Nonostante l’età pensionabile sia elevata, l’Italia si colloca agli ultimi posti per durata della vita lavorativa. Con una media di 32,8 anni, il nostro Paese si piazza penultimo nella classifica stilata da Cna Area Studi e Ricerche all’interno del report Demografia, occupazione e previdenza – L’Italia nel contesto europeo. Peggio registra solo la Romania.
Il motivo principale di questa ridotta durata lavorativa è l’ingresso ritardato dei giovani nel mondo del lavoro.
La classifica
All’opposto della graduatoria, l’Olanda (43,8 anni) è la più “virtuosa”, seguita da Svezia (43 anni) e Danimarca (42,5 anni) che completano il podio. A fronte di una media di 37,2 anni di vita lavorativa nell’Europa a ventisette Paesi, la Germania arriva a 40 anni, la Francia a 37,2 anni (in perfetta media, quindi) e la Spagna un poco sotto, a 36,5 anni.
- Paesi Bassi – 43,8;
- Svezia – 43,0;
- Danimarca – 42,5;
- Estonia – 41,4;
- Irlanda – 40,4;
- Germania – 40,0;
- Finlandia – 39,8;
- Portogallo – 39,3;
- Malta – 39,0;
- Cipro – 39,0.
Nella parte bassa della classifica c’è appunto l’Italia, che non è il Paese peggiore solo grazie alla Romania. Poco più distanziati si collocano gli altri Stati, come Bulgaria, Grecia e Croazia.
- Romania – 32,7;
- Italia – 32,8;
- Bulgaria – 34,8;
- Grecia – 34,8;
- Croazia – 34,8;
- Belgio – 35,0;
- Polonia – 35,5;
- Lussemburgo – 35,6;
- Slovacchia – 36,0;
- Spagna – 36,5.
Solo le piccole imprese assumono i giovani
Secondo la Cna, questi dati evidenziano una criticità strutturale che non può più essere ignorata, dovuto al fatto che i giovani entrano nel mondo del lavoro troppo tardi.
Nel 2024 la quota in Italia di posti di lavoro occupati da persone di età compresa tra i 15 e i 24 anni è appena il 4,7% del totale e si è ridotta di due punti percentuali in venti anni. Ben differente è la situazione della Germania, dove, pur in diminuzione rispetto al 2005, la quota di lavoratori giovani rappresenta il 10,1% dell’intera occupazione. Lo stesso vale per la Francia dove il 9,1% degli occupati sono under 25, una quota in lieve aumento rispetto al 2005.
Come spiega il report:
il declino demografico è, a sua volta, il principale fattore di criticità socio-economico dell’Italia. Se da un lato, infatti, mina la sostenibilità finanziaria previdenziale; dall’altro rischia di disgregare il sistema produttivo sempre più in difficoltà per fenomeni quali il mismatch tra domanda e offerta di lavoro e la difficoltà di trasmettere competenze e saperi da una generazione all’altra.
A fronte di un’evidente crisi dell’occupazione giovanile, Cna individua nelle micro e piccole imprese la chiave per una possibile inversione di rotta. Queste costituiscono il segmento del sistema produttivo più orientato alla crescita professionale delle nuove generazioni, stando ai dati Istat. Infatti, nelle microimprese (meno di dieci addetti) il 22,4% dei dipendenti ha meno di 30 anni, una quota superiore di oltre dieci punti percentuali rispetto alle grandi imprese con più di 250 addetti, dove gli under 30 rappresentano appena il 12% della forza lavoro.
Le pensioni in Italia
La sostenibilità del sistema pensionistico italiano ha richiesto nel tempo numerose riforme, tutte volte a garantire l’equilibrio finanziario del sistema e ad adeguarlo ai cambiamenti demografici ed economici. Tra le principali modifiche si segnala il passaggio dal sistema retributivo, basato sulle ultime retribuzioni percepite, a quello contributivo, calcolato sui contributi effettivamente versati e rivalutati, e l’innalzamento progressivo dei requisiti anagrafici e contributivi per accedere alla pensione di vecchiaia.
I dati Eurostat evidenziano che tra il 2006 e il 2022 l’Italia è stata l’unica grande economia europea a ridurre il numero di pensioni erogate, stabilizzando al contempo la spesa pensionistica sul Pil, nonostante l’aumento della popolazione over 64. Tuttavia, la sostenibilità non dipende solo dall’età pensionabile, ma anche dall’occupazione e dalla durata della vita lavorativa, ambiti in cui l’Italia resta critica, con il tasso di occupazione più basso d’Europa, lontano dai livelli delle principali economie continentali.
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