La recente ricerca condotta dal Centro sulla Logistica e la Supply Chain dell’Università LIUC su oltre 600 direttori logistici italiani ha portato alla luce un paradosso interessante: l’intelligenza artificiale è ormai percepita come una leva strategica per affrontare le nuove complessità della supply chain, ma l’adozione concreta resta ancora limitata.
© KFI
Solo l’8% delle aziende intervistate ha oggi applicazioni di IA operative nei processi logistici, mentre il 22% è in fase di implementazione. Ciò significa che più del 70% delle imprese è ancora in una fase esplorativa o iniziale. Un dato che solleva interrogativi importanti, soprattutto in un settore come la logistica, oggi sottoposto a pressioni crescenti in termini di affidabilità, velocità e tracciabilità.
Un elemento particolarmente significativo riguarda le motivazioni che spingono le aziende verso l’adozione dell’IA. A differenza di quanto avviene in altri ambiti produttivi, l’automazione nella logistica non è trainata in prima battuta dalla riduzione dei costi, ma dalla necessità di elaborare e interpretare grandi volumi di dati con maggiore precisione, per migliorare le performance operative e gestire con più efficacia la complessità dei flussi.
© KFI
La differenza tra grandi imprese e PMI è un altro dato chiave: il 33% delle aziende con oltre 50 milioni di fatturato ha già avviato progetti di IA, contro il 21% delle piccole e medie imprese. Un gap che evidenzia come la disponibilità di risorse economiche e, soprattutto, di dati strutturati sia ancora un forte discriminante.
© KFINella foto a destra: Antonino Lanza, Strategy and Corporate Development di KFI
Infine, l’interesse maggiore si concentra su applicazioni pratiche come la previsione dei ritardi, la pianificazione intelligente delle attività e l’ottimizzazione dei trasporti: ambiti in cui l’IA può fare la differenza, a patto di essere accessibile, integrabile e realmente utile.
In questo contesto, emerge con forza la necessità di modelli operativi nuovi. La carenza cronica di manodopera qualificata, l’aumento dei costi del lavoro e la crescente complessità dei flussi logistici rendono improrogabile una trasformazione del modello operativo.
In questo scenario, l’IA non è solo uno strumento di automazione, ma un abilitatore strategico per distribuire meglio le competenze e liberare risorse da attività ripetitive, indirizzandole verso compiti a più alto valore aggiunto.
Nel nostro lavoro con le aziende della supply chain, vediamo ogni giorno come l’adozione di robot mobili autonomi (AMR), sistemi vocali o tecnologie di supporto al picking non solo risponda alla carenza cronica di manodopera, ma contribuisca anche a valorizzare il lavoro umano, riducendo l’impatto delle attività più faticose e migliorando la qualità operativa.
© KFI
L’obiettivo non è “automatizzare per sostituire”, ma “automatizzare per collaborare”: creare un ambiente in cui l’intelligenza artificiale e la forza lavoro umana si completano, in una logica di sostenibilità, adattabilità e continuità operativa.
Se l’intelligenza artificiale è destinata a ridefinire la logistica nei prossimi anni, il vero salto culturale sarà quello che permetterà alle aziende di adottarla come strumento integrato, concreto e misurabile, non come sperimentazione, ma come parte strutturale del futuro operativo.
© KFI
IA e logistica predittiva: il prossimo passo
L’interesse segnalato nella ricerca LIUC per applicazioni di IA nel forecasting, nella previsione dei ritardi o nella pianificazione logistica dimostra che il potenziale dell’intelligenza artificiale va oltre l’efficienza operativa. Parliamo di strumenti in grado di anticipare i problemi e gestire l’incertezza, rendendo la supply chain più resiliente.
Tuttavia, per rendere queste soluzioni realmente accessibili anche alle PMI servono piattaforme integrate, modulari, capaci di interfacciarsi con i sistemi esistenti (ERP, WMS, MES) e di adattarsi alle esigenze dei singoli magazzini.
© KFI
Nel lavoro quotidiano di KFI con le realtà della supply chain osserviamo come l’integrazione di robot mobili autonomi (AMR) stia evolvendo da semplice risposta alla carenza cronica di manodopera a vero motore di trasformazione dei magazzini nati manuali: affiancando gli operatori, gli AMR ibridizzano gradualmente i processi fino a renderli di fatto automatici, senza gli stravolgimenti strutturali tipici dell’automazione “hard”.
Questo salto di qualità è amplificato da un ecosistema di tecnologie “smart” complementari – RFID per l’identificazione istantanea dei beni movimentati, Sistemi di Visione per il controllo dinamico degli oggetti, RTLS per la localizzazione centimetro-accurata di asset e mezzi, ESL (etichette elettroniche da scaffale) per l’aggiornamento in tempo reale di informazioni su posizioni fisiche che sincronizzano uomo e macchina in ogni micro-sequenza del flusso logistico. Il risultato conferisce eccellenza di processo accessibile anche alle PMI: si riducono le attività più gravose, si accorciano i tempi di ciclo e si abbattono gli errori, mentre gli operatori passano da mansioni ripetitive e gravose a compiti di supervisione ad alto valore aggiunto.
A cura di Antonino Lanza, Strategy and Corporate Development di KFI
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link