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Gli “invisibili”, le cittadine e i cittadini che non rientrano nei criteri statistici ufficiali di povertà ma che sono incapaci di accedere a un’alimentazione adeguata, sono in aumento. A lanciare l’allarme è il Report “Fragili equilibri” di ActionAid, secondo cui nel 2023 le persone che si sono ritrovate in una condizione di deprivazione alimentare sono aumentate di 680mila unità rispetto all’anno precedente.

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Per il terzo anno di fila, ActionAid ha raccolto e pubblicato, a fine luglio, i dati sulla povertà alimentare in Italia, partendo dalle statistiche fornite dall’Istat. Numeri che raccontano una realtà sempre più diffusa, che non riguarda solo chi vive in condizioni di grave povertà, ma anche tante famiglie alle prese con lavori precari, affitti elevati e un senso costante di incertezza e che vedono nel cibo la prima cosa su cui risparmiare. Il fenomeno, evidenzia il Rapporto, non riguarda solo la quantità di cibo a disposizione, ma anche la qualità, la varietà, la regolarità dei pasti e il valore sociale del mangiare insieme.

Per misurare la complessità di questa condizione, ActionAid si è avvalsa di strumenti come: la scala Fies (Food insecurity experience scale); l’indice Dams (Deprivazione alimentare materiale e sociale), che distingue chi non è in grado di permettersi un pasto completo ogni due giorni da chi non riesce ad incontrare amici o parenti per condividere un pasto almeno una volta al mese; indicatori relativi al consumo alimentare.


Fig.1 Tasso di Dams in Italia 2019-2023

Un Paese diviso

Nel 2023, le persone costrette a vivere una situazione di povertà alimentare sono 5,9 milioni, con una netta frattura tra Nord e Sud del Paese. Le regioni meridionali sono le più colpite: in Campania si contano 877mila persone in difficoltà, in Puglia 721mila, in Calabria 503mila e in Sicilia 540mila. In termini percentuali, la Calabria registra l’incidenza più alta (31,7%), seguita da Puglia (21,3%) e Campania (18,4%).

La povertà alimentare, continua il Rapporto, non risparmia le regioni settentrionali: in Lombardia oltre 714mila persone vivono questa condizione, mentre in Veneto sono più di 396mila. Anche il Lazio presenta numeri elevati, con 745mila persone coinvolte. Il 2023 ha segnato un’inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti, con un aumento della deprivazione alimentare in tutte le macroaree italiane.

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Fig. 2 Tasso di Dams per tipo di nucleo famigliare

Le fasce più esposte

A pagare dazio più degli altri sono le cittadine e i cittadini tra i 35 e i 44 anni, spesso carichi di responsabilità economiche e familiari. Tra i fattori che incidono maggiormente vi sono la precarietà lavorativa, la condizione abitativa (specialmente per chi vive in affitto a prezzi di mercato), la composizione del nucleo familiare (monogenitoriali, numerose o unipersonali) e il background migratorio. In particolare, le donne migranti nel Mezzogiorno sono tra le categorie più vulnerabili, penalizzate da una combinazione di svantaggi economici, abitativi e occupazionali.

Non è solo una questione di reddito. Secondo l’Istat, nel 2023, il 15,6% delle famiglie italiane – oltre 4 milioni di nuclei – si trova a rischio di povertà alimentare, avendo speso per il cibo meno della media nazionale. Il fenomeno è particolarmente acuto in Sardegna (27,2% delle famiglie), Molise (24,6%), Calabria (21,9%) e Puglia (20,6%). Anche in regioni tradizionalmente più solide come il Trentino-Alto Adige (21%) e la Lombardia (17,7%) si rilevano segnali preoccupanti.

Dall’assistenza all’approccio sistemico. ActionAid denuncia l’assenza di una strategia nazionale strutturata contro la povertà alimentare. Il Programma nazionale inclusione 2021–2027 si limita a prevedere la distribuzione gratuita di beni di prima necessità, senza affrontare le cause strutturali del fenomeno. Per questo l’associazione sottolinea la necessità di superare l’approccio emergenziale a favore di una strategia integrata, che includa strumenti di monitoraggio più efficaci, il riconoscimento della mensa scolastica come servizio pubblico essenziale e un ruolo più incisivo degli enti locali per contrastare il fenomeno. Serve una governance partecipata, coinvolgimento attivo delle comunità e valorizzazione dell’agency delle persone, affinché le soluzioni siano eque, sostenibili e rispettose della dignità. Per questo, conclude il Rapporto, è fondamentale rafforzare l’integrazione tra politiche nazionali e azione territoriale: le politiche pubbliche devono inserirsi in modo coerente nei contesti locali, attraverso un coinvolgimento più significativo nella definizione di strategie e allocazione delle risorse.

Scarica il Rapporto

di Tommaso Tautonico

Copertina: addtodsaporn



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