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AI, Morgan Stanley: risparmi da 1.000 mld l’anno


L’America corporate è sull’orlo di una trasformazione radicale: l’adozione dell’intelligenza artificiale potrebbe liberare quasi 1.000 miliardi di dollari l’anno in risparmi, secondo una nuova analisi di Morgan Stanley. La banca calcola che il 90% dei lavori sarà toccato in qualche modo dall’automazione o dall’augmentazione tramite AI, con risparmi derivanti direttamente dalla riduzione degli organici, dall’attrito naturale e dall’automazione di compiti intensivi in conoscenza ma ripetitivi.

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Morgan Stanley stima che l’adozione su larga scala del cosiddetto software “agentic AI” e della robotica umanoide embodied AI possa generare 920 miliardi di dollari di benefici netti annui per le aziende dell’S&P 500. La quota principale di questi risparmi, spiegano gli analisti, verrà da una riduzione dei costi salariali e dal minor bisogno di manodopera umana nei ruoli ripetitivi o ad alta intensità di processo.

I risparmi previsti equivalgono a circa il 28% degli utili ante imposte del 2026 dell’indice—un guadagno di efficienza enorme che, secondo gli analisti, si farà sentire trasversalmente in tutti i settori. Tuttavia, il team di Thematic Investing di Morgan Stanley avverte che questi risparmi “probabilmente richiederanno molti anni per concretizzarsi” e che esiste un “rischio significativo” che alcune aziende non raggiungano i livelli di adozione pieni. La cifra di 920 miliardi rappresenta il 41% del totale delle spese salariali dell’S&P 500, e l’analisi ha riguardato circa il 90% delle società dell’indice.

La creazione di “valore economico”, come la definiscono, verrà da una combinazione di taglio dei costi (es. meno personale e minori spese per svolgere una vasta gamma di compiti grazie all’AI) e nuova generazione di ricavi e margini, poiché i dipendenti liberati da incombenze ripetitive potranno concentrarsi su attività a maggiore valore aggiunto. A seconda di settore e professione, il peso di questi due effetti varierà. I 920 miliardi di beneficio economico annuo potrebbero tradursi in un incremento di 13-16 trilioni di dollari di capitalizzazione per l’S&P 500, a seconda dei multipli di valutazione: quasi un quarto del valore di mercato attuale.

Settori più esposti
Non tutti i comparti saranno colpiti nello stesso modo. Distribuzione di beni di consumo e retail, gestione immobiliare e trasporti figurano tra i più esposti, con benefici di produttività potenziali superiori al 100% degli utili previsti per il 2026. Anche dispositivi e servizi sanitari, automotive e servizi professionali fronteggeranno forte disruption ma anche grandi opportunità. Al contrario, settori già snelli in termini di lavoro rispetto agli utili—come semiconduttori e hardware—mostrano un potenziale AI relativamente più contenuto.

Lavori a rischio, ma anche nuove opportunità
Se i risparmi principali arriveranno dai tagli al personale, Morgan Stanley sottolinea la differenza tra automazione totale e augmentazione a livello di task. L’agentic AI, che comprende le applicazioni generative e software, tende a riassegnare i compiti più che a eliminare interamente i posti di lavoro, mentre l’embodied AI sotto forma di robot umanoidi comporta rischi di sostituzione diretta in settori come logistica e retail fisico. Parallelamente, emergeranno nuove categorie professionali—da Chief AI Officer a specialisti di governance AI—ripetendo dinamiche viste con precedenti ondate tecnologiche che crearono domanda per programmatori, professionisti IT e digital marketer.

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Un’adozione graduale
Nonostante le cifre da prima pagina, gli analisti avvertono che l’adozione sarà graduale e si svilupperà nell’arco di anni, se non decenni. Le imprese inizieranno affidandosi a pensionamenti e ottimizzazioni di processo, più che a licenziamenti di massa immediati, soprattutto nei settori in cui le figure a contatto con il cliente generano direttamente ricavi.

Il messaggio per gli investitori, però, è chiaro: l’AI non è più un tema speculativo. Il potenziale di risparmio sui costi è talmente vasto da poter diventare uno dei motori più potenti della crescita degli utili corporate statunitensi nella seconda metà di questo decennio.

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