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Come lo scenario attuale minaccia l’ecosistema e cosa serve per una svolta sostenibile

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Nel 2024, i sussidi erogati dai governi alla produzione di plastica vergine cioè prodotta per la prima volta a partire da materie prime fossili (principalmente petrolio, gas naturale o, in alcuni casi, carbone) non derivata dal riciclo di materiali plastici esistenti, hanno raggiunto la cifra di 80 miliardi di dollari. Se le politiche attuali dovessero restare invariate, questa cifra potrebbe raddoppiare entro il 2050, arrivando a 150 miliardi di dollari.


Il rapporto di Eunomia e Quaker United Nations Office (QUNO), sostenuto dalla Minderoo Foundation, evidenzia come tali sussidi, che riducono i costi di produzione delle plastiche fossili e scoraggiano il riciclaggio, rappresentino un doppio fardello per i contribuenti: finanziano l’inquinamento e spostano su di loro i costi ambientali e sanitari.

Crisi ambientale e sanitaria: un circolo vizioso

La plastica è una minaccia per l’ambiente e la salute umana. Milioni di tonnellate finiscono nei mari, distruggendo habitat, alterando ecosistemi e immettendo microplastiche nella catena alimentare. La produzione e la degradazione rilasciano gas serra che alimentano il cambiamento climatico. Le comunità più vulnerabili, esposte direttamente all’inquinamento e ai rifiuti, pagano il prezzo più alto.
Lo studio “The Lancet Countdown on Health and Plastics” calcola che solo tre sostanze legate alla plastica provocano costi sanitari per 1,5 trilioni di dollari, una cifra che sarebbe sufficiente a vaccinare ogni neonato nel mondo per 200 anni.

Uno scenario drammatico entro il 2050

Se non si interviene, la produzione di plastica, e con essa l’inquinamento, continuerà a crescere vertiginosamente. Secondo uno studio pubblicato su Science, la plastica “mismanaged”, ovvero gestita in modo inadeguato, potrebbe quasi raddoppiare entro il 2050. Un pacchetto di politiche ben calibrate (riciclo al 40 %, tetto alla produzione, investimenti nella gestione dei rifiuti, tassa sugli imballaggi) potrebbe ridurre l’inquinamento plastico del 90 % e tagliare le emissioni del settore del 33 %, equivalenti a togliere quasi 300 milioni di auto dalla strada per un anno.

Politiche ancora inadeguate e l’eco degli incentivi perversi

Nonostante l’urgenza, molte politiche restano in ritardo. Paesi come gli Stati Uniti continuano a sostenere l’industria petro-plastica con sussidi diretti, sconti energetici e agevolazioni fiscali, facendo della plastica un’ancora di salvezza per i combustibili fossili. L’ODI sottolinea come queste sovvenzioni mantengano la plastica economica e ostacolino la circolarità 

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Verso soluzioni reali: cosa serve adesso

Riformare i sussidi: spostare gli incentivi dai combustibili fossili e dalle plastiche vergini verso materiali riciclati e biodegradabili, senza danneggiare i consumatori (l’impatto sui prezzi sarebbe minimo)
Adottare politiche ad alto impatto: riciclo obbligatorio, limiti alla produzione, investimenti nella gestione dei rifiuti, tassazione. Queste misure possono quasi azzerare l’inquinamento plastico entro 2050
Promuovere un’economia circolare: supportare imballaggi riutilizzabili, materiali innovativi e processi di riciclo chimico. Secondo l’Ellen MacArthur Foundation, un’adozione estesa può ridurre del 25 % le emissioni, limitare l’inquinamento marino dell’80 % e creare centinaia di migliaia di posti di lavoro
Spingere per un trattato globale più consono: il Global Plastics Treaty deve includere la riduzione dei sussidi e misure specifiche per tutta la filiera della plastica, dall’estrazione all’incenerimento.



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