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Artigianato, positivo il saldo delle imprese


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Tiene l’artigianato nella Marca Trevigiana: negli ultimi cinque c’è stato un saldo positivo di 57 imprese, pari a un tasso di sviluppo dello 0,3%. Una fotografia a “mappa di leopardo” che evidenzia le trasformazioni del mercato. Sui 63 diversi settori che compongono il mosaico dell’artigianato in provincia, 22 si sono rafforzati, con un tasso medio di crescita del 21,4%, i carrozzieri sono rimasti stabili, mentre 39 settori hanno visto una frenata, dei quali 16 hanno registrato una calo medio del 5,3%, mentre i restanti 23 hanno avuto una perdita media del 21,1%. 

«Si registra un’onda nuova», sottolinea Armando Sartori, presidente Confartigianato Imprese Marca Trevigiana, «che intercetta la crescente domanda di servizi su misura, la propensione alla cura di sé e dell’ambiente e cavalca l’accelerazione della trasformazione tecnologica. È un segnale importante che arriva soprattutto dai giovani, che non rifiutano l’artigianato ma chiedono di reinventarlo». 

A livello di macro-dati, l’Ufficio studi Confartigianato, dopo la flessione del 2020, ha registrato una crescita media dello 0,6% delle imprese artigiane nel dopo Covid, seguito da una contrazione nel 2024 (- 0,3%) e nel primo trimestre 2025 (- 0,5%). Il saldo positivo di 57 imprese è dovuto al progressivo aumento di nuove imprese iscritte, passate da 1.170 nel 2020 a 1.575 nel 2024, che ha retto all’aumento delle cessazioni, passate da 1.332 del 2020 a 1.575 dell’anno scorso. 

Lo sviluppo più tumultuoso lo ha registrato il “sistema casa” trainato dai bonus: una crescita secca di 500 imprese, delle quali 304 dell’edilizia (+ 10,3%), 100 tra i posatori (6,7%) e 95 di pittori (+ 5,8%). Molto bene il settore del verde, cresciuto di 185 aziende, che vale un tasso di sviluppo del 30,9%. Segue a ruota il settore del benessere, con la nuova entrate del fitness e il boom delle estetiste: + 161 aziende, pari al 23,9% di crescita. In evidenza anche il settore tecnologico, aumentato di 42 nuove imprese dell’ITC (+ 23,6%). 

Con il segno positivo ci sono poi gli alimenti e le bevande, con una crescita di 190 imprese: qui a trainare sono i birrifici, cresciuti del 40%, seguiti dai cioccolatieri (+ 25%), dalla lavorazione di carni (+ 5,6%) e dal cibo da asporto (+ 0,3%). Tengono la meccanica e subfornitura, con 12 imprese in più (+ 0,8%) e la meccatronica (+0,4). Si sviluppano anche alcuni mestieri tradizionali, come il ferro battuto, con una crescita record del 44,4%, e il restauro (+ 18,3%), mentre sono cresciuti di 13 unità gli NCC (+ 20,3%), a fronte di un calo dei taxisti (- 12,9%). 

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«Cambia il lavoro, cambiano le priorità. A dirlo sono i dati elaborati dal nostro Ufficio studi regionale su fonte Almalaurea», fa notare il presidente Armando Sartori, «che confermano una transizione profonda: non solo nelle professioni, ma anche nella testa dei giovani. Rispetto al 2019, i diplomati oggi desiderano più tempo libero (+10%), più indipendenza e autonomia (+6,9%) e più flessibilità oraria (+6,8%). Tendenze che devono essere tenute in considerazione a fronte della carenza strutturale di manodopera specializzata. Se vogliamo che l’artigianato resti motore di sviluppo, dobbiamo investire nella formazione tecnica, valorizzare l’autoimprenditorialità e sostenere chi vuole innovare». 

L’analisi di Confartigianato fornisce anche una precisa fotografia sui settori più in difficoltà, a partire dalla frenata di alcuni mestieri tradizionali come i molitori (- 57,9%), il vetro artistico (- 17,6%) e i calzolai (- 10,2%). Confermate le difficoltà del tessile abbigliamento, che ha perso nel quinquennio 76 imprese, a partire dalla pellicceria (- 33,3%), seguita dalla pelletteria (- 14,7%), dal tessile (- 15,6%) e dall’abbigliamento (- 10,6%). A questo si aggiungono le pulitintolavanderie, con 44 aziende in meno (- 22,7%), e la concia (- 33,3%). 

Non tutte le aziende del “sistema casa” hanno cavalcato l’onda dei bonus nell’edilizia: sono state, infatti, perse 121 imprese tra i serramentisti (- 10,4%), l’arredo (- 11,4%), i frigoristi e gli ascensoristi (- 16,7%) e gli antennisti (- 37,5%). Anche nell’alimentare e nella ristorazione ci sono state delle difficoltà, testimoniate dalla contrazione di 78 aziende: dalla ristorazione (- 42,9%) agli alimentari vari (- 30,2%), dai caseari (- 29,4%) ai panificatori (- 12,1%). 

«Il Veneto è la seconda regione per numero di imprese artigiane su scala nazionale», conclude Armando Sartori. «La Marca Trevigiana non è da meno, è tra le quattro province venete che non hanno registrato calo di imprese artigiane. L’analisi dei vari settori conferma che è vincente la vocazione all’innovazione e la capacità di intercettare i cambiamenti. L’artigianato è in continua trasformazione».



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