Confindustria Macchine nasce con gli obiettivi tipici di un’associazione datoriale: fare massa critica, promuovere il dialogo fra imprese e istituzioni, ma anche aiutare le aziende ad affrontare le ultime sfide di mercato, come quelle legate alla transizione digitale e all’intelligenza artificiale. «Stiamo investendo in un progetto pionieristico di IA dedicato ai beni strumentali Made in Italy» annuncia Riccardo Cavanna, parlando in qualità di presidente davanti agli imprenditori riuniti per la prima assemblea della neonata realtà confindustriale. Una federazione fra quattro associazioni del machinery, nata per iniziativa dei rispettivi presidenti: lo stesso Cavanna, numero uno di Ucima, unione dei costruttori di macchinari per il packaging, Paolo Lamberti, Acimac, macchine per la ceramica, Enrico Aureli, Acimall, macchinari per la lavorazione del legno, e Massimo Margaglione, Amaplast, macchine e stampi per materia plastiche.
Il progetto sull’IA è un Large language model su cui Ucima sta lavorando da qualche mese, un modello di IA specializzato nel settore dei macchinari per l’industria. Esprime la tensione verso l’innovazione che è uno degli elementi della mission di Confindustria Macchine. «Tutte le nostre associazioni continuano a far parte di Federmacchine», chiarisce. «Acimac esprime addirittura il presidente della federazione, Paolo Lamberti. Ma tutti noi conveniamo sulla necessità di fare un passo avanti. Occorre più agilità, un’associazione di categoria che offra servizi di eccellenza a sigle più piccole. Una sorta di nuovo modello a geometria variabile che renda più importante il settore dei macchinari».
Le quattro associazioni, peraltro, collaboravano e interagivano fra loro già da tempo, e rappresentano un giro d’affari di circa 18 miliardi di euro.
Federmacchine, che ha un giro d’affari di circa 80 miliardi di euro, raduna invece le seguenti 12 associazioni: Acimac, Acimall, Acimga, Acimit, Amafond, Amaplast, Assomac, Confindustria, Marmomacchine, Federtec, Gimav, Ucima, Ucimu
Da notare, per amore di precisione, che tutte queste associazioni non si occupano della parte contrattuale e sindacale, delegata totalmente a Federmeccanica.
Enrico Aureli, aggiunge una nota di contesto: «il cammino verso questa nuova federazione inizia diversi anni fa, quando ero presidente di Ucima. Ripensavo ai tempi dell’università, quando un mio docente, Francesco Iovane, parlava dell’importanza dei beni strumentali. Era un’idea che ora si concretizza. Un concetto di associazione fra associazioni che può rappresentare un esempio per le imprese, e unire le forze per promuovere le nostre macchine nel mondo».
L’attività si concentra innanzitutto nel presidio delle sedi legislative ed esecutive, quindi Roma e Bruxelles. Parte da un presupposto: «la politica non conosce abbastanza il mondo dei beni strumentali». Un maggior dialogo, ad esempio in sede di attuazione delle normative, potrebbe portare a provvedimenti applicativi più attenti alle esigenze delle imprese a cui si rivolgono.
La nuova federazione riunisce 1.341 aziende, che occupano quasi 69mila addetti e fatturano 18,3 miliardi di euro. Importano beni per 1,6 miliardi, le esportazioni valgono 14 miliardi, con un surplus pari a 12,4 miliardi di euro. Questi sono i dati relativi al 2024, anno negativo rispetto al precedente su tutti i valori. E le difficoltà legate a questa fase sono in cima all’agenda del mandato di Cavanna.
In realtà fra i settori rappresentati ci sono comporti che continuano ad andare bene, come il packaging (fatturato a 9,5 miliardi di euro, in crescita del 3,5% sul 2023). E altri che invece soffrono, come la ceramica. «Siamo preoccupati perchè ci sono segmenti con problematiche strutturali – segnala Cavanna -. Penso agli energivori, come la ceramica, ma non solo. Anche tutto il settore alimentare ha subito contraccolpi, in genere le industrie di trasformazione sono in una fase delicata. E dobbiamo affrontare una situazione internazionale complessa: gli annunciati dazi Usa, mercati che si sono chiusi e non si sa quando riapriranno, come Russia e Ucraina. La nostra missione come associazione è quella di rappresentare un faro in un mondo che cambia».
Le imprese associate si aspettano di contare di più in Confindustria e azioni per stimolare la competitività sul mercato, Viale Astronomia propone collaborazione sulla semplificazione delle norme
Positive le reazioni della platea. «Ci aspettiamo che sostengano presso Confindustria le istanze di un settore complicato. Fare macchinari, costruire tecnologia, richiede tempi lunghi, attività di ricerca e sviluppo. Siamo diversi da chi produce dei beni semplici» commenta Luciano Anceschi, presidente di Tria, produttore di granulatori e macchinari per plastica e gomma. «Ritengo che ci fosse bisogno di un’iniziativa come questa. Noi aderiamo a diverse realtà rappresentative di settore, crediamo molto nel mondo associativo. Serve per avere voce in capitolo, interloquire con il Governo. Penso per esempio che Anie potrebbe avere interazioni proficue con Confindustria Macchine. L’obiettivo comunque è rendere più competitivo il mercato italiano» aggiunge Costantino Ghigliotti, managing director di Sick (sensori industriali).
«Se avete delle idee portatole ai vertici di Confindustria, perché noi stiamo lavorando con il Governo sui temi legati alla semplificazione delle norme», dichiara Marco Novicelli, vice presidente per le Politiche industriali e il Made in Italy. Sulle semplificazioni insistono anche gli altri due esponenti di Confindustria centrale ospiti in occasione dell’assemblea, Maurizio Marchesini, Lavoro e Relazioni industriali, e Lara Ponti, Transizione ambientale e Obiettivi Esg.
I primi impegni: il libro verde per la politica industria del Mimit, nuove modifiche ai crediti d’imposta 5.0, le richieste antidumping a Bruxelles e la sostenibilità
Fra gli impegni concreti, la partecipazione ai lavori del Libro verde per una nuova strategia di politica industriale per l’Italia del Mimit, lo sforzo di migliorare ulteriormente gli incentivi Industria 5.0, che pur con le semplificazioni apportate dalla manovra continuano a non entusiasmare il mondo produttivo. Su 6,4 miliardi a disposizione, le aziende hanno prenotato investimenti per 308 milioni, nemmeno il 5% del totale. «Nelle ultime settimane cogliamo una maggior vivacità, ma ormai i tempi sono molto stretti. Due o tre mesi, poi la finestra si chiude, perché l’incentivo vale solo fino al prossimo 31 dicembre 2025 e non riusciamo a consegnare in tempo» segnala Cavanna. Le imprese da tempo chiedono di posticipare i termini, il Governo ha espresso disponibilità in questo senso, uno slittamento di qualche mese doveva confluire in Legge di Bilancio ma per ora non è ancora diventato realtà.
Poi, ci sono le sfide europee: «chiediamo a Bruxelles controlli efficaci su macchine che non rispettano le condizioni di sicurezza Cee. Noi non siamo i più convenienti, anzi forse siamo fra i più cari, ma le nostre macchine sono sicure».
Infine, la sostenibilità. E qui oltre all’azione di lobbing, in sede per lo più europea, è la sensibilizzazione verso gli associati: «ci sono ancora imprese convinte che la sostenibilità sia una moda. Dobbiamo convincerle che invece è il nuovo driver di mercato», sintetizza Girolamo Dagostino, responsabile area ambiente.
Le quattro sigle della nuova Confindustria Macchine si presentano in assemblea: ricavi, numero di imprese, sfide per il 2025 dei costruttori di macchinari per il Made in Italy
Fra le quattro sigle che compongono la nuova federazione, la più grossa è Ucima: 594 aziende, 39mila 219 addetti, un fatturato aggregato di 9,5 miliardi di euro. La quota di export è intorno all’80%. Fra i settori di destinazione dei macchinari per il packaging, il più rilevante è l’alimentare, con una quota oltre il 30%. Seguono il beverage, intorno al 26%, e il farmaceutico. «Ognuno di questi mercati presenta sfide diverse a cui noi dobbiamo rispondere – segnala la vicepresidente, Antonella Candiotto -. Sicurezza alimentare, funzionalità dell’imballaggio per il trasporto, la comunicazione sul valore del contenuto». I trend: aiutare gli end user a migliorare efficienza e produttività, facilità di utilizzo dei prodotti per migliorare l’esperienza d’uso, sostenibilità».
I costruttori di macchinari per l’industria della ceramica rappresentati da Acimac sono 140, occupano oltre 7mila 200 addetti, i ricavi 2024 sono stati di 1,8 miliardi di euro, con una perdita del 24% sull’anno precedente. Davanti agli imprenditori riuniti dalla nuova sigla confindustriale, Lamberti ha però insistito su due concetti: «pur se di nicchia, la ceramica è un’eccellenza italiana. Abbiamo una storia caratterizzata da cadute e da vittorie».
La ripercorre attraverso l’evoluzione della tecnologia dei macchinari: i forni a tunnel degli anni ’60, con i quali la piastrella impiegava da 8 a 16 ore per cuocere. Poi i forni a rulli, più veloci, circa un’ora di cottura. Il passaggio dalla decorazione con i retini serigrafici a quella con il rullo in silicone. Un macchinario inventato nel distretto a cavallo del Secchia, fra Modena e Reggio Emilia, che negli anni ’90 segnò un periodo di produzione a ritmi molto elevati. Poi il nuovo millennio, l’avvento del digitale, un cambiamento repentino anche nelle competenze delle maestranze. «Ci siamo reinventati, e oggi siamo leader sulle forniture digitali. Aziende coma Sacmi hanno cambiato il sistema di pressatura. Oggi nel distretto di Sassuolo si producono meno piastrelle, ma noi forniamo macchine in tutto il mondo: Messico, Brasile, Indonesia, Vietnam». Ma l’ultimo anno è stato difficile, e le stime non sono positive nemmeno per il 2025, il mercato di destinazione è fra i più esposti agli alti costi dell’energia, pesano la concorrenza internazionale, soprattutto cinese, e i pochi investimenti 5.0.
Acimall conta invece 200 aziende, 9mila addetti, 2,4 miliardi di fatturato. I due mercati di riferimento per i macchinari per la lavorazione del legno sono l’arredamento (70%), e l’edilizia (30%). Il settore ha diversificato la produzione: macchinari per pietra, vetro, materiali compositi. «Le associazioni devono seguire l’esempio delle aziende: diversificare».
E anche stimolare l’innovazione. «Il nostro comparto riesce a potenziare la creatività di mobile e design, protagonisti del Made in Italy. La lavorazione del legno è anche un business orientato alla sostenibilità e ai principi dell’economia circolare, a beneficio dell’edilizia del futuro». Nella zona dell’Expo, «verrà realizzato l’edificio in legno più alto d’Italia, grazie alla nostra capacità di realizzare manufatti all’avanguardia».
Nei macchinari per il legno la prima lavorazione pesa per circa il 30%, ma in Italia la percentuale scende al 10%. «È la seconda lavorazione che prevale nelle tecnologie che rappresentiamo. Recuperiamo anche trucioli e scarti, sia verso i termo valorizzatori sia in sottoprodotti, ad esempio per realizzare pannelli». Fra i settori in cui l’Italia ha una supremazia tecnologica, la finitura, molto importante per il design. Infine, Amaplast, che realizza macchinari per trasformare plastica e gomma. Rappresenta 415 imprese, che impiegano 14mila 863 persone, i ricavi sono intorno ai 4,35 miliardi di euro. «Con il nostro settore la politica negli ultimi anni ha interferito parecchio: criteri esg, green deal, regolamenti sugli imballi», segnala Margaglione, che descrive le aziende che rappresenta puntando sulla capacità di adattarsi flessibilmente al mercato e sulla vocazione alla sostenibilità. Sollecitata in effetti anche dalle necessità di essere compliant con le normative. «Le nostre aziende partecipano con i clienti alla realizzazione di un prodotto sostenibile. Un imballo in polipropilene ci impegna a ripensare alle tecnologie per realizzarlo. Siamo piccole imprese innovative, produciamo macchinari complessi». E, si potrebbe aggiungere anche variegati: contenitori per l’industria alimentare (il segmento più rilevante, con una quota del 269 per cento), tubi, fanali delle auto sacche medicali, fiml e reti protettive per l’agricoltura, prese, connettori.
Nel complesso, riassume Cavanna riferendosi alla nuova platea di aziende che rappresenta, «siamo un settore fondamentale per il Made in Italy, i nostri macchinari si rivolgono a fashion, food, auto». Come Federazione, «abbiamo la responsabilità di aiutare e associazioni più piccole a fare sistema, ampliare la gamma dei servizi».
Il progetto sull’IA, un Llm allenato con i dati del machinery: partito da Ucima, si allarga alle altre associazioni e anche all’esterno
Ad esempio, con il progetto relativo all’intelligenza artificiale. Un Llm addestrato sulla conoscenza condivisa del settore del machinery, aperto a tutte le aziende che vogliono introdurre l’intelligenza artificiale nel processo produttivo. «L’IA è un’occasione straordinaria, ma noi non vogliamo dare in pasto il nostro know-how a software che non possiamo controllare. Vogliamo mantenere il nostro vantaggio rispetto ai competitor che copiano e modificano, continuare a essere quelli che personalizzano, inventano e creano. Le imprese prese singolarmente, anche le più grosse dimensionalmente, non hanno sufficienti dati per creare un’IA efficiente».
Il progetto è ancora in fase di studio del modello. «Stiamo lavorando con diversi partner. Abbiamo raccolto finanziamenti, parlato con il ministro Urso, titolare del Mimit. Stiamo guardando con attenzione alla Fondazione nazionale per l’intelligenza artificiale che sta nascendo a Torino, lavoriamo con le università e facendo dei test. L’idea a brevissimo è allargare il progetto a tutte le quattro associazioni che aderiscono a Confindustria Macchine e a tutte le altre di beni strumentali che vorranno farne parte». Il concetto di fare sistema intorno all’IA viene sottolineato anche da Novicelli. Su questo fronte, un ruolo importante spetta ai competence center e ai Digital Innovation Hub, che possono aiutare le aziende fornendo esempi pratici di applicazione da prendere come riferimento per implementare soluzioni verticali di IA. Marchesini insiste su un concetto analogo: «dobbiamo replicare il picco di produttività raggiunto grazie a Industria 4.0 sviluppando soluzioni di intelligenza artificiale».
(Ripubblicazione dell’articolo pubblicato il 29 gennaio 2025)
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