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Gli enti del terzo settore potranno diventare imprese culturali e creative


Gli Enti del terzo settore si trovano oggi di fronte all’opportunità di aggiungere alla propria qualifica di Ets quella di impresa culturale e creativa (Icc). Un passaggio che può offrire vantaggi significativi, come una maggiore visibilità nei mercati e nei bandi specializzati, la possibilità di stringere partnership più solide con imprese e istituzioni e l’accesso a strumenti di finanziamento dedicati al settore creativo.

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Non tutti gli Ets, però, possono beneficiare di questa doppia qualifica, ma solo quegli enti che esercitano la propria attività esclusivamente o principalmente in forma di impresa commerciale (quindi le imprese sociali), ovvero gli Ets i cui ricavi da attività commerciali superano, in modo sistematico e continuativo, i proventi delle attività non commerciali.

Inoltre, l’attività deve rientrare tra quelle di interesse generale previste dal codice del terzo settore e dalla disciplina dell’impresa sociale, ossia le attività culturali di interesse sociale con finalità educativa, gli interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio, l’organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale e l’organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso (decreti legislativi 112/17, art. 2, co. 1, e 117/17, art. 5, co. 1, lettere d, f, i, k).

In questo quadro normativo si colloca la disciplina delle imprese culturali e creative, che ha recentemente trovato il suo compimento con il decreto direttoriale 10 luglio 2025 del ministero delle imprese e del made in Italy (Mimit), il dicastero guidato da Adolfo Urso che, in attuazione del cd. «decreto Icc» del 25 ottobre 2024, regola gli adempimenti per l’iscrizione alla sezione speciale del registro delle imprese ad esse dedicata, le specifiche tecniche e la modulistica per la presentazione delle relative istanze, nonché l’operatività della nuova sezione.

Tale decreto completa il percorso normativo avviato con la legge quadro per il made in Italy (l. 206/2023), che ha definito il perimetro normativo delle Icc, prevedendo anche un piano strategico pluriennale (art. 30) per favorirne lo sviluppo. Il successivo decreto del 18 dicembre 2024 del ministero della cultura ha, inoltre, istituito l’albo nazionale delle Icc di interesse nazionale, rafforzando ulteriormente il quadro.

In particolare, l’articolo 25 della richiamata legge quadro circoscrive la qualifica di Icc a quelle società, associazioni fondazioni o lavoratori autonomi che esercitano effettivamente (vale a dire con attività reali, documentate e concretamente svolte, non meramente dichiarate nello statuto) e in modo prevalente (cioè generando un volume di affari superiore al 50 per cento di quello complessivo) attività di ideazione, creazione, produzione, sviluppo, diffusione, promozione, conservazione, ricerca, valorizzazione e gestione di beni, attività e prodotti culturali, nonché attività di supporto a queste ultime.

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I requisiti per la doppia qualifica

Dunque, gli Ets interessati, mantenendo l’iscrizione al Runts, potranno iscriversi nella sezione speciale Icc del registro delle imprese competente per territorio, rispettando i requisiti richiesti (corretta classificazione Ateco, prevalenza dell’attività culturale, disponibilità di archivi e documentazione a supporto, ecc.). Ciò comporterà inevitabilmente l’assoggettamento ai controlli previsti per entrambe le qualifiche.

Queste novità consentono agli Enti del terzo settore di valorizzare la loro natura imprenditoriale in campo culturale e creativo, pur mantenendo le finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che caratterizzano il terzo settore.

Il ruolo degli Ets nello sviluppo dei territori

In prospettiva, la doppia qualifica consente a tali enti di assumere un ruolo ancora più attivo nello sviluppo dei territori. Le attività culturali e creative, infatti, generano occupazione qualificata e fungono da volano per altri comparti, come il turismo sostenibile e la rigenerazione urbana.

Esempi come il piano integrato «Caruggi» di Genova, volto a valorizzare il patrimonio storico e culturale, i progetti di rigenerazione urbana attraverso processi culturali a Bologna e Padova, le candidature a capitale italiana della cultura volte a valorizzare il patrimonio culturale e creativo delle città italiane, mostrano come le iniziative culturali possano portare trasformazioni sociali, culturali ed economiche dei territori e delle comunità.

Con la legge quadro sul made in Italy e i successivi decreti di attuazione, dunque, le Icc sono state riconosciute come asset strategico nazionale, in linea con le politiche europee. Un riconoscimento che, grazie anche alla possibilità della doppia qualifica, coinvolge direttamente il terzo settore, aprendo la strada a politiche mirate, nazionali e locali, capaci di rafforzare il sistema culturale e creativo in tutte le realtà territoriali. (riproduzione riservata)



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