Il furto di farmaci e dispositivi nelle strutture sanitarie italiane è ormai un fenomeno sistemico che mette a rischio la sicurezza delle cure, aumenta la spesa pubblica e apre varchi alla criminalità organizzata: lo afferma Unimpresa, sottolineando che la questione riguarda l’intero Paese e che ogni singolo “colpo” può superare il valore di 300.000 euro.
La risposta deve essere introdurre subito la tracciabilità digitale end-to-end, oggi standard internazionale, da trasformare in leva strategica di innovazione e sicurezza.
Negli ultimi anni il furto di farmaci dalle strutture sanitarie italiane è diventato un fatto sistemico, con un impatto economico e sociale sempre più rilevante. Episodi recenti — da Treviso a Napoli fino alla Calabria — hanno portato alla luce sottrazioni di medicinali salvavita, oncologici e dispositivi medici spesso destinati al mercato nero e persino al dark web. Non si tratta di casi isolati: tra il 2006 e il 2014 il valore complessivo dei furti – tracciati – ha raggiunto quasi 19 milioni di euro, con una media di oltre 300 mila euro a episodio.
«Un fenomeno che mina la sicurezza delle cure, alimenta reti criminali organizzate e impone alle istituzioni una riflessione urgente sulle strategie di prevenzione e controllo. Ogni farmaco rubato significa un paziente senza terapia e un costo doppio per il sistema sanitario. Il furto di farmaci non è soltanto un reato contro la sanità pubblica: è un attacco alla fiducia dei cittadini nel sistema sanitario. Contrastarlo con strumenti moderni e strategie efficaci significa proteggere i pazienti, ridurre i costi, rafforzare la credibilità delle istituzioni. In gioco non c’è solo la spesa pubblica: c’è la sicurezza delle cure, la vita delle persone, la dignità stessa del nostro sistema sanitario. La digitalizzazione, dunque, non è un costo aggiuntivo, ma un investimento. Un investimento che riduce sprechi, protegge le risorse pubbliche, garantisce qualità e sicurezza delle cure, mette un freno alle infiltrazioni criminali. Dove i sistemi di tracciabilità sono stati introdotti, i risultati sono tangibili: meno furti, meno errori, più sicurezza. Per il nostro Paese, la lezione è chiara: trasformare la tracciabilità da obbligo burocratico a leva strategica. Serve una visione manageriale che unisca direzioni sanitarie, farmacie ospedaliere, ingegneria clinica, ICT e risk management in un percorso comune» commenta il presidente di Unimpresa Federambulanze, Flavio Ronzi.
Secondo Unimpresa Federambulanze, negli ultimi anni il furto di farmaci e dispositivi medici dalle strutture sanitarie italiane ha assunto le dimensioni di un fenomeno sistemico, con conseguenze economiche e sociali di enorme portata. Non si tratta più di episodi isolati, ma di una rete che attraversa ospedali, magazzini farmaceutici e sale operatorie. Da Treviso a Napoli, fino alla Calabria, le cronache hanno registrato sottrazioni milionarie di medicinali salvavita, oncologici e impiantabili destinati al mercato nero e, in alcuni casi, perfino al dark web. I numeri parlano chiaro.
Ogni singolo furto può superare anche i 300 mila euro. Dati che certificano la fragilità del sistema e il suo costo per la collettività. Ogni farmaco rubato equivale a un paziente privato della terapia, a una spesa duplicata per il servizio sanitario, a un varco per la criminalità organizzata. Antitumorali, immunosoppressori, analgesici e narcotici diventano beni di scambio ad altissimo margine, mentre le organizzazioni criminali fiutano nell’oro bianco dei farmaci una fonte di guadagno stabile. Accanto ai medicinali, un ulteriore fronte riguarda i dispositivi impiantabili – protesi, stent, pacemaker – la cui tracciabilità in Italia non è ancora uniforme. Il rischio è duplice: furti a scopo di lucro e, peggio, impianti non correttamente registrati, difficili da rintracciare in caso di difetti o richiami dei produttori.
Il ciclo del farmaco, dall’ordine alla somministrazione, è lungo e complesso. Ogni passaggio rappresenta una possibile falla: stoccaggio, distribuzione ai reparti, utilizzo finale. Per questo, a livello internazionale, la tracciabilità end-to-end è diventata uno standard irrinunciabile. Non è una semplice misura di controllo, ma un presidio di sicurezza clinica ed economica. Tecnologie già disponibili – codici a barre, sistemi RFID, registri digitali centralizzati, alert automatici – consentono oggi di ridurre al minimo sottrazioni ed errori. Ma funzionano solo se integrate nei processi clinici e accompagnate da formazione e vigilanza. Non basta monitorare i magazzini: occorre seguire il farmaco fino al paziente, e il dispositivo fino all’impianto, compreso lo smaltimento.
Le norme comunitarie hanno introdotto strumenti importanti. La Direttiva europea contro i farmaci falsificati (FMD) impone sigilli anti-manomissione e codici univoci collegati all’European Medicines Verification System. Per i dispositivi, il Regolamento MDR 2017/745 rende obbligatorio l’UDI (Unique Device Identifier), da associare al paziente.
Esperienze internazionali dimostrano che il percorso è efficace. Negli Stati Uniti, il Closed-Loop Medication Management, che integra prescrizione elettronica, verifica del farmacista e somministrazione con barcode, ha ridotto drasticamente errori e furti. In Europa, l’adozione della Barcode Medication Administration (BCMA) ha dimostrato che la scansione del braccialetto del paziente e del farmaco prima della somministrazione assicura la corrispondenza corretta e riduce le falle.
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