elon, Grok 4, nella finale del primo torneo di scacchi per modelli di intelligenza artificiale (AI). Musk ha minimizzato («questione di allenamento») tornando subito ad attaccare sul piano legale il nemico storico, coinvolgendo nella zuffa anche Apple che aveva appena riconquistato una certa tranquillità con l’annuncio, apprezzato da Donald Trump, di un investimento da 100 miliardi di dollari per trasferire negli Usa produzioni di iPhone e computer oggi basate in Asia.
Intanto ad alimentare venti di tempesta nella Silicon Valley c’è anche Perplexity, una start up con un modello AI di successo che ha offerto a Google 34,5 miliardi di dollari per il suo browser Chrome, pur essendo una società che fin qui ha raccolto dagli investitori appena un miliardo. La start up (vale 14 miliardi per gli analisti) sostiene di avere alle spalle vari gruppi finanziari pronti a finanziare tutto. Del resto Perplexity non è nuova a sortite clamorose: a gennaio aveva fatto un’offerta miliardaria per rilevare TikTok dopo che il Congresso aveva deliberato la sua messa al bando negli Usa.
Ma Trump, appena insediato, ha deciso (prima di molte scelte di stampo autoritario) di non applicare la legge in attesa di qualche accordo con la proprietà cinese della rete sociale. Sospensione già rinnovata tre volte: ora c’è un’ipotesi di acquisto della maggioranza di TikTok da parte di tre gruppi Usa (Oracle, Blackstone e Andreessen Horowitz), tutti guidati da amici personali del presidente. La cinese ByteDance resterebbe la prima azionista, ma con una quota di minoranza: partita in sospeso.
Grande agitazione sotto il cielo di Big Tech (anche per chi, come la Meta di Mark Zuckerberg, cerca di gestire i suoi problemi senza clamore): cosa sta accadendo? Sono diversi i fattori che scuotono il mondo digitale. Intanto il boom dell’AI che cambia rapporti di forza e ruoli, col vecchio browser che diventa preda ambita come porta per far arrivare a miliardi di utenti i modelli di intelligenza. Ma chi può mettere in vendita il suo programma di navigazione? Qui entra in gioco il secondo fattore: l’Antitrust che, silente per decenni, è tornato a mordere nell’era Biden, arrivando a ottenere la condanna di Google (gestione monopolistica del suo motore di ricerca collegato al browser Chrome), mentre anche Meta è sotto processo (acquistando Instagram e WhatsApp avrebbe creato, insieme a Facebook, un quasi monopolio delle reti sociali).
Meta e Google speravano che Trump, deciso a cancellare quanto fatto da Biden, avrebbe bloccato tutto: le genuflessioni a Mar-a-Lago servivano anche a questo. Invece The Donald ha lasciato che la magistratura tirasse dritto: Google è già stata condannata, ma il giudice non ha ancora stabilito la pena (ordine di vendere Android?). Il processo a Meta è finito, ma non è ancora arrivata la sentenza. L’impressione è che, anche se verrà imposto uno “spezzatino”, Google e Meta terranno duro: ricorso in Appello e fino alla Corte Suprema, ancora anni prima della decisione finale. La nuova centralità del business dell’AI è anche la causa della nuova disputa alimentata da Musk che accusa Apple di penalizzarlo favorendo Altman, visto che valorizza OpenAI, mentre le sue aziende, X e Grok, non figurano tra quelle consigliate agli utenti dall’app store di Apple. Concorrenza sleale, grida Musk che minaccia di fare causa. Pacata la replica del gruppo di Tim Cook: «Diamo consigli sulla base di parametri oggettivi, tra i quali conta molto la sicurezza»: un riferimento ai contenuti antisemiti e pornografici veicolati dalla rete e dall’AI di Musk.
Meno pacata la replica di Altman: «Se mi fai causa io te ne farò una per stabilire se e come hai alterato l’algoritmo di X per favorire le tue imprese e danneggiare i concorrenti». Tutte dispute nelle quali Trump gioca qualche ruolo: più o meno diretto, palese o occulto. Da Google e Meta che cercano di uscire dal suo mirino, a Sam Altman che, quando Musk era ancora il best buddy di Trump, è riuscito a far approvare dal presidente il piano per la creazione di giganteschi data center nel Golfo tagliando fuori Elon. La cui reazione rabbiosa segnò l’inizio della fine della sua alleanza con Trump.
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