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In cantiere la riforma della responsabilità 231


Il Ministero della Giustizia ha inteso avviare una riflessione sulla riforma della responsabilità “231”. Il primo passo ha portato alla costituzione di un Tavolo tecnico con il compito di formulare una proposta, da sottoporre alla valutazione politica del Ministero e, a seguire, di Governo e Parlamento (si veda “Da introdurre modelli organizzativi semplificati per la piccola impresa” del 3 aprile 2025) .

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Gli obiettivi della riforma, secondo le prime indicazioni del Ministero, riguardano la valorizzazione in sede di valutazione giudiziale dei presidi interni, in un’ottica più sostanziale che formale, la semplificazione della disciplina rispetto alla piccola impresa, la rivisitazione del regime di prescrizione dell’illecito dell’ente, la revisione del trattamento sanzionatorio e cautelare con le garanzie proprie delle sanzioni penali (adeguatezza, proporzionalità, ne bis in idem). In linea con altri ambiti del diritto penale, dovranno essere anche valorizzate le condotte riparatorie poste in essere dall’ente in cui è avvenuto un reato presupposto.

Un ulteriore aspetto da affrontare riguarda le opportunità di interazione tra la disciplina 231 e altre discipline dell’ordinamento, come il Codice Antimafia, il Codice dei contratti pubblici e la sostenibilità.
Oltre ad Assonime (su cui ci si è soffermati nell’articolo sopra citato), anche Confindustria ha pubblicato nel mese di marzo un position paper dedicato a tali prospettive di riforma, in cui primariamente si evidenzia come il sentimento più diffuso tra le imprese sia, oggi, “di disagio e disorientamento”.

Le ragioni – secondo Confindustria – sono da individuarsi nel fatto che una disciplina nata per spingere le imprese verso l’innovazione organizzativa, incentivandole, attraverso strumenti premiali, a collaborare per prevenire la “criminalità del profitto”, si è trasformata nella prassi in strumento di mera repressione. Allo stesso tempo vengono criticati i troppo ampi spazi che essa lascia a interpretazioni disomogenee, “spesso del tutto disancorate dalla realtà di chi fa impresa”.

Viene al contrario ricordata e promossa la logica originaria perseguita dal legislatore nel 2001 di natura preventiva e premiale, chiamando in causa la centralità della c.d. colpa in organizzazione, per cui l’impresa dovrebbe rispondere solo qualora non abbia adeguatamente provveduto a evitare l’illecito, attraverso la propria organizzazione e struttura.
In tal senso è centrale il ruolo del modello organizzativo sia “ante delictum”, sia eventualmente adottato in un momento successivo al verificarsi dell’illecito, quale condotta riparatoria dello stesso.

Per dare maggiore certezza alle imprese è ovviamente da razionalizzare il catalogo dei reati-presupposto che in questi anni è cresciuto disordinatamente ed esponenzialmente. Ciò comporterebbe l’espunzione dal catalogo 231 sia di quelle fattispecie macroscopicamente incoerenti rispetto al contrasto alla criminalità di impresa, sia di quelle che rendono “labili i confini della responsabilità, oltre che complessa la predisposizione MOG adeguati” (associazione per delinquere e autoriciclaggio).

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Nella medesima ottica “incentivante” si muove anche la richiesta di estensione alle persone giuridiche degli istituti premiali previsti per le persone fisiche.
Si pensi alla causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e a quella derivante dall’estinzione del debito tributario, comprensivo di interessi e sanzioni, prevista per le persone fisiche per alcuni reati fiscali di natura dichiarativa (DLgs. 173/2024).

Altro aspetto nodale riguarda le sanzioni interdittive (anche laddove applicate in via cautelare nel corso delle indagini); tenendo conto dell’elevata invasività che queste hanno per la vita dell’ente, occorre intervenire per rivederne i criteri di scelta e di applicazione (art. 14 del DLgs. 231/2001), per tener conto del principio di proporzionalità e del necessario bilanciamento con le esigenze di continuità produttiva.
In queste settimane il testo elaborato dal Tavolo tecnico è all’attenzione del Ministero.



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