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Machinery & sostenibilità: ecco il modello che trasforma la sostenibilità in valore secondo Bain & Company


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Andrea Isabella, senior partner e responsabile italiano del settore Advanced Manufacturing & Services di Bain & Company.

«Per i costruttori dei macchinari, è giunta l’ora del consolidamento. Il comparto è destinato a crescere nei prossimi anni, con previsioni di aumento tra il 3% e il 5% annuo nel lungo termine. Tuttavia, per sostenere lo sviluppo, è necessario incentivare l’aggregazione tra imprese, per rafforzare la competitività di quelle italiane a livello globale. Ma la novità è che, a differenza del passato, ora ci sono le condizioni perché ciò avvenga». Lo afferma Andrea Isabella, senior partner e responsabile Sud Europa advanced manufacturing & services di Bain & Company, una delle principali società di consulenza strategica a livello globale. L’industria dei macchinari rappresenta una colonna portante dell’industria e della manifattura, con un fatturato complessivo che vale 56 miliardi di euro e oltre 5.100 imprese attive, capaci di generare occupazione per più di 860mila addetti.

Questo settore, che da sempre coniuga artigianalità, ingegno e tecnologia, non è solo uno dei motori della manifattura nazionale, ma un punto di forza riconosciuto a livello internazionale. La peculiarità dell’industria italiana del machinery risiede nella sua capacità di integrare competenze meccaniche, elettroniche e digitali, mantenendo una forte attenzione alla personalizzazione e alla qualità del prodotto. Questa capacità, che ricorda il genio leonardesco nell’arte di combinare tecnologie diverse in modo innovativo, si manifesta in una grande varietà di comparti altamente specializzati. Il settore è estremamente diversificato. Federmacchine, la federazione italiana di riferimento per l’industria dei beni strumentali, rappresenta un’ampia gamma di comparti industriali tra cui macchine utensili, per la lavorazione di plastica e gomma, packaging e industria alimentare. Include anche macchinari per il legno, l’industria grafica e cartaria, la ceramica, il vetro, il marmo e la pietra, oltre a quelli per la fonderia e per il settore tessile. A questi si affiancano macchinari più specializzati, come valvole e pompe industriali, indispensabili per l’oil & gas, la chimica e la gestione delle risorse idriche. A questi si affiancano macchinari più specializzati, come valvole e pompe industriali, indispensabili per l’oil & gas, la chimica e la gestione delle risorse idriche. Tra le aziende italiane del settore, Ima, Coesia, Biesse, Fpt, Marchesini, Prima Industrie, Ficep, Pfm, Nuovo Pignone International, Goglio, Scm, Sacmi, Danieli, Socomec, Pietro Fiorentini, Valvitalia, Orion, Flowserve, Cameron, Plax, Prse, Officine Meccaniche Giovanni Cerutti, World Graphic Machine, Pigato Macchine Grafiche, OverMade, Andritz, Papiria e tante altre.

Peraltro, qualche giorno fa è stata ufficialmente costituita la Federazione Confindustria Macchine, che nasce dall’unione di quattro importanti associazioni italiane del settore: Ucima, che rappresenta i costruttori di macchine per il confezionamento e l’imballaggio; Acimac, specializzata nelle macchine e attrezzature per l’industria ceramica; Acimall, dedicata alle tecnologie per la lavorazione del legno; e Amaplast, che riunisce i produttori di macchine e stampi per materie plastiche e gomma. Riccardo Cavanna è stato eletto come primo presidente per il biennio 2025-2027.

Il settore è a un punto di svolta. Un tempo le imprese italiane, spesso piccole e medie, crescevano con qualità e innovazione tecnica, ma oggi non basta più. La concorrenza è feroce, la tecnologia avanza rapidamente e gli investimenti necessari sono sempre più alti. Il consolidamento non è più un’opzione, ma una scelta strategica. L’innovazione – tra digitalizzazione, IA e automazione – richiede capitali ingenti, difficili da sostenere per le piccole imprese, mentre i grandi gruppi possono investire con più continuità. La competizione globale è dominata da colossi tedeschi e asiatici con risorse superiori. Se le aziende italiane restano frammentate, rischiano di perdere terreno, mentre unirsi le renderebbe più competitive. Infine, l’internazionalizzazione impone forti investimenti in distribuzione e stabilimenti all’estero, un percorso più accessibile alle realtà strutturate, mentre le piccole rischiano di restare confinate al mercato locale.

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Andrea Isabella, senior partner e responsabile italiano Ams di Bain & Company..

Per la prima volta, ci sono le condizioni per accelerare questo processo. Il forte interesse della finanza e dei fondi di private equity sta portando nuove risorse nel settore, favorendo operazioni strategiche e aggregazioni industriali. Casi emblematici come Ima in Italia e Syntegon in Germania, già sostenuti da investitori finanziari, dimostrano che il mercato si sta muovendo in questa direzione. Inoltre, fusioni come quella tra Ima e ProMach, che potrebbe dare vita a un gruppo da 5 miliardi di euro con una possibile quotazione a Wall Street, mostrano il potenziale di queste operazioni nel creare aziende più forti e resilienti.

Un consolidamento ben strutturato non solo garantisce maggiore solidità finanziaria, ma offre anche la possibilità di diversificare il rischio, come accade in un portafoglio azionario: essere presenti in più mercati e in settori diversi permette di bilanciare eventuali flessioni con aree in crescita. In un contesto in cui i mercati emergenti – come Messico, Vietnam e Indonesia – stanno diventando nuove frontiere dell’export, e la servitizzazione sta guadagnando spazio, avere aziende più grandi e strutturate significa poter cogliere queste opportunità con maggiore forza.

D: Ecco, sull’andamento e le prospettive di questo settore del machinery in generale per i prossimi anni, che cosa possiamo dire di originale? E che futuro possiamo aspettarci? 

R: L’industria dei macchinari rappresenta un pilastro fondamentale per l’economia italiana, grazie a una tradizione di eccellenza ingegneristica che ha permesso di sviluppare un comparto altamente specializzato. Questa capacità innovativa, che richiama il genio leonardesco nella combinazione creativa di diverse tecnologie, continua a essere un elemento distintivo del settore.

Tuttavia, il comparto sta attraversando un’evoluzione significativa. Se in passato l’innovazione si misurava principalmente sulla qualità meccanica, la durata e la performance delle macchine, oggi i fattori chiave sono cambiati. Il settore sta andando oltre la pura meccanica e meccatronica, integrando sempre più elementi legati al software, all’intelligenza artificiale, alla gestione dei dati e alla connettività.

D: Ecco, esattamente cosa comporta l’evoluzione dei fattori chiave del settore del machinery?

R: Questo cambiamento richiede nuove competenze, con una crescente domanda di figure come data analyst e sviluppatori software. In questo scenario, il ruolo dei tradizionali produttori di macchinari si sta trasformando. Accanto a loro, stanno emergendo nuovi attori, come le aziende specializzate in software e soluzioni digitali, che contribuiscono all’innovazione con strumenti come il digital twin. Oggi, chi investe in macchinari non cerca più soltanto prestazioni elevate, ma anche flessibilità e adattabilità a diversi contesti di mercato e applicazioni. Questo implica un cambiamento nel modo in cui si progetta e si vende l’innovazione.

La produzione (dati Ucimu) è calata dell’11,4% rispetto al 2023 attestandosi a 6,7 miliardi. È stato registrato un crollo del consumo interno del 34,8%, a 3,8 miliardi. L’export invece è cresciuto del 6,3% con 4,5 miliardi. (Fonte: Ucimu).

Un’altra sfida fondamentale riguarda l’internazionalizzazione. Se in passato i mercati domestici e regionali erano sufficienti per garantire la crescita delle aziende del settore, oggi è indispensabile rafforzare la presenza globale. Ciò significa conoscere mercati esteri, sviluppare reti di distribuzione più ampie e rafforzare le capacità finanziarie su scala internazionale. Per affrontare queste sfide, è cruciale favorire il consolidamento del settore, creando operatori di maggiori dimensioni capaci di competere su scala globale. L’Italia ha già molti campioni industriali, ma c’è ancora margine per crescere e rafforzarsi. Il trend di consolidamento in corso deve proseguire, perché può rafforzare ulteriormente la competitività italiana e portarla al livello internazionale che merita.

D: A suo giudizio ci sono le condizioni per il consolidamento del settore?

Alberto Vacchi, presidente e ad di Ima. L’azienda potrebbe fondersi con l’americana Promach, dando vita a un gruppo da 5 miliardi di valore.

R: Un elemento assai favorevole in questo contesto è il forte interesse della finanza nel settore, in particolare da parte dei fondi di private equity. Stiamo assistendo a un aumento significativo degli investimenti finanziari nell’industria dei macchinari, come dimostrano casi emblematici come Ima, che da tempo ha fondi di investimento nel proprio azionariato, o la tedesca Syntegon (divisione Bosch Packaging Technology è stata acquisita dal fondo di private equity Cvc Capital Partner), controllata da investitori finanziari. Anche molte aziende di dimensioni più piccole stanno seguendo questa tendenza. Questa situazione rappresenta un’opportunità unica: il sistema finanziario ha la capacità e l’interesse di supportare la crescita e lo sviluppo di piattaforme industriali più grandi e competitive. Per gli imprenditori, questo significa poter contare su risorse per le finalità di cui abbiamo parlato.

D: A proposito di Ima, la società della famiglia Vacchi, la fusione con l’americana Promach, si sta formando un gruppo da 5 miliardi che potrebbe venire quotato a Wall Street. Questa operazione può fare scuola? Possiamo aspettarci operazioni del genere nel comparto macchine?

R: Non entro nel merito di questa specifica operazione. Posso solo dire, in via del tutto generale, che la creazione di gruppi di grandi dimensioni non solo migliora la capacità di investimento, ma garantisce anche maggiore resilienza. Essere presenti in più mercati e operare in settori diversificati consente di compensare eventuali flessioni in un segmento con la crescita in un altro, proprio come avviene in un portafoglio azionario ben diversificato. Questo tipo di operazioni, quindi, non solo rendono le aziende più competitive, ma le proteggono anche da crisi congiunturali specifiche di un singolo mercato o settore. In sintesi, fusioni e acquisizioni di questa portata sono destinate a diventare sempre più frequenti nel comparto macchine, perché rappresentano una strategia vincente per affrontare le sfide di un mercato globale sempre più competitivo e tecnologicamente avanzato.

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i business leader e gli imprenditori del settore dovrebbero concentrarsi non solo sull’innovazione di prodotto, che è sempre stata una leva fondamentale, ma anche sull’innovazione del modello di business. È essenziale adottare un approccio strategico che includa investimenti nel futuro, acquisizioni mirate e un’evoluzione delle competenze interne. (Fonte: Bain & Company)

D: A proposito della citata internazionalizzazione, secondo un report Ucimu-Confindustria ci sono mercati emergenti per l’export, come Messico, Brasile, Tailandia, Arabia Saudita, Vietnam e Indonesia. Lei come la vede?

R: Tra i mercati emergenti per l’export dei macchinari, Vietnam e Indonesia rappresentano opportunità particolarmente interessanti. Questi paesi stanno vivendo una fase di forte industrializzazione e sviluppo economico, rendendoli destinazioni sempre più attrattive per le aziende del settore. Il Messico, invece, ha assunto un ruolo strategico grazie al fenomeno del nearshoring: molte aziende stanno trasferendo la produzione in territorio messicano per servire in modo più efficiente il mercato nordamericano, beneficiando di costi di manodopera più contenuti rispetto agli Stati Uniti, senza le complessità della supply chain globale. Vietnam e Indonesia, d’altra parte, stanno emergendo come alternative alla Cina. Molti produttori stanno guardando a questi paesi non solo come nuovi poli produttivi, ma anche come mercati con un forte potenziale di crescita. L’Indonesia, in particolare, grazie alla sua vasta popolazione e alla rapida espansione economica, si sta configurando come un’area di grande interesse per l’industria dei macchinari. Questi mercati non solo offrono nuove opportunità di vendita, ma rappresentano anche hub produttivi sempre più strategici in un contesto globale che sta ridisegnando le sue catene di fornitura.

D: È possibile fare altre considerazioni utili ai business leader del settore?

R: In questa fase del mercato, i business leader e gli imprenditori del settore dovrebbero concentrarsi non solo sull’innovazione di prodotto, che è sempre stata una leva fondamentale, ma anche sull’innovazione del modello di business. È essenziale adottare un approccio strategico che includa investimenti nel futuro, acquisizioni mirate e un’evoluzione delle competenze interne. Un altro aspetto cruciale è la managerializzazione delle imprese, ossia il passaggio da una gestione imprenditoriale tradizionale a un modello più strutturato, capace di portare le aziende a un livello superiore. Molti imprenditori hanno storicamente rappresentato il cuore tecnico delle loro aziende, custodendo il know-how dei macchinari e guidando l’innovazione nel settore. Oggi, tuttavia, questa fase sta cambiando: le opportunità di crescita e sviluppo sono numerose, e chi saprà coglierle potrà rafforzare la propria posizione sul mercato.

Tra i mercati emergenti, il Messico ha assunto un ruolo strategico grazie al fenomeno del nearshoring: molte aziende stanno trasferendo la produzione in territorio messicano per servire in modo più efficiente il mercato nordamericano, beneficiando di costi di manodopera più contenuti rispetto agli Stati Uniti, senza le complessità della supply chain globale(Fonte: Bain & Company).

D: Lei come vede il 2025, l’anno in corso, per i macchinari in generale anzitutto?

R: Il 2025 sarà probabilmente un anno migliore del 2024, grazie a un contesto più stabile e alla riduzione di molte incertezze. Tuttavia, l’andamento varierà a seconda dei comparti. Un fattore chiave sarà l’evoluzione delle politiche commerciali internazionali, in particolare le tariffe e le decisioni economiche degli Stati Uniti, che impattano non solo la vendita di macchinari ma l’intera filiera produttiva e logistica. Trend strutturali come il reshoring e l’attenzione all’efficienza produttiva ed energetica continueranno a sostenere una crescita stimata tra il 3% e il 5%, con alcuni settori più dinamici di altri. industrial automation e robotica registreranno un’espansione significativa, spinte dall’intelligenza artificiale e dall’uso avanzato dei dati per migliorare la produttività. Anche la logistica e il material handling beneficeranno della digitalizzazione, con soluzioni sempre più intelligenti per ottimizzare le catene di distribuzione. Al contrario, comparti più tradizionali come le macchine utensili e i macchinari di precisione, legati alla meccanica classica, potrebbero crescere a un ritmo più moderato.

D: Si citava il comparto delle macchine utensili. La produzione (dati Ucimu) è calata dell’11,4% rispetto al 2023 attestandosi a 6,7 miliardi. È stato registrato un crollo del consumo interno del 34,8%, a 3,8 miliardi. L’export invece è cresciuto del 6,3% con 4,5 miliardi. Va detto che nel quarto trimestre c’è stato un aumento tendenziale degli ordini dell’11,4%. Ora, il 2024 resta in territorio negativo, ma questa impennata finale fa pensare ad una ripresa del settore? Lei diceva che il comparto potrebbe crescere a ritmo moderato: come andrà nel 2025?

settori trainanti come l’automotive e la meccanica hanno subito un rallentamento, con un impatto diretto sulla domanda di macchine utensili.

R: Difficilmente il 2025 potrà andare peggio del 2024, che è stato particolarmente duro per il comparto. Quest’ultimo ha registrato tassi di crescita più bassi rispetto ad altri settori dei macchinari, principalmente perché è strutturalmente legato all’industria pesante e tradizionale, con una forte dipendenza da mercati chiave come la Germania.  Il rallentamento del 2024 è stato influenzato da diversi fattori, tra cui l’incertezza politica ed economica a livello globale, in particolare negli Stati Uniti, che ha portato a un congelamento degli investimenti. Inoltre, settori trainanti come l’automotive e la meccanica hanno subito un rallentamento, con un impatto diretto sulla domanda di macchine utensili. Per il 2025, prevedo un miglioramento rispetto all’anno precedente, anche se non ci sarà un rimbalzo netto. Il settore delle macchine utensili tende a rispondere con un certo ritardo ai cicli di crescita, poiché gli investimenti in questo comparto dipendono da strategie industriali di lungo termine e dalla stabilizzazione dei mercati di sbocco.

D: Dunque, secondo Lei le macchine utensili torneranno in territorio positivo in termini di crescita?

R: Sì, ma senza aspettarsi una crescita entusiasmante. Il settore dovrebbe tornare in territorio positivo nei prossimi anni, ma con incrementi piuttosto contenuti, nell’ordine dell’1-2%.

D: Quali comparti delle macchine utensili potrebbero registrare una ripresa più rapida nel 2025?

R: È difficile fare previsioni precise senza un’analisi dettagliata, ma vorrei proporre una riflessione più ampia. Spesso, quando si parla di macchine utensili, ci si concentra sulla vendita di nuovi macchinari e sul loro andamento di mercato. Tuttavia, un aspetto fondamentale che viene spesso sottovalutato è l’importanza dei servizi associati al settore. Il comparto dei macchinari genera mediamente tra il 20% e il 40% del proprio fatturato dai servizi, una componente che, oltre a essere più stabile nel tempo, è anche molto più redditizia rispetto alla sola vendita delle macchine. In molti casi, le aziende del settore generano ricavi quasi equamente distribuiti tra la vendita di nuovi macchinari e l’erogazione di servizi, come assistenza, manutenzione, aggiornamenti e ricambi. Questo aspetto è cruciale perché, quando il mercato delle nuove macchine rallenta, cresce invece la domanda di manutenzione e aggiornamento del parco macchine esistente. Chi possiede macchinari industriali, se non può permettersi o non trova conveniente acquistare nuovi modelli, investirà nella modernizzazione e nella manutenzione di quelli già in uso. Ciò significa che, anche in un contesto in cui la vendita di nuove macchine utensili potrebbe riprendersi solo gradualmente, il mercato dei servizi ha un potenziale di crescita significativo. Alcune aziende lo hanno già compreso e stanno investendo in questa direzione.

D: Quanto alle macchine per il packaging, chiudono in positivo nel mercato domestico (a 2 miliardi di euro, +2,5%) e fanno registrare un forte successo nell’export (con un valore di 7,5 miliardi, +3,8%). Come si spiega questo diverso andamento delle macchine per il packaging rispetto a quelle utensili? È una tendenza che è destinata a continuare nel 2025?

Macchina per il packaging alimentare. Le aziende stanno investendo in nuovi macchinari per rispondere a esigenze di sostenibilità, come il passaggio dalla plastica alla carta o l’introduzione di formati più piccoli e monouso. Questi cambiamenti comportano la necessità di nuove soluzioni di confezionamento, alimentando la domanda di macchine più moderne.

R: Sì, ritengo che questa tendenza sia destinata a proseguire anche nel 2025. Ci sono diversi motivi che spiegano perché il settore delle macchine per il packaging stia registrando performance migliori rispetto a quello delle macchine utensili. Innanzitutto, il mercato del packaging è legato ai settori di sbocco, come quello dei beni di consumo e dell’industria farmaceutica, che sono in buona salute. Il comparto farmaceutico, in particolare, è in forte espansione, mentre il settore dei beni di consumo – che comprende alimenti, pet food, bevande e altri prodotti – pur a un ritmo più contenuto, mantiene una crescita costante nel tempo. Un altro elemento determinante è la continua trasformazione del settore del packaging, che richiede frequenti aggiornamenti e adeguamenti tecnologici. Le aziende stanno investendo in nuovi macchinari per rispondere a esigenze di sostenibilità, come il passaggio dalla plastica alla carta o l’introduzione di formati più piccoli e monouso. Questi cambiamenti comportano la necessità di nuove soluzioni di confezionamento, alimentando la domanda di macchine più moderne. Un fenomeno interessante, che si osserva da anni, è che il settore delle macchine per il packaging cresce a un ritmo superiore rispetto alla crescita del mercato di riferimento. Questo accade perché non si tratta solo di un aumento della capacità produttiva, ma anche di un’evoluzione continua in termini di formati, produttività e localizzazione degli impianti. Per questo motivo, ritengo che il comparto delle macchine per il packaging continuerà a registrare risultati positivi anche nei prossimi anni, con una crescita sostenuta sia sul mercato domestico che nell’export.

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D: L’Italia è fra i principali produttori al mondo di valvole industriali. È un settore da 3 miliardi e in crescita, con nomi di spicco come Pietro Fiorentini, Valvitalia, Orion, Flowserve, Cameron. Ma è anche un comparto legato a doppia mandata all’oil&gas: 9 valvole su dieci vengono acquistate per impianti di estrazione. Come vede il futuro andamento delle valvole? Resteranno agganciate al petrolio?

Le valvole industriali sono un comparto storico in cui l’Italia eccelle. Fra le aziende più importanti Valvitalia. che realizza sono le valvole per oil & gas. Dispositivi particolari, che resistono ad alte e basse pressioni e a temperature estreme, che mantengono livello di perdita zero o di poche gocce per metro cubo.

R: Il settore delle valvole industriali è un comparto storico in cui l’Italia eccelle, soprattutto nella produzione di valvole di alta qualità per il segmento upstream, ovvero quelle utilizzate nelle fasi di estrazione e produzione del petrolio e del gas. Oltre a queste, esistono altri segmenti importanti, come le valvole per il Gpl, il metano e la distribuzione del gas naturale, che rappresentano una parte significativa del mercato. Il legame con l’oil & gas rimane forte, e difficilmente verrà meno nel breve periodo. Anche considerando il settore in un’accezione più ampia, la maggior parte delle applicazioni industriali per le valvole riguarda la gestione di fluidi legati agli idrocarburi. Questo significa che, nonostante le trasformazioni in corso nel panorama energetico globale, il comparto continuerà a essere strettamente connesso all’industria petrolifera, sia nella fase di produzione che in quella di distribuzione.

D: Dunque non esistono possibilità di diversificazione?

R: Ci sono, ma con limiti ben precisi. Alcuni segmenti di mercato alternativi, come i gas tecnici per uso industriale, offrono opportunità di crescita, anche se su volumi inferiori rispetto all’oil & gas. Un altro settore potenzialmente interessante riguarda la distribuzione idrica, che in Italia necessiterebbe di importanti investimenti per il rinnovamento delle reti. Tuttavia, questa trasformazione, pur discussa da anni, non si è ancora concretizzata su larga scala. Una scommessa più recente riguarda l’idrogeno, considerato un possibile gas del futuro per la mobilità e l’industria. Tuttavia, al momento lo sviluppo delle reti di distribuzione dell’idrogeno è ancora in una fase sperimentale e non ha ancora raggiunto una maturità tale da rappresentare un mercato consolidato per i produttori di valvole. Se questa tecnologia dovesse affermarsi, potrebbe aprire nuove opportunità soprattutto nel segmento della distribuzione, più che in quello upstream. Infine, va considerato che il settore delle valvole è fortemente radicato in alcune aree industriali italiane, come la Valtellina, dove esistono distretti produttivi specializzati. Queste aziende, per ora, rimangono legate all’oil & gas.

D: Complessivamente questo settore continuerà a andare bene?

R: A livello generale, come detto, l’elemento chiave è l’evoluzione delle politiche energetiche globali, in particolare quelle legate all’oil & gas. Se, ad esempio, negli Stati Uniti dovesse esserci un cambio di strategia con un maggiore sostegno alle attività di estrazione e produzione di petrolio e gas, ciò potrebbe avere un impatto positivo sul mercato delle valvole e sugli investimenti nell’upstream.

D: Tornando ai macchinari in generale, come possono i produttori ottimizzare l’adozione dei gemelli digitali per migliorare la manutenzione predittiva e l’efficienza operativa, superando sfide legate alla creazione di infrastrutture cloud centralizzate, alla gestione continua dei dati e alla sensibilizzazione dei clienti sulla condivisione dei dati?

R: Le sfide tecniche citate sono reali, ma stanno diventando sempre più gestibili con l’evoluzione delle tecnologie digitali. Problemi che qualche anno fa sembravano insormontabili, come la gestione dei flussi di dati in cloud o l’integrazione dei sistemi, oggi stanno trovando soluzioni sempre più rapide. Tuttavia, un aspetto ancora critico è la cybersecurity e la protezione della proprietà intellettuale, che rimangono temi sensibili ma destinati a essere affrontati con soluzioni sempre più sofisticate. Dal punto di vista dei produttori, però, la vera sfida non è tecnologica, ma di posizionamento strategico. Il valore di un gemello digitale non sta tanto nella replica di una singola macchina, ma nella capacità di rappresentare l’intero processo produttivo. Questo significa che per massimizzare l’efficacia del digital twin, un produttore di macchinari dovrebbe ampliare la propria visione, comprendendo come il suo prodotto si inserisce in tutta la catena del valore, dall’approvvigionamento delle materie prime fino alla logistica finale. Se un’azienda si limita a sviluppare il digital twin della propria macchina, corre il rischio che il vero valore venga catturato da chi fornisce una visione d’insieme del sistema produttivo. Questo apre il mercato a nuovi attori, spesso non legati al settore dei macchinari, ma specializzati nell’integrazione e nell’analisi dei dati.

D: Perché è un rischio per i produttori?

L’introduzione dei digital twin nella produzione industriale implica una serie di cambiamenti nei processi aziendali e industriali. E potenzialmente è un rischio, perché chi fornisce il digital twin dell’intero processo finisce per catturare anche la maggior parte del valore.

R: Perché chi fornisce il digital twin dell’intero processo finisce per catturare anche la maggior parte del valore. Il cliente finale, infatti, non è interessato a ottimizzare una singola macchina, ma tutto il suo sistema produttivo, dalla gestione delle materie prime alla logistica. Facciamo un esempio: un produttore di macchine per il packaging può concentrarsi sulla fase in cui il prodotto viene confezionato, ma il cliente ha bisogno di ottimizzare l’intera catena, che include lo stoccaggio delle materie prime, la produzione, il confezionamento, la logistica e la distribuzione. Se il produttore si limita a offrire un digital twin della sua macchina, il vero valore lo catturerà chi sviluppa la piattaforma di ottimizzazione dell’intero processo. Questo fenomeno, nel contesto dei servizi digitali, è ancora più evidente in settori complessi come la siderurgia, dove il processo produttivo è estremamente articolato. Chi fornisce il digital twin di sistema diventa l’attore principale. Per evitare questo scenario, le aziende di macchinari devono evolvere e posizionarsi strategicamente lungo tutta la filiera, diventando esse stesse fornitori di soluzioni integrate, non solo di prodotti

D: In che modo l’IA, inclusa la generativa, può trasformare i processi nel settore dei macchinari, considerando le limitazioni attuali in termini di integrazione tecnologica e competenze disponibili?

R: L’IA sta trasformando il settore dei macchinari su due fronti: ottimizzazione dei processi aziendali e miglioramento dell’interazione con i clienti. A livello interno, consente di velocizzare analisi e reportistica, automatizzare la gestione tecnica e ottimizzare amministrazione, approvvigionamento e sviluppo prodotti, riducendo tempi e costi. Sul fronte clienti, sta rivoluzionando il supporto tecnico con sistemi di riconoscimento automatico per l’identificazione dei componenti e la gestione più rapida dei ricambi. Inoltre, l’IA migliora la manutenzione predittiva, riducendo i guasti e garantendo maggiore continuità operativa. Il vero ostacolo all’adozione dell’IA non è tanto tecnologico, quanto culturale: le aziende devono superare la resistenza al cambiamento e integrare queste tecnologie con una strategia a lungo termine per sfruttarne il potenziale. Ci troviamo in una fase simile a quella vissuta durante la digitalizzazione: inizialmente molte aziende faticavano a comprendere il valore delle nuove tecnologie, e ancora oggi alcuni manager preferiscono affidarsi a metodi tradizionali piuttosto che esplorare soluzioni basate su IA. Questo atteggiamento rallenta l’adozione, perché senza una chiara visione dall’alto, l’implementazione delle nuove tecnologie rischia di essere frammentaria e poco efficace. Il cambiamento deve partire dalla leadership aziendale, che deve essere in grado di identificare le aree in cui l’intelligenza artificiale può realmente portare valore e promuovere una cultura dell’innovazione all’interno dell’organizzazione.

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D: In che modo le aziende di macchinari possono implementare sistemi di gestione chiusa del ciclo di vita del prodotto (closed-loop Plm) per ottimizzare ogni fase, dalla progettazione alla fine del ciclo di vita, garantendo un flusso continuo di dati utili per ridurre il time-to-market, superando le difficoltà di integrazione tra team, tecnologie e processi aziendali?

Il vero ostacolo all’adozione dell’IA non è tanto tecnologico, quanto culturale: le aziende devono superare la resistenza al cambiamento e integrare queste tecnologie con una strategia a lungo termine per sfruttarne il potenziale. (Fonte: Bain & Company)

R: Il principio alla base di questa metodologia è la raccolta e l’analisi continua di dati lungo tutto il ciclo di vita di un prodotto, dalla progettazione alla dismissione, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza, la qualità e la sostenibilità. Tuttavia, la sua applicazione presenta alcune sfide. Innanzitutto, i costi di gestione dei dati lungo tutto il ciclo di vita non sono trascurabili, soprattutto quando il prodotto esce dal perimetro dell’azienda e diventa più complesso monitorarlo. In secondo luogo, la velocità di innovazione in alcuni settori può rendere difficile la chiusura del ciclo: se un prodotto viene aggiornato frequentemente, i dati raccolti su versioni precedenti possono perdere rapidamente di valore. Nonostante queste difficoltà, le nuove tecnologie, come l’IA, stanno semplificando la raccolta e l’elaborazione dei dati, rendendo più accessibile l’implementazione di un Plm chiuso. Inoltre, l’adozione di strumenti di simulazione avanzata, come i gemelli digitali, può accelerare il processo di ottimizzazione, permettendo alle aziende di ottenere insight preziosi senza attendere lunghi cicli di feedback dal mercato. Alla fine, le aziende adotteranno questa strategia solo se risulterà economicamente conveniente. Se i costi e la complessità di gestione saranno troppo elevati, il modello resterà limitato a settori specifici.

D: Da anni si parla di servitizzazione, ma i numeri continuano a rimanere modesti. Diventerà davvero un fenomeno significativo, oppure è soltanto una moda spinta dai fornitori di componenti e tecnologie?

R: La servitizzazione, il passaggio dalla vendita di macchinari alla fornitura di servizi, è un trend in crescita, ma il modello Machine-as-a-Service (MaaS), in cui i clienti pagano per l’uso anziché acquistare, fatica a diffondersi su larga scala. Il motivo principale è la complessità finanziaria e operativa: le aziende produttrici dovrebbero sostenere l’investimento iniziale, aumentando i rischi e modificando la gestione dei bilanci, mentre i clienti dovrebbero impegnarsi in contratti a lungo termine, con tutte le difficoltà che ne derivano. Tuttavia, i servizi stanno diventando sempre più importanti, con molte aziende che investono in assistenza, manutenzione predittiva e monitoraggio remoto, poiché questi generano ricavi più stabili rispetto alla sola vendita di macchinari. Più che una transizione totale al MaaS, è più realistico un approccio ibrido, dove la vendita tradizionale resta centrale, ma cresce l’offerta di servizi aggiuntivi, con alcuni settori più predisposti a questo cambiamento rispetto ad altri.

D: Infine, Transizione 5.0 è stata un fallimento, addirittura controproducente per i vari settori dei macchinari, che nella migliore delle ipotesi l’hanno ignorata, nella peggiore sono stati danneggiati. In futuro, ci potrebbe essere qualcosa che il Governo potrebbe inventarsi per sostenere davvero il comparto?

R: Non commento Transizione 5.0, né do consigli al governo. In via molto generale, politiche mirate potrebbero facilitare l’accesso a nuovi mercati emergenti, sostenere l’internazionalizzazione e promuovere collaborazioni industriali con paesi strategici. La modalità con cui vengono costruiti gli incentivi fa tutta la differenza: non basta introdurre misure di sostegno, bisogna renderle accessibili, efficaci e in linea con le necessità del settore. Un sistema di incentivi ben strutturato può davvero fare la differenza, mentre interventi poco calibrati rischiano di essere inutili o addirittura dannosi per le imprese.

 

(Ripubblicazione dell’articolo pubblicato il 5 febbraio 2025)



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