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Lepore e l’aiuto al ceto medio. L’idea del professor Zamagni:: “Una scuola di imprenditori”


“Un Comune può fare molto per sostenere il ceto medio a livello economico e sociale, ad esempio evitando la gentrificazione, ha tutti gli strumenti per farlo. E poi, Bologna sarebbe la sede ideale per creare una scuola di imprenditorialità. Perché non dare l’esempio? Diventerebbe un modello per il resto d’Italia”. A parlare è Stefano Zamagni, docente di economia civile all’Università di Bologna e professore aggiunto alla John Hopkins, oltre che presidente emerito della Pontificia Accademia delle Scienze sociali, dopo l’intervista di Matteo Lepore al Carlino in cui il sindaco lanciava il progetto a sostegno del ceto medio: “Possiamo aiutare le famiglie sia economicamente sia aiutandole a prendere le scelte migliori quando si presentano situazioni o spese impreviste che cambiano radicalmente la vita”, ha detto il primo cittadino, descrivendo una manovra che vorrebbero chiamare ’Bologna ti sostiene’, che metterà appunto risorse a disposizione della cittadinanza.

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Professor Zamagni, come siamo arrivati allo scenario attuale?

“Il tema ha a che vedere con la perdita sia di status sia delle condizioni economico-sociali del cosiddetto ceto medio, che naturalmente non riguarda solo la nostra regione, ma tutto l’Occidente, anche se con caratteristiche diverse. Il sindaco ha chiarito che intende dare un contributo entro i limiti che gli sono imposti dal suo ruolo, ma fa capire anche che vuole evitare la gentrificazione, cioè che accada qui quanto successo altrove (si veda Milano), sarebbe un disastro in una città con questa storia. Bisogna indagare le cause profonde del perché si è arrivati a questo punto, e sono essenzialmente tre”.

Partiamo dal mercato del lavoro.

“La sua struttura è completamente cambiata. Mentre durante la stagione della società industriale la struttura era a piramide, con una parte intermedia sufficientemente larga, oggi, nella società post-industriale, il mercato del lavoro è una clessidra, con la parte intermedia molto stretta”.

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“Abbiamo laureati che sono costretti ad andare ’verso il basso’, a fare lavori che prima erano svolti da chi aveva la licenza media o di maturità (pensiamo ad avvocati, commercialisti, ingegneri). Una persona studia, arriva all’università anche con dei sacrifici, e poi accade questo. Ai livelli più alti del mercato del lavoro, vengono oggi richieste mansioni che sappiano relazionarsi con l’intelligenza artificiale. Eccola, la perdita di status. Chi riesce però a superare la strettoia e ad andare verso l’alto, si trova in una zona ampia, quei profili sono super richiesti, anzi, non c’è limite alla richiesta. Mantenendo la metafora della clessidra, c’è moltissimo ’spazio’ in basso e moltissimo in alto, ma poco nel mezzo, per il ceto medio”.

E la seconda causa?

“È legata all’istruzione. Il comparto scuola-università è obsoleto, superato. Oggi l’intelligenza artificiale limita le necessità di coloro che non hanno competenze tecniche per utilizzarla, perché chi ha a che fare con l’intelligenza artificiale deve sapere fare le domande giuste. Basta, allora, parlare di riforma della scuola, che sarebbe come mettere cerotti su una ferita: c’è bisogno di una trasformazione radicale del sistema scolastico”.

E poi la terza causa: il declino della imprenditorialità in Italia.

“È così da 25 anni a questa parte. Gli imprenditori che abbandonano sono di più di quelli che iniziano. E oggi le imprese sono sempre più nelle mani di stranieri. Spesso assistiamo all’errore concettuale del confondere la managerialità con l’imprenditorialità. Il manager innova, l’imprenditore invece è colui o colei che inventa. Noi oggi abbiamo ottimi manager, ma non imprenditori. E invece abbiamo bisogno più che mai di inventori. Ma non si investe su questo, ed è una vergogna nazionale. Bisogna che la nostra comunità dia vita a una scuola dell’imprenditorialità, a cominciare dall’Emilia-Romagna”.

Bologna può essere la sede ideale?

“Lo è. A livello economico, si rivela il luogo più adatto per creare una scuola di imprenditorialità. Abbiamo un’ottima università e una società civile robusta, non di addormentati. Perchè Bologna quindi non dà l’esempio creando una scuola di imprenditori? Questo, unito alla lotta alla gentrificazione, sarebbe importante e molto efficace e la città diventerebbe un esempio per il resto d’Italia”.

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