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Lavoro digitale e rider, prime mosse dal Ministero, ma non è tutto oro quello che luccica


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Un’interpretazione che fa discutere: Il documento, pur senza valore vincolante, getta le basi per il recepimento della Direttiva europea contro il falso lavoro autonomo. Tutte le novità

Il Ministero del Lavoro rompe il silenzio sul tema del lavoro tramite piattaforme digitali e prova a tracciare una prima linea guida. A pochi giorni dal tavolo tecnico-politico, è stata diffusa una nota interpretativa che getta nuova luce, ma non senza polemiche, sulle future regole per rider, freelance digitali e lavoratori autonomi impiegati nel mondo online. Il documento, pur senza valore vincolante, getta le basi per il recepimento della Direttiva europea 2024/2831 contro il falso lavoro autonomo.

La nuova posizione del Governo va oltre i riders

Non solo ciclofattorini: il Ministero chiarisce che il lavoro digitale è un universo composito, fatto di modelli contrattuali diversi che vanno dal lavoro subordinato all’autonomia più o meno autentica. Un principio chiave emerge dal testo: non conta tanto la forma del contratto, quanto la sostanza del rapporto. Se il lavoratore, pur formalmente autonomo, dipende economicamente e organizzativamente dalla piattaforma, dovrà ricevere protezioni minime analoghe a quelle dei dipendenti.

Il documento apre la strada a un’applicazione anticipata della nuova direttiva europea, attraverso interpretazioni giuridiche che valorizzino la realtà effettiva dei rapporti di lavoro. Una mossa che potrebbe accelerare il cambiamento, ma che rischia anche di alimentare tensioni con le parti sociali.

Un tavolo di confronto che non convince

Il tema del lavoro su piattaforma, è stato affrontato solo marginalmente e inserito all’ultimo momento tra i punti all’ordine del giorno. Dopo un rapido cenno della Ministra, la parola è passata ai tecnici, rimandando a incontri futuri gli approfondimenti promessi.

La reazione dei sindacati non si è fatta attendere: delusi per l’assenza di un vero spazio di dialogo, hanno lamentato il rischio che l’orientamento interpretativo del Ministero anticipi i contenuti della futura legge senza un reale coinvolgimento delle organizzazioni dei lavoratori.

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Nella stessa riunione si è parlato della “patente a crediti” sulla sicurezza sul lavoro, un’altra misura fortemente voluta dal Governo. I numeri diffusi dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro parlano chiaro: su circa 800.000 imprese coinvolte, solo 440.000 hanno completato la procedura, e le ispezioni condotte hanno portato finora a soli 12 provvedimenti di sospensione.

Il Ministero ha rivendicato un “effetto positivo” nella diffusione della cultura della sicurezza, ma i sindacati restano scettici: la fragilità del sistema di autocertificazione, l’assenza di controlli capillari e la mancanza di un confronto vero sulle criticità rendono la misura, a loro dire, ancora troppo debole.

In conclusione: per una misura completa serve più coraggio

Il quadro che emerge è quello di un Governo che tenta di imprimere una svolta sul lavoro digitale e sulla sicurezza, ma che fatica a costruire un processo condiviso. Le linee guida del Ministero delineano un cambio di paradigma importante: il riconoscimento che anche gli autonomi “dipendenti” dalle piattaforme meritano tutele.
Resta però aperta la questione più grande: come trasformare queste linee guida in norme efficaci, senza escludere dal processo chi il lavoro lo rappresenta ogni giorno?

Il tempo stringe: la direttiva europea va recepita entro dicembre 2026. Ma senza un vero dialogo, il rischio è che le riforme nascano già sotto il segno della conflittualità.



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