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Così sta cambiando la presenza delle donne nelle imprese umbre


In Umbria diminuisce il numero delle imprese al femminile, ma queste risultano più robuste e autonome, e con una maggiore propensione all’occupazione di donne. Aspetto, quest’ultimo, evidenziato in particolare dalle crescita delle donne dipendenti non familiari. La Camera di commercio dell’Umbria, che ha analizzato le dinamiche nella regione nell’ultimo decennio.

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Il commento del presidente Mencaroni Spiega Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio dell’Umbria: “I dati dimostrano che l’imprenditoria femminile umbra, pur riducendosi numericamente, ha saputo crescere in qualità, struttura e occupazione. È un segnale di maturità che dobbiamo valorizzare: le imprese guidate da donne sono oggi più solide, meno legate al nucleo familiare e più aperte a competenze esterne, capaci quindi di affrontare le sfide del mercato globale. Tuttavia, restano barriere che non possiamo ignorare: l’accesso al credito, la burocrazia e la difficoltà di consolidare le attività nel tempo. Per questo la Camera di Commercio dell’Umbria continuerà a sostenere percorsi di formazione, digitalizzazione e certificazione di parità, strumenti essenziali per rendere l’impresa femminile un pilastro sempre più forte del nostro sviluppo economico e sociale. La crescita dell’Umbria passa anche dalla crescita delle sue imprenditrici”.

Meno imprese ma più robuste Il decennio 2015-2025 ridisegna la geografia delle imprese femminili in Umbria. Se da un lato il numero complessivo cala – da 20.789 a 19.633, pari a -5,6% – dall’altro la solidità delle aziende “rosa” cresce. Gli addetti crescono da 49.594 a 52.563, con un incremento del 6% che segnala un percorso di consolidamento. Aumenta soprattutto la dimensione media: 2,68 addetti contro i 2,39 del 2015, +12,1%, un progresso ben superiore alla media nazionale (+8,7%).

È un segnale importante: le imprese femminili umbre restano più piccole delle maschili (4,14 addetti medi), ma accorciano le distanze. E soprattutto smettono di poggiare quasi esclusivamente sulla famiglia, aprendo a nuove forme di occupazione.

Un cambio culturale evidente Dentro questi numeri si legge un cambiamento di prospettiva. In dieci anni gli addetti familiari si riducono del 15,7% (da 20.670 a 17.416), mentre crescono con forza gli addetti non familiari (+17,7%, da 28.924 a 35.147). Significa che sempre più imprenditrici scelgono di affidarsi a competenze esterne, assumendo dipendenti veri e propri. Una tendenza che, in proporzione, è quasi doppia rispetto a quella delle imprese maschili (+9,5%).

Il risultato è chiaro: meno attività a stretta conduzione familiare, più imprese professionalizzate. È un salto di qualità che cambia la natura del tessuto produttivo “rosa”, rendendolo più competitivo e pronto ad affrontare sfide complesse.

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La sfida della sopravvivenza Resta però un punto debole: la durata delle imprese femminili. I dati Unioncamere mostrano che a 5 anni dalla nascita sopravvive il 72,3% delle aziende “rosa”, contro il 77,3% di quelle maschili; oltre i 5 anni la distanza si allarga, 67,5% contro 73,1%. Un segnale che richiama l’urgenza di strumenti di accompagnamento più forti, per aiutare le imprese femminili a consolidarsi nel tempo.

Eppure, nonostante le difficoltà, le imprese femminili continuano a rappresentare un quarto del tessuto imprenditoriale umbro, con un peso leggermente sceso, in Umbria, dal 25,7% al 25,3%. Un dato che non toglie rilevanza al loro ruolo, sempre più centrale nelle dinamiche economiche locali.

Il nodo del credito Altro fronte cruciale è quello del finanziamento. Solo poco più di un terzo delle imprese femminili ricorre a prestiti bancari, una quota simile a quella maschile. Ma le modalità di avvio mostrano una forte differenza culturale: tre imprenditrici su quattro iniziano con capitali personali o familiari, mentre solo una su quattro utilizza prestiti bancari (26,9% contro il 22,4% degli uomini).

L’uso di strumenti innovativi come business angels, venture capital o crowdfunding è marginale: meno dell’1%. Una scelta che garantisce autonomia finanziaria, ma che limita la possibilità di scalare i mercati. È qui che si gioca una partita decisiva per il futuro: aprirsi a fonti di capitale diversificate è ormai condizione indispensabile per crescere in un contesto competitivo globale.

Burocrazia e incentivi Alle difficoltà di accesso al credito si sommano quelle legate agli incentivi pubblici. Oltre la metà delle imprese segnala ostacoli burocratici. Una imprenditrice su tre lamenta la complessità delle pratiche, mentre più di una su dieci sottolinea le attese troppo lunghe per ricevere concretamente i fondi.

Questa rigidità amministrativa rischia di vanificare l’impatto delle politiche pubbliche, soprattutto per le realtà più piccole, che non hanno uffici dedicati a seguire pratiche e scadenze. In molti casi, la burocrazia diventa un ostacolo alla competitività, più che uno strumento di sostegno.

Certificazione di parità in crescita, ma con ampi margini di miglioramento Un segnale incoraggiante arriva dalla certificazione della parità di genere, introdotta dal PNRR e gestita da Unioncamere. A livello nazionale le imprese certificate sono passate dalle poche decine del 2022 alle 7.960 del 2025. Un progresso significativo, ma che riguarda ancora una quota molto limitata del tessuto produttivo italiano.

Considerato che in Italia le imprese femminili attive sono oltre 1,3 milioni, la certificazione oggi interessa solo una minoranza e lascia dunque ampi margini di crescita. Rafforzare questo strumento non significa solo ridurre il gender gap, ma anche rendere più trasparenti i processi interni, aumentare la reputazione e migliorare la competitività delle aziende, creando un ambiente più attrattivo per talenti e investimenti.

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Il ruolo del comitato per l’imprenditoria femminile Fondamentale, in questo scenario, il contributo del Comitato per l’imprenditoria femminile (CIF) della Camera di Commercio dell’Umbria. Presieduto da Dalia Sciamannini e coordinato sul piano dirigenziale dal vice segretario generale Giuliana Piandoro, il CIF promuove la cultura d’impresa, organizza attività di formazione, mentoring e networking, e offre strumenti per affrontare i nodi più critici, dal credito alla digitalizzazione.

Un lavoro costante che trasforma i numeri in occasioni concrete di crescita e accompagna le donne imprenditrici verso percorsi di maggiore autonomia e stabilità.





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