In due anni e mezzo, tra dicembre 2022 e giugno 2025, il credito concesso dalle banche italiane a imprese e famiglie si è ridotto di oltre 53 miliardi di euro, passando da 1.327,6 miliardi a 1.274,1 miliardi, con una flessione pari al 4,03%. È quanto emerge da un’analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo cui il calo è trainato in particolare dalla frenata dei finanziamenti a lungo termine per le aziende e dal crollo dei prestiti personali alle famiglie.
Il comparto delle imprese ha perso complessivamente 47,9 miliardi di euro rispetto a dicembre 2022, registrando una contrazione del 7,40%, da 647,0 miliardi a 599,2 miliardi. Il dato più preoccupante riguarda i prestiti oltre i 5 anni, scesi da 347,1 miliardi a 287,0 miliardi (–17,32%), segno evidente di una forte riduzione degli investimenti produttivi strutturati su orizzonti temporali lunghi.
Crescono invece i finanziamenti tra 1 e 5 anni, saliti da 154,5 miliardi a 168,3 miliardi (+8,90%), mentre quelli a breve termine aumentano moderatamente da 145,4 miliardi a 151,2 miliardi (+3,96%), confermando una ricomposizione della domanda di credito aziendale verso formule più agili e meno esposte al rischio tasso. Per quanto riguarda le famiglie, il credito complessivo si è attestato a 675,0 miliardi a giugno 2025, in calo di 5,6 miliardi rispetto ai 680,6 miliardi del 2022 (–0,83%).
In questo ambito, si osservano tendenze opposte tra le diverse componenti. Il credito al consumo è cresciuto da 114,9 miliardi a 128,8 miliardi, con un incremento di 13,9 miliardipari a +12,13%, sostenuto anche dalla diffusione delle rateizzazioni digitali e dalla resilienza della domanda interna. I mutui per l’acquisto di abitazioni sono saliti da 427,0 miliardi a 432,8 miliardi, segnando una lieve crescita di 5,8 miliardi (+1,36%) nel periodo.
In deciso calo, invece, i prestiti personali, passati da 138,8 miliardi a 113,4 miliardi, con una riduzione di 25,4 miliardi pari a –18,29%, a conferma di una maggiore prudenza da parte delle famiglie nel ricorrere a forme di indebitamento non finalizzato.
«Dal 2022 al 2024 il sistema bancario italiano ha incassato profitti straordinari, mai visti nella storia recente, grazie agli effetti della politica monetaria restrittiva, che ha fatto lievitare il margine di interesse. Parliamo di utili netti per oltre 112 miliardi di euro in tre anni, concentrati soprattutto nei grandi gruppi, che hanno beneficiato dell’aumento dei tassi senza condividerne i vantaggi con l’economia reale. È un paradosso evidente: mentre le banche facevano cassa, le imprese – soprattutto piccole e medie – vedevano restringersi il credito, e le famiglie si trovavano di fronte a condizioni sempre più rigide per ottenere un prestito» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora. «Non si tratta solo di una questione tecnica, ma di una responsabilità economica e sociale. Le banche hanno dimenticato il loro mestiere: raccogliere risparmio e trasformarlo in credito per lo sviluppo del Paese. Il credito a lungo termine, quello che serve per investire e crescere, si è contratto in maniera preoccupante. Le famiglie hanno dovuto ridurre l’indebitamento non finalizzato, e solo il credito al consumo è rimasto attivo, spesso a condizioni penalizzanti. In questo scenario, preoccupa profondamente l’orientamento che sembra emergere da alcuni ambienti governativi, volto a ridurre la portata degli strumenti pubblici di garanzia come il Fondo centrale. Sarebbe un errore gravissimo. Serve esattamente il contrario: potenziare le garanzie pubbliche per rendere più facile e meno rischiosa per le banche l’erogazione del credito alle imprese e alle famiglie. In un momento in cui il sistema produttivo sta cercando di ripartire, togliere benzina al motore sarebbe un atto di miopia istituzionale» conclude il vicepresidente di Unimpresa.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, che ha elaborato i dati della Banca d’Italia, a giugno 2025 i prestiti bancari complessivi si sono attestati a 1.274,1 miliardi di euro, in lieve calo rispetto ai 1.275,6 miliardi di giugno 2024 (–1,45 miliardi, pari a –0,11%). Anche su base annua, quindi, si conferma la dinamica di rallentamento del credito, più marcata sul lato delle imprese (–12 miliardi, –1,96%) che su quello delle famiglie (+10,5 miliardi, +1,59%). All’interno del comparto produttivo, la riduzione più significativa riguarda ancora una volta i prestiti oltre i 5 anni (–22,6 miliardi, –7,31%), mentre risultano in crescita le erogazioni di medio periodo (+11,2 miliardi, +7,15%) e anche quelle di breve termine (+7,9 miliardi, +5,54%). Per le famiglie, l’espansione riguarda soprattutto il credito al consumo (+5,2 miliardi, +4,18%) e i mutui (+11,1 miliardi, +2,64%), mentre continua la contrazione dei prestiti personali (–5,7 miliardi, –4,82%).
Il quadro che emerge è quello di un credito bancario in trasformazione, più selettivo e polarizzato. Da un lato le imprese preferiscono formule flessibili e a scadenze più brevi, dall’altro le famiglie proseguono nel sostenere i consumi attraverso il credito finalizzato, ma riducono l’indebitamento generalista. La contrazione dei finanziamenti di lungo termine – quasi 60 miliardi di euro in meno in tre anni – rappresenta una criticità da affrontare con decisione, perché impatta direttamente sulla capacità del sistema produttivo di programmare investimenti strutturali. In questo contesto, il ruolo delle banche centrali e delle politiche di sostegno pubblico sarà determinante per rianimare un mercato del credito che, pur non in crisi, mostra segni evidenti di affaticamento strutturale.
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