Con l’avvicinarsi della Cop30, il dibattito sul clima ha trovato casa nel cuore verde del Brasile. Per tre intense giornate, industria, diplomazia e società civile hanno intrecciato visioni e responsabilità, consapevoli che la finestra per agire si restringe rapidamente e che ogni decisione presa oggi plasmerà il futuro prossimo delle comunità di tutto il pianeta.
La voce dell’Amazzonia alla vigilia della Cop30
Nella miniera di Carajás, nello Stato del Pará, dove il gruppo minerario Vale opera da quarant’anni, si è costruito un vero laboratorio di idee. L’incontro è stato organizzato congiuntamente da Cebri – il Centro brasiliano di relazioni internazionali – e dalla fondazione australiana The Global Foundation. Oltre a rappresentanti di governi, imprese e comunità scientifiche, erano presenti attivisti e leader indigeni, riuniti per un confronto serrato che ha mescolato competenze tecniche, esigenze territoriali e visioni globali. La foresta, in sottofondo, ricordava a tutti la posta in gioco.
Il contesto amazzonico ha dato concretezza alle parole: non un semplice convegno, ma un’immersione nella regione dove le ferite dei cambiamenti climatici sono visibili e le soluzioni si costruiscono giorno per giorno. Le discussioni si sono concentrate su cinque assi portanti: governance del clima, decarbonizzazione industriale, ruolo del settore privato, salvaguardia delle foreste e meccanismi di finanziamento. Ogni tavolo di lavoro ha indicato priorità, ostacoli e opportunità, delineando un’agenda che confluirà direttamente nei negoziati ufficiali di Cop30.
Governance globale e transizione equa
Al centro dei panel dedicati alla governance è intervenuto l’ambasciatore André Corrêa do Lago, consigliere del Cebri e presidente designato della Cop30. Il diplomatico ha ribadito che i negoziati non potranno limitarsi alla riduzione di emissioni su carta: occorre un sistema multilaterale in grado di far dialogare interessi nazionali, impegni economici e diritti delle popolazioni. Il tempo dei proclami è finito, ha insistito, e la credibilità si giocherà sulla capacità di attuare misure verificabili.
Sulla stessa linea, José Pio Borges, intervenuto per conto del Cebri, ha sottolineato che la transizione climatica dipende dall’integrazione tra conoscenze scientifiche e politiche pubbliche locali e internazionali. Secondo Borges, il Brasile possiede gli asset per guidare la trasformazione: biodiversità, know-how energetico e un peso diplomatico in crescita. «Siamo di fronte a un passaggio storico», ha dichiarato, ricordando che la conferenza rappresenta un’occasione irripetibile per consolidare il ruolo del Paese nella governance climatica mondiale.
Impegno industriale e innovazione
Il contributo del settore privato è stato rivendicato con forza dal nuovo amministratore delegato di Vale, Gustavo Pimenta. Davanti a una platea di investitori e ricercatori, Pimenta ha richiamato la necessità di «un’azione coordinata, coraggio politico e responsabilità imprenditoriale», puntualizzando che l’azienda intende fungere da catalizzatore tra pubblico e privato. L’obiettivo immediato, ha spiegato, è accelerare la ricerca su tecnologie che riducano le emissioni lungo l’intera catena del valore.
Gli esempi concreti non sono mancati: dai progetti di elettrificazione dei trasporti interni alla sostituzione di combustibili tradizionali con fonti rinnovabili, fino ai programmi di riforestazione nelle aree circostanti ai siti estrattivi. Vale ha inoltre annunciato una linea di finanziamento dedicata alle start-up impegnate nella decarbonizzazione dell’industria pesante. «Non possiamo aspettare direttive esterne – ha concluso Pimenta –. Serve costruire ora gli strumenti che ci permetteranno di raggiungere gli impegni assunti a livello internazionale».
Oltre il 2025, un ponte verso la Cop31
Guardando oltre la conferenza che si terrà in Brasile, il segretario generale di The Global Foundation, Steve Howard, ha definito la Cop30 «un punto di svolta» per la diplomazia climatica mondiale. La sua rete di stakeholder intende facilitare un percorso di continuità che colleghi l’appuntamento amazzonico alla successiva Cop31, per la quale l’Australia si è candidata. «Non possiamo permetterci di ripartire ogni anno da zero», ha ammonito, invocando una cabina di regia che garantisca coerenza tra le conferenze.
Howard ha poi rimarcato che la collaborazione tra società civile, imprese e governi dovrà tradursi in progetti misurabili e finanziabili. Le proposte emerse a Carajás saranno trasmesse alla presidenza brasiliana della conferenza come contributo operativo. L’idea è creare un tracciato chiaro, con milestone precise, in grado di sopravvivere ai calendari politici e di dare risposte tangibili alle comunità più esposte agli impatti climatici.
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