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Reati informatici e aziende artigiane: 6.700 sotto attacco


In Lombardia i reati informatici denunciati dalle imprese sono aumentati del 45,5% tra il 2019 e il 2023. Secondo le rilevazioni di Confartigianato in Italia rappresentano il 35,5% dei delitti contro le aziende, il 15,8% delle imprese ha registrato almeno un incidente informatico che include indisponibilità dei servizi Ict, distruzione o divulgazione di dati. In provincia di Como le imprese attive al primo trimestre 2025 erano 42.561, significa che circa 6.700 realtà potrebbero essere state in qualche modo violate.

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«Gli attacchi digitali contro le imprese sono in forte aumento e nessuno, nemmeno i piccoli imprenditori, può sentirsi escluso dal rischio – afferma Alberto Caramel segretario generale Confartigianato Como – Troppo spesso nelle aziende artigiane e nelle piccole imprese troviamo tecnologie di produzione anche molto avanzate, ma non la stessa attenzione alla sicurezza dei sistemi informatici o alla corretta gestione dei dati. Pensiamo, ad esempio, a come vengono archiviati i file di disegni per mobili, tessuti o progetti in generale: troppo spesso restano su archivi di massa tecnologicamente superati e facilmente aggredibili, con il rischio concreto di perdere idee, competenze e valore».

«Poca consapevolezza»

«Tutti ne parlano, ma pochi adottano una strategia completa per prevenire gli attacchi informatici – evidenzia Gianluca Lombardi ceo GL Consulting di Como – Per comprendere davvero il rischio a cui è esposta l’impresa, occorre prima averne piena consapevolezza, valutarlo e rifletterci a monte, per poi introdurre le misure di sicurezza necessarie a valle».

Lombardi, che si occupa di questi temi quotidianamente, sottolinea come spesso vengano attivate misure parziali, solo tecnologiche, che però servono a poco senza un’adeguata formazione del personale: «Il veicolo d’attacco più efficace resta il phishing, via mail, via sms o tramite link video.

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Spinge la persona a cliccare, aprendo la porta a tutte le conseguenze del caso. È senza dubbio il metodo più semplice: preparo una mail, la invio a milioni di indirizzi e, inevitabilmente, qualcuno abbocca».

Poi cosa succede? «Quando l’attaccante entra non è detto che si manifesti subito, può rimanere all’interno anche cinque mesi a studiare le comunicazioni della società – prosegue Lombardi – Cerca di scalare contatti e conoscenze, facendo social engineering sul funzionamento dell’azienda, per capire dove può trovare valore, informazioni, dati o codici Iban».

Non esistono misure di sicurezza valide per tutti i contesti, devono essere proporzionate ai dati da proteggere, da quelli sanitari di uno studio di fisioterapia, la cui violazione può compromettere la privacy dei pazienti, a quelli tecnici di una piccola azienda meccanica nella supply chain dell’automotive, che rischia di perdere ordini e credibilità.

Coordinamento e competenze

Alle aziende manca soprattutto una regia: «Non c’è consapevolezza dei temi da affrontare – conclude Lombardi – Senza una guida si rischia di spendere migliaia di euro in soluzioni hardware e software, trascurando corsi di formazione da poche centinaia di euro, spesso più efficaci».

A frenare la difesa dalle minacce informatiche è anche la carenza di competenze, il 22,8% delle imprese italiane fatica a trovare personale qualificato, soprattutto progettisti, amministratori di sistemi e cyber security expert. Nel 2024 servivano 6.300 esperti, ma 4mila sono risultati difficili da reperire.

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