La calma è solo apparente, anche se nel primo trimestre 2025 il rapporto degli Npl (ovvero la quota di crediti deteriorati sul totale dei prestiti) delle banche europee è rimasto stabile all’1,85%. Gli Npl sono i non-performing loans, cioè i prestiti a soggetti che non sono in grado di adempiere in tutto o in parte alle proprie obbligazioni contrattuali. Due grandi economie dell’Eurozona, l’Italia e la Francia, le più esposte alle incertezze globali, mostrano i segnali di deterioramento più marcati. Il nuovo report di Scope Ratings fotografa un equilibrio che regge grazie alla discesa dei tassi e a una liquidità più abbondante, ma segnala che le pressioni stanno aumentando e potrebbero tradursi in un lento deterioramento della qualità degli attivi.
Lo stock complessivo dei crediti deteriorati è salito a 378 miliardi di euro, con flussi netti per 2,6 miliardi. Numeri che non accendono allarmi immediati, ma che interrompono la lunga fase di discesa. Un campanello d’allarme c’è, e suona in Italia, dove il rapporto Npl è salito al 2,32%. Un peggioramento contenuto ma significativo, perché si concentra sul credito alle imprese, con un incremento di 8 punti base. Costruzioni, commercio al dettaglio e all’ingrosso sono i comparti più esposti. Le famiglie, invece, restano stabili: mutui e prestiti al consumo non mostrano al momento particolari tensioni. Per un Paese come l’Italia, con un export che vale un terzo del Pil, l’effetto combinato di tensioni geopolitiche e aumento degli Npl sarebbe particolarmente difficile da sostenere. È la ragione per cui, pur in assenza di segnali effettivi di crisi, l’agenzia parla di equilibrio fragile con la prossima ondata di sofferenze che potrebbe partire dalle rinnovate tensioni sul commercio mondiale.
“La qualità degli attivi delle banche Ue rimane stabile, ma prevediamo pressioni al ribasso nei prossimi trimestri”, avverte il report. “L’aumento dei rischi geopolitici e il rallentamento del commercio globale dovuto all’aumento o all’introduzione di nuovi dazi potrebbero aggravare l’indebolimento della qualità degli attivi”. In altre parole, le banche europee non rischiano tanto per errori propri, quanto per shock esterni che colpirebbero direttamente le imprese più esposte ai mercati internazionali.
Un ulteriore studio diffuso da Scope a metà agosto rafforza questo avvertimento. L’agenzia analizza l’escalation della guerra commerciale americana e sottolinea che “con i dazi medi Usa saliti al 18,6% – i livelli più alti dagli anni Trenta – l’inasprimento dei conflitti commerciali è lo scenario di base”. Una dinamica che non sorprende, dal momento che “i mercati hanno reagito con eccessiva indulgenza all’inasprimento delle tensioni”, osserva Scope, aggiungendo che l’economia americana “si è mostrata più resiliente del previsto” e che “le entrate doganali, pari a 66 miliardi di dollari in un solo trimestre, hanno rafforzato la posizione fiscale di Washington”. Scope calcola così che la nuova ondata di protezionismo potrebbe ridurre la crescita globale di 0,7 punti percentuali nel medio periodo. Per l’Europa l’impatto stimato è più contenuto (–0,4%), ma sufficiente a colpire catene del valore e settori già fragili.
È lo scenario che spiega perché Francia e Italia siano tornate in prima linea: sono entrambe più esposte di altre economie ai rischi di una frenata commerciale e con banche che già oggi mostrano segnali di tensione sugli Npl. In Francia il deterioramento è stato trasversale, con un dato eclatante nelle costruzioni: +90 punti base in tre mesi, fino al 9% del credito di settore. Roma e Parigi si confermano così i fronti più delicati della mappa europea del credito.
Altrove nel Vecchio continente le dinamiche sembrano essere opposte. Germania, Paesi Bassi e Austria registrano cali moderati, con Berlino che ha ridotto di 24 punti base gli Npl corporate. Ma il divario tra centro e periferia si è assottigliato: l’Austria, con un rapporto al 2,3%, supera oggi l’Italia. La Spagna resta la maglia nera, con il livello più alto di Npl in Europa (2,67%), pur con una tendenza al ribasso.
Il quadro settoriale conferma le fragilità: Npl corporate al 3,4% in media, con punte al 6,5% nelle costruzioni e difficoltà nel commercio. L’agricoltura mostra un peggioramento, mentre il real estate – che rappresenta oltre un quarto del credito corporate europeo – resta stabile al 2,8%. Le famiglie, invece, mantengono una dinamica più solida, con Npl medi al 2,14% nell’Ue.
Il costo del rischio completa la fotografia di Scope. In Germania e Danimarca è cresciuto di 40 e 38 punti base, mentre in Francia e Spagna l’aumento è stato più contenuto. In Italia si è visto un lieve allentamento, grazie a minori accantonamenti. Ma anche rispetto a questo punto Scope rimarca: “La tregua potrebbe non durare se il commercio globale dovesse entrare in una nuova fase di contrazione”.
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