Crescono addetti e strutturazione, restano ostacoli su credito e burocrazia
Il panorama dell’imprenditoria femminile in Umbria, analizzato sul decennio 2015-2025, evidenzia una contrazione numerica accompagnata però da un deciso rafforzamento strutturale. Le aziende guidate da donne passano infatti da 20.789 a 19.633, con una diminuzione del 5,6%, ma nello stesso periodo aumenta il numero di addetti, che cresce del 6% da 49.594 a 52.563. La dimensione media delle imprese femminili sale così da 2,39 a 2,68 addetti, con un progresso del 12,1%, superiore alla media nazionale (+8,7%).
I dati diffusi da Unioncamere e dalla Camera di Commercio dell’Umbria delineano dunque un tessuto meno esteso ma più maturo, capace di generare occupazione e di aprirsi a competenze esterne. L’Umbria rimane al di sotto della media maschile per dimensione (4,14 addetti per azienda), ma la distanza si accorcia e il sistema produttivo femminile mostra segnali di consolidamento.
Uno degli elementi più rilevanti è il calo degli addetti familiari, passati in dieci anni da 20.670 a 17.416 (-15,7%), accompagnato dal forte incremento degli addetti non familiari, che salgono da 28.924 a 35.147 (+17,7%). Una trasformazione che segna la riduzione delle imprese a stretta conduzione domestica e l’emergere di realtà più professionalizzate, una crescita quasi doppia rispetto a quella registrata dalle imprese maschili nello stesso periodo (+9,5%).
Accanto a questi segnali positivi, resta la fragilità della durata media. A cinque anni dalla nascita sopravvive il 72,3% delle imprese femminili umbre, contro il 77,3% di quelle maschili; oltre la soglia dei cinque anni la forbice si allarga al 67,5% contro 73,1%. Una differenza che sottolinea la necessità di strumenti di supporto mirati per rafforzare la resilienza delle aziende guidate da donne.
Il peso dell’imprenditoria femminile nel sistema regionale rimane comunque significativo, con un quarto delle imprese attive, pari al 25,3% del totale, in lieve flessione rispetto al 25,7% registrato dieci anni fa.
Le criticità più forti emergono sul fronte dell’accesso al credito. Solo un terzo circa delle imprese femminili ricorre a finanziamenti bancari, mentre tre imprenditrici su quattro avviano la propria attività con risorse personali o familiari. L’utilizzo di strumenti finanziari innovativi, come venture capital, business angels o crowdfunding, resta marginale, sotto l’1%. Questa scelta riduce l’indebitamento ma limita le potenzialità di crescita e la capacità di scalare i mercati.
Anche la burocrazia si conferma un ostacolo rilevante. Più della metà delle imprenditrici segnala difficoltà nell’ottenere incentivi pubblici: un terzo indica la complessità delle pratiche, mentre oltre il 10% lamenta tempi troppo lunghi per l’effettiva erogazione dei fondi. Una rigidità che rischia di ridurre l’efficacia delle politiche di sostegno, soprattutto per le aziende più piccole, prive di personale dedicato alla gestione amministrativa.
Un capitolo importante riguarda la certificazione della parità di genere, introdotta dal PNRR e gestita da Unioncamere. A livello nazionale le imprese certificate sono passate da poche decine nel 2022 a 7.960 nel 2025, un incremento significativo ma che interessa ancora una quota minima del tessuto imprenditoriale italiano, composto da oltre 1,3 milioni di imprese femminili. Rafforzare questo strumento appare decisivo non solo per ridurre il divario di genere, ma anche per rendere più trasparenti i processi interni, aumentare la competitività e accrescere la reputazione delle aziende.
In Umbria un ruolo centrale è svolto dal Comitato per l’imprenditoria femminile della Camera di Commercio, guidato da Dalia Sciamannini e coordinato sul piano dirigenziale da Giuliana Piandoro. Il Comitato promuove iniziative di mentoring, networking e formazione, accompagnando le imprenditrici nei percorsi di digitalizzazione, nell’accesso al credito e nella crescita delle competenze.
Il presidente della Camera di Commercio dell’Umbria, Giorgio Mencaroni, sottolinea come i dati riflettano un sistema imprenditoriale femminile che, pur riducendosi in termini numerici, si rafforza sul piano qualitativo, occupazionale e organizzativo. Le imprese guidate da donne risultano oggi più solide, meno legate esclusivamente al nucleo familiare e più orientate a competenze esterne, ma restano penalizzate da difficoltà di accesso al credito, complessità burocratiche e fragilità nel consolidamento di lungo periodo.
L’Umbria si trova dunque di fronte a un sistema in transizione: meno imprese, ma più robuste e strutturate; ancora frenate da barriere finanziarie e amministrative, ma al tempo stesso sempre più capaci di sostenere l’occupazione e di rispondere alle sfide del mercato globale.
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