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Entro fine anno servono 11 milioni di euro per salvare la cantina Terre d’Oltrepo


Undici milioni di euro da trovare entro la fine dell’anno per coprire debiti aziendali (tra cui finanziamenti e fornitori). La cifra compare nella relazione che gli ispettori del ministero delle Imprese e del Made in Italy hanno redatto al termine dell’ispezione a Terre d’Oltrepo, conclusa lo scorso 31 luglio con la proposta di «liquidazione coatta amministrativa» della coop.

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Sempre nella relazione, gli ispettori indicano la riduzione dei conferimenti delle uve, dovuta alla mancanza di fiducia dei soci, che hanno portato l’uva da altre parti, e al drastico calo della produzione per la peronospora, tra le cause che «hanno reso non più praticabile l’ordinaria conduzione aziendale» della Cantina. Sulla base del modello economico attuale, infatti, i 160mila quintali di uva conferiti nel 2024 non sono stati sufficienti a garantire la sostenibilità della Cantina perché i costi fissi annuali (14,4 milioni di euro) «non vengono coperti» e «il margine lordo è negativo». La soglia tecnica minima per garantire la sostenibilità è fissata a 250mila quintali, mentre un equilibrio minimo si raggiungerebbe se in Cantina arrivassero 280mila quintali di uve, che consentirebbero di ritornare ai soci un pagamento di almeno 50 euro al quintale. Secondo il ministero, inoltre, ci sarebbe un fabbisogno residuo di 10,9 milioni di euro da coprire entro dicembre 2025 per le spese strutturali dell’azienda.

«In assenza di interventi esterni, di natura pubblica o privata, che possano determinare un riequilibrio strutturale dei conferimenti, una ricapitalizzazione diretta o indiretta, o l’apertura di un nuovo orizzonte strategico condiviso con la base sociale, la cooperativa si troverà inevitabilmente nell’impossibilità di garantire la continuità aziendale – scrivono gli ispettori nella loro relazione –. Tale interruzione non deriva da cattiva gestione, inefficienze interne o dissesti imputabili all’attuale governance, quanto piuttosto da una sequenza di eventi esogeni, di natura climatica, finanziaria e relazionale, che hanno compromesso l’equilibrio tra costi strutturali e volumi disponibili. La riduzione significativa dei conferimenti, la rigidità dei costi fissi industriali, la tensione sul capitale circolante e la perdita della fiducia da parte di alcuni attori bancari hanno reso non più praticabile l’ordinaria conduzione aziendale».

Anche la situazione finanziaria preoccupa gli ispettori, visto che il bilancio d’esercizio 2024 ha chiuso con un patrimonio netto di oltre 37 milioni di euro, un totale crediti di 9.931.000 euro e debiti per 33.157.000 euro.

È tutto questo insieme di fattori che ha spinto gli ispettori a proporre la «liquidazione coatta amministrativa» della cooperativa e la nomina di un commissario. Una tesi che è stata contrastata dall’ex amministratore delegato, Umberto Callegari, in base ad una serie di valutazioni tecniche «che evidenziano concrete possibilità di risanamento». Per questo motivo l’amministrazione precedente aveva avviato con la Camera di commercio la procedura di composizione negoziata della crisi, che consente alle imprese in difficoltà di evitare il fallimento, grazie alla presenza di un esperto indipendente che affianca l’azienda nelle trattative con i creditori. —

Oliviero Maggi

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