TRENTO. “Il personale è stremato, il clima è teso, la gestione è al limite”. La situazione che si sta vivendo al Carcere di Trento è diventata una “bomba sociale”. Non usa mezzi termini la consigliera provinciale di Casa Autonomia, Paola Demagri, che nelle scorse ore, insieme al Garante dei detenuti Giovanni Maria Pavarin e alla sua collaboratrice Federica Rottaris, ha effettuato una visita ispettiva congiunta alla struttura. L’obiettivo era duplice: monitorare la situazione del personale sanitario e verificare le condizioni del reparto cucina. Ma ciò che è emerso va ben oltre.
I NUMERI
Nella casa circondariale di Trento si continua a registrare un drammatico sovraffollamento e anche un livello di sotto-organico non più sostenibile. I numeri parlano chiaro. L’accordo tra Provincia e Governo prevede una capienza di 240 detenuti. Oggi ce ne sono 370: 331 uomini e 39 donne.
Di questi: 114 sono “protetti”, 4 in regime di semilibertà, 14 rientrano nell’articolo 21, 190 sono extracomunitari, 86 sono in custodia cautelare, 10 sono in carico alla Rems di Pergine Valsugana.
A fronte di questo sovraffollamento, la polizia penitenziaria è drammaticamente sotto organico: 160 agenti in servizio contro i 199 previsti dalla pianta organica.
SITUAZIONE SANITARIA
La sanità all’interno del carcere è in affanno. “Il personale sanitario medico è composto in gran parte da gettonisti, con un forte sottodimensionamento degli infermieri”, ha spiegato la consigliera Demagri.
“Il carcere non è considerato un ambiente appetibile dall’Azienda Sanitaria: chi ci lavora vuole andarsene, chi potrebbe entrare non lo fa. Le difficoltà sono accentuate dal fatto che la visione clinica dei sanitari spesso si scontra con quella ambientale degli agenti, generando tensioni e ostacolando la gestione dei detenuti”, viene spiegato a seguito della visita.
Ci sono poi criticità anche sul fronte alimentare. “I detenuti – spiega Demagri – lamentano porzioni ridotte e distribuzioni non eque. Questo genera malcontento e rischia di esasperare ulteriormente un clima già fragile. Durante la visita abbiamo analizzato l’intero processo di preparazione dei pasti e individuato criticità che saranno affrontate nelle sedi competenti. È stato segnalato l’uso di alcolici e sostanze stupefacenti che non provengono dall’interno del carcere, ma che comunque circolano.”
Inoltre, la struttura – che fa capo al Provveditorato del Triveneto – accoglie detenuti da regioni limitrofe, generando un flusso continuo di ingressi e transiti che aggrava il carico di lavoro e destabilizza la comunità interna.
“Serve una svolta politica”, continua Demagri al termine della visita al carcere con il garante Pavarin. “Chiediamo con forza al Presidente Fugatti di tornare a battere i pugni sul tavolo del Ministero della Giustizia. Servono: più agenti, più risorse per i progetti di reinserimento e un Provveditorato autonomo per il Trentino. Serve una presa di coscienza politica che non si limiti a visite simboliche, ma si traduca in atti concreti. Se davvero vogliamo offrire ai detenuti una possibilità di riscatto, dobbiamo partire da qui: dal riconoscere che anche chi ha sbagliato ha diritto a un futuro che si ricostruisce partendo dal carcere.”
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