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Auto elettrica, gli incentivi non bastano: Italia mancherà obiettivi 2030


Il Piano nazionale integrato energia e clima chiede al nostro Paese 4,3 milioni di Bev in circolazione entro il 2030: la Fondazione Mattei prevede che saranno meno della metà

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Gianluigi Giannetti

Obiettivi sfidanti che non paiono raggiungibili, oscillazioni nelle vendite che sembrano andare contro la logica di mercato e, su tutto, l’orizzonte legato allo stop alla vendita di vetture con motore termico dal 1° gennaio 2035 che torna prepotentemente in discussione. Sono mesi complessi da interpretare per l’auto elettrica in Italia. A luglio le immatricolazioni sono cresciute del 37,6% rispetto allo stesso mese del 2024, il 29% in più guardando ai primi sette mesi dell’anno, ma il risultato record però poco si sposa con le attese. Abitualmente infatti la domanda non cresce ma casomai crolla in modo fisiologico nel periodo che precede una nuova campagna di ecoincentivi. Come noto, da settembre arriverà una sforbiciata fino a 11 mila euro sul prezzo dei modelli più diffusi di vetture a batteria, cioè quelle sotto la soglia dei 42.700 euro di listino (35mila euro più Iva). Se poi è vero che gli incentivi sono stati annunciati ufficialmente il 1° agosto, è un fatto che fossero di dominio pubblico già dal 1° giugno, e dunque restano comunque riflessioni da fare. L’auto elettrica più venduta nel mese di luglio è la Leapmotor T03, dunque una citycar ultra compatta dal prezzo di 18.900 euro e rivolta ad una clientela popolare, seguita certo dal Suv premium Bmw iX, ma anche dalla compatta Byd Dolphin Surf, in terza posizione e con un listino a partire da 19.400 euro. Già oggi e in assoluta controtendenza rispetto a qualsiasi altro Paese europeo, in Italia sono i modelli accessibili a fare da reale volano al mercato delle vetture a batteria. Casomai è il numero ridotto di alternative disponibili a limitarne lo sviluppo. Proprio questo è il primo riscontro dello studio elaborato dalla Fondazione Eni Enrico Mattei e che mette inevitabilmente in discussione l’efficacia finale delle politiche di incentivo all’acquisto. “Sono i modelli matematici e non l’opinione comune a tracciare l’identikit dell’auto elettrica per l’Italia, cioè compatta, con requisiti oggettivi di buona autonomia di percorrenza e un fattore di prezzo comparabile in tutto a modelli con motorizzazione tradizionale. Il nostro è un mercato severo e anche sfidante dal punto di vista tecnico, ma tutto questo non è aggirabile”. Antonio Sileo, direttore del programma di ricerca Sustainable Mobility presso la Fondazione Eni Enrico Mattei spiega in modo diretto così la premessa pratica che porta al risultato “politico” del suo studio. “Nei prossimi anni il numero di vetture elettriche anche in Italia e senza incentivi crescerà significativamente, ma è inutile attendersi miracoli”. Il riferimento agli obiettivi posti dalle istituzioni è fin troppo chiaro.

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Fuori scala

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Al 31 luglio 2025, in Italia circolano 324.611 auto elettriche a fronte di un parco che supera i 40 milioni di veicoli. Il 1° luglio 2024 il governo ha inviato alla Commissione europea l’aggiornamento del Pniec, Piano nazionale integrato energia e clima, che prevede 4,3 milioni di auto elettriche sulle strade del nostro Paese entro il 2030. “Anche se quest’anno si dovessero superare le 90 mila immatricolazioni di vetture a batteria, cosa non scontata anche con l’arrivo dei nuovi incentivi, a fine 2025 saranno meno di 370 mila le Bev con targa italiana”. Sileo spiega che il modello matematico utilizzato dalla Fondazione Eni Enrico Mattei fornisce anche risposte a più lungo termine, ma anche loro discordanti dagli obiettivi previsti: “Entro il 2030 avremo 885 mila nuove immatricolazioni di veicoli elettrici a batteria. Aggiungendo la cifra alle vetture attualmente circolanti mancheremo significativamente l’obiettivo del Piano nazionale integrato energia e clima, di circa il 50%”. Un risultato per nulla banale, considerando che l’Italia è costantemente tra i primi tre mercati automobilistici per vetture vendute nell’Unione Europea. Certificare una mancanza di progressione nella commercializzazione di auto vetture elettriche non solo nel medio, ma anche nel lungo periodo, rappresenta l’ennesimo stimolo alle istituzioni di Bruxelles. La Commissione europea ha casomai avviato una “consultazione pubblica” per valutare lo stop alla vendita di vetture a motore termico. Raccoglierà entro il 10 ottobre prossimo i contributi delle associazioni di consumatori, ma soprattutto quelli delle aziende automobilistiche e delle imprese di componentistica che per queste ultime lavorano. I toni appaiono rilassati, perfino eleganti nel chiamare in causa operatori del settore e imprenditori nelle grandi decisioni, ma l’emergenza è scattata. Il blocco alla commercializzazione di vetture con motore termico dal 1° gennaio 2035 è stato deciso dal piano “Fit for 55”, presentato nell’ormai lontano 14 luglio 2021. Proprio quel piano aveva previsto una uscita di sicurezza, ovvero la clausola review stage, una fase di revisione che avrebbe obbligato entro dicembre 2026 la Commissione “a monitorare il divario tra i valori limite di emissione e i dati reali sul consumo di carburante e di energia”. Indiscrezioni riferiscono che la procedura potrebbe essere attivata addirittura nel quarto trimestre di quest’anno.





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