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Monacelli e Trezzi su lavoce.info smontano la visione semplicistica del presidente Usa: la politica monetaria espansiva rischia di gonfiare l’inflazione e alzare i tassi a lungo termine.

Perché tagliare i tassi può far salire i mutui

Un’analisi firmata dagli economisti Tommaso Monacelli e Riccardo Trezzi mette in evidenza con chiarezza cristallina l’ennesimo cortocircuito della politica economica di Donald Trump. Il presidente chiede alla Federal Reserve un taglio dei tassi per “ridurre il costo della vita”, ma – affermano Monacelli e Trezzi – si tratta di una visione semplicistica e fuorviante, che rischia di produrre l’effetto contrario: un rialzo dei tassi di lungo periodo, quelli che davvero incidono su mutui e investimenti.

Il nodo tra tassi a breve e a lungo

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La logica di Trump, spiegano gli economisti, poggia su un equivoco molto diffuso: se scendono i tassi, si alleggeriscono le rate dei mutui e quindi cala la percezione del caro-vita. “Ma la ricerca economica dimostra da tempo che il legame tra tassi e inflazione è esattamente inverso. Tassi più bassi stimolano la domanda aggregata e, con un certo ritardo, spingono in alto i prezzi”, puntualizzano Monacelli e Trezzi. In altre parole, abbassare i tassi significa dare benzina all’inflazione, non raffreddarla.

Il punto nodale riguarda la differenza tra tassi a breve e tassi a lungo termine. Trump insiste sui primi, quelli manovrati direttamente dalla Fed. Ma sono i secondi – quelli decennali o ventennali – a determinare il costo effettivo del credito, dalle decisioni di acquisto delle famiglie ai piani di investimento delle imprese. “Il paradosso è che spingere oggi per un allentamento monetario rafforza nei mercati l’idea che la Fed sia disposta a tollerare più inflazione. Di conseguenza, famiglie e imprese anticipano le spese, le aziende alzano i prezzi e gli investitori pretendono un premio più alto per prestare denaro a lungo termine”, evidenziano Monacelli e Trezzi. Risultato: i tassi a lungo salgono proprio quando Trump li vorrebbe più bassi.

Il precedente del 2024

Un film già visto nell’autunno 2024, quando la Fed sorprese con un taglio di 50 punti base. “L’effetto fu immediato: i mercati, anziché rilassarsi, rigettarono la decisione e il rendimento del decennale americano schizzò dal 3,6 al 4,8 per cento nel giro di poche settimane”, ricordano Monacelli e Trezzi. Un segnale inequivocabile di quanto la politica monetaria sia oggi ostaggio delle aspettative.

Inflazione importata e mercato del lavoro

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per le imprese

 

Il contesto, aggiungono gli autori, non potrebbe essere più delicato. L’inflazione importata causata dai dazi voluti da Trump – da ultimo quelli contro l’Unione europea – spinge al rialzo i prezzi dei beni di consumo. Al tempo stesso, il mercato del lavoro resta robusto con una disoccupazione al 4,2 per cento, e le aspettative inflazionistiche delle famiglie si sono impennate dall’elezione del presidente. “In queste condizioni un taglio dei tassi sarebbe come gettare benzina sul fuoco”, ribadiscono Monacelli e Trezzi.

Indipendenza della Fed sotto pressione

C’è poi il tema dell’indipendenza della banca centrale. Le pressioni costanti e pubbliche di Trump sulla Fed rischiano di erodere la sua credibilità. “L’autonomia della Federal Reserve è il fondamento della stabilità dei prezzi. Se famiglie, imprese e mercati dubitano della sua libertà di azione, i tassi a lungo non possono che salire”, affermano Monacelli e Trezzi. Paradossalmente, le continue ingerenze della Casa Bianca costringono il presidente Jerome Powell a riaffermare con più forza l’indipendenza dell’istituzione, ma questo irrigidimento, a sua volta, genera ulteriore incertezza nei mercati.

Deficit, debito e rendimenti

Non meno importante è il quadro fiscale. Trump ha promesso maxi-tagli alle imposte, con conseguente esplosione del deficit pubblico e una valanga di nuove emissioni di debito. Perché i Treasuries vengano assorbiti, i mercati chiedono rendimenti più alti. “Gli investitori internazionali cominciano a mostrare cautela verso i titoli di Stato americani, tradizionalmente considerati il porto sicuro della finanza globale. Questa perdita di fiducia contribuisce a spingere in alto i tassi a lungo”, sottolineano Monacelli e Trezzi.

Microcredito

per le aziende

 

Il boomerang sui mutui

L’immagine che emerge è nitida: il presidente degli Stati Uniti vuole tassi più bassi per ridurre il costo della vita, ma le sue politiche commerciali e fiscali, unite alle pressioni sulla banca centrale, finiscono per generare l’effetto opposto. “Abbassare i tassi a breve rischia di tradursi in un aumento dei tassi a lungo, cioè dei mutui e del credito produttivo”, affermano Monacelli e Trezzi.

Un paradosso che non è soltanto comunicativo ma strutturale, e che rivela la fragilità del populismo economico: la promessa immediata di sollievo ai cittadini si trasforma in un boomerang, con famiglie e imprese costrette a fare i conti con mutui e prestiti più cari.

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