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«Il Pil delle Marche cresce, nel Centro Italia siamo primi. No al pessimismo»


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FANO Le Marche in transizione crescono più delle altre regioni del centro Italia. E considerando i cataclismi – finanziari e naturali – che si sono abbattuti sul nostro territorio negli ultimi 10 anni, non è un risultato di poco conto. Ad aggiornare l’abaco del Pil marchigiano è stato ieri il governatore Acquaroli dal palco del convegno “Scenari economici: da regione in transizione a regione benchmark”, organizzato a Fano dal Centro studi economia e territorio.

Gli scenari

È sceso nel dettaglio, dividendo il moloch tra prima e dopo il suo insediamento a Palazzo Raffaello: «Tra il 2015 ed il 2019, il Pil delle Marche era cresciuto del 3,49%, quello dell’Umbria del 2,44%, il Lazio aveva fatto +4,75% e la Toscana il 6,19%. È qui che la nostra regione entra in transizione» uscendo dal gruppo dei territori più avanzati, ha riavvolto il nastro il governatore. Per poi passare agli scenari più contingenti: «Dal 2019 ad oggi, invece, le Marche hanno registrato un +1,64% di Pil, il Lazio +0,16%, la Toscana -0,27% e l’Umbria -1,68%. Cresciamo più di tutte: la nostra regione è dinamica, forte e autorevole. Nel pessimismo cosmico non si investe», l’invito all’ottimismo esteso alla platea che annoverava, tra gli altri, il sindaco Serfilippi, l’ad del Sanzio D’Orsogna, la dirigente allo Sviluppo economico della Regione Bussoletti, i direttori delle Ast 1 (Carelli) e 2 (Marini) e la dg dell’Inrca Capalbo.

A tracciare il perimetro del convegno è stato il rettore dell’Università di Urbino Giorgio Calcagnini, che ha raccontato luci ed ombre del nostro sistema economico: «Tra il 2010 ed il 2024 ci sono state 138mila iscrizioni di nuove imprese e 145mila cancellazioni. Di queste ultime, 22.808 tra il 2019 e il 2024». E su questo punto ha voluto precisare Acquaroli che «il dato è legato ad una legge del 2022 che ha richiesto le cancellazioni delle aziende cessate dai registri delle Camere di commercio, e la nostra è stata una delle più solerti. Ma in quelle 22mila ci sono anche aziende cessate negli anni ‘70, o imprese di quei 9 Comuni nel frattempo passati in Emilia Romagna ed ora iscritte in quell’ente camerale».

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Le luci

Prosegue nella disamina il governatore: «Negli ultimi 10 anni le Marche hanno dovuto superare choc pesanti. Uno è quello legato a Banca Marche: la scelta di non salvarla ha avuto un effetto devastante». E nonostante tutto, la nostra regione può continuare a vantare elementi di eccellenza. Per esempio, come ha sottolineato Calcagnini, «se prendiamo il numero di start up innovative sul totale delle imprese, siamo la prima regione d’Italia. È uno spunto positivo su cui lavorare».

E non a caso la Regione ha investito in innovazione, ricerca&sviluppo. In chiusura vetrina anche per Mirco Carloni, deputato della Lega e presidente della commissione Agricoltura alla Camera: «Tra il 2019 e il 2024 l’export delle Marche è cresciuto del 14,8% e la disoccupazione si è ridotta del 3,6%. Si tratta di segnali inequivocabili di un’economia che sta ritrovando slancio e competitività. Il giorno in cui si pianta il seme non è quello in cui si raccoglie il frutto: questi numeri sono il risultato di un impegno costante, di scelte coraggiose e di una visione di lungo periodo».





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