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Digitalizzazione nelle imprese italiane – AziendaTop


La digitalizzazione coinvolge la maggioranza delle piccole e medie imprese, stravolgendo il vecchio paradigma e velocizzando sulla trasformazione tecnologica. È l’ISTAT a lanciare l’allarme: «Oltre il 70% delle PMI italiane adotta almeno una tecnologia digitale – rivela nell’ultimo rapporto l’ISTAT – e ciò non significa che siano davvero pronte per il futuro». E secondo il Future of Jobs Report del World Economic Forum «entro il 2030, il 39% delle competenze attuali dei lavoratori sarà soggetto a trasformazioni. Nel 2023 si stimava un impatto ancora più alto: il 44%. Ma trasformarsi davvero richiede più di una piattaforma o di un CRM: serve una cultura capace di connettere tecnologia, pensiero critico e relazioni umane». Flowerista, ecosistema fondato da Sara Malaguti per aiutare le organizzazioni a dare senso al cambiamento, cerca di dare risposte adeguate alle PMI con ricerca, formazione e creatività.

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Con Sara Malaguti approfondiamo l’argomento della digitalizzazione delle imprese.

Come aiutate le imprese a innovare con strumenti digitali?

«Flowerista è un Innovation Hub che accompagna imprese e organizzazioni in percorsi di crescita sostenibile, culturale e strategica. Lavoriamo sull’adozione consapevole dell’intelligenza artificiale come leva per ridisegnare non solo i processi, ma le dinamiche relazionali e decisionali nelle organizzazioni. Nel concreto, aiutiamo le aziende a innovare dall’interno attraverso un ripensamento di strumenti, modelli organizzativi, flussi decisionali e ruolo delle persone per creare valore. Il nostro approccio all’AI adoption è sartoriale, concreto e trasformativo. Utilizziamo serious game, laboratori immersivi e strategie di change management per generare un impatto reale e misurabile. Per noi, l’innovazione è un processo sistemico e culturale, non solo tecnologico».

Che formazione adottate per i dipendenti delle imprese?

«Non crediamo nella formazione “a catalogo”: ogni intervento viene progettato insieme all’azienda, a partire da obiettivi chiari, metriche di impatto e un’attenzione costante al fattore umano. Progettiamo percorsi formativi su misura per team che devono affrontare scenari in rapida evoluzione, con una doppia attenzione: da un lato, le competenze digitali e strategiche per dialogare in modo etico e consapevole con l’AI generativa, con un focus sulla governance; dall’altro, le competenze umane e cognitive indispensabili in ogni contesto: pensiero critico, pensiero laterale, leadership situazionale, ascolto attivo. Inoltre accompagniamo gli HR manager nel costruire una vera cultura dell’apprendimento continuo, attraverso framework ibridi capaci di combinare l’intelligenza collettiva con quella artificiale in ottica di innovazione continua».

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Quale sarà il ruolo dell’intelligenza artificiale nel futuro?

«L’intelligenza artificiale non sarà solo un tool in più: sta ridefinendo i confini del lavoro cognitivo, delle competenze e dei ruoli organizzativi. Il punto non è “cosa farà l’AI al posto nostro”, ma come cambierà il sistema in cui le persone lavorano, prendono decisioni e creano valore. E quindi: come cambierà la leadership? Come si configureranno le nuove responsabilità? Quale cultura servirà per restare rilevanti sul mercato? Noi vediamo l’AI come una tecnologia sistemica, che richiede accompagnamento al cambiamento, sviluppo di policy etiche e soprattutto nuovi modelli organizzativi. Le imprese che sapranno integrare l’AI con intelligenza emotiva e progettuale saranno quelle che guideranno la trasformazione, anziché subirla».

In che modo può essere utile conoscere e studiare una nuova cultura del lavoro?

«Senza una nuova cultura del lavoro, ogni innovazione tecnologica rischia di fallire. L’introduzione dell’AI sta già mettendo in discussione: le strutture gerarchiche rigide; l’idea di ruolo come identità fissa; l’autorità fondata sull’esperienza e non sulla capacità di attivare connessioni. Conoscere e studiare questi cambiamenti è fondamentale per costruire le imprese del futuro, più fluide, modulari e adattive, in cui la tecnologia supporta, ma non sostituisce, la responsabilità umana».

Francesco Fravolini



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