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Diritto alla riparazione al via nel 2026, ma senza incentivi è una rivoluzione a metà – Torino Cronaca


Dal 2026 anche in Italia sarà garantito per legge il diritto alla riparazione di elettrodomestici, smartphone e altri dispositivi. Un passo importante voluto dall’Unione Europea per promuovere sostenibilità e riduzione dei rifiuti elettronici, ma il quadro normativo è ancora incompleto. Lo confermano le imprese del settore e le associazioni di categoria, che chiedono maggiore chiarezza e strumenti concreti per attuare il provvedimento.
Il disegno di legge di recepimento della direttiva è stato approvato, ma mancano ancora i decreti attuativi. Questi dovranno definire, tra l’altro, i rimedi per i clienti in caso di riparazione non effettuata, le sanzioni per chi viola la norma e l’adesione alla piattaforma europea sulla riparazione, visto che l’Italia ha deciso di non creare una propria piattaforma nazionale.

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Entro il 31 luglio 2029, inoltre, ogni Stato membro dovrà comunicare almeno una misura concreta per promuovere la riparazione. Al momento, in Italia non esiste alcun incentivo economico diretto per i soggetti della filiera, nonostante il mercato abbia numeri rilevanti. Secondo Confartigianato, il settore della riparazione in Italia conta 316mila imprese (di cui 237.500 artigiane), 904mila occupati e un fatturato annuo stimato in 113 miliardi di euro. Eppure, il potenziale rimane inespresso. Come spiega Marco Granelli, presidente di Confartigianato, «la normativa potrebbe davvero fare esplodere questo mercato, favorendo la creazione di posti di lavoro stabili anche in aree svantaggiate, riducendo i rifiuti e aiutando le famiglie a risparmiare».

Ogni anno in Europa circa 35 milioni di tonnellate di prodotti ancora funzionanti diventano rifiuti, mentre i consumatori spendono quasi 12 miliardi di euro in più per sostituire beni che potrebbero essere semplicemente riparati. Ma senza incentivi concreti e regole certe, il rischio è che il diritto resti solo sulla carta. È il punto sollevato da Davide Rossi, direttore generale di Aires e EuCer: «Il diritto alla riparazione deve essere inteso come diritto per i consumatori, ma anche per i tecnici e le piccole imprese che si occupano di assistenza. Oggi, uno dei principali problemi è il costo dei ricambi: spesso cambiare un componente può costare fino all’80% del prezzo del prodotto nuovo. Se non si interviene su questi aspetti, la riparazione resterà una scelta poco conveniente».

Tra le proposte avanzate dal settore:

  • calmierare i prezzi dei pezzi di ricambio con margini equi;

  • rendere accessibili i manuali tecnici;

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  • autorizzare la produzione autonoma di componenti non brevettati, anche con stampanti 3D;

  • introdurre una detrazione fiscale o un’esenzione IVA almeno sul costo del lavoro.

Secondo Confartigianato, il quadro normativo resta vago. Mancano obblighi chiari per i produttori, certezze sui costi e sull’uso della piattaforma europea, agevolazioni fiscali significative e norme efficaci contro l’obsolescenza programmata, ancora diffusa e poco contrastata.



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