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Campania, ultima in Europa per occupazione femminile: un 1° maggio che non è festa


La Campania si aggiudica il triste primato di essere la Regione con il più basso tasso di occupazione femminile d’Europa. I dati Eurostat certificano una realtà lontanissima dagli standard europei e nazionali. Dietro le cifre, un problema profondo di mentalità e di carenza di servizi essenziali.

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I dati Eurostat in Campania

Con appena il 32,3% delle donne occupate nella fascia tra i 15 e i 64 anni, la Campania registra il peggior dato d’Europa in termini di partecipazione femminile al mondo del lavoro. Il divario rispetto alla media europea, pari al 66,2%, è impressionante: oltre trenta punti di distanza che parlano di un’emergenza sociale prima ancora che economica.

I risultati delle altre regioni

A seguire, nella graduatoria negativa, si trovano Calabria e Sicilia, a conferma di un Mezzogiorno dove l’occupazione femminile stenta a decollare. Se nel Nord Italia lavora in media il 67% delle donne e il dato nazionale si attesta al 56,5%, nel Sud la media precipita al 39%, trascinata verso il basso proprio dalle Regioni più in difficoltà.

La percezione del lavoro delle donne 

In Campania, nemmeno gli alti livelli di istruzione riescono a colmare il divario. Se da un lato le competenze femminili sono in crescita, dall’altro mancano i contesti lavorativi pronti ad accoglierle e valorizzarle. Il problema, dunque, non si limita alla mancanza di opportunità economiche, ma affonda le radici in un contesto socio-culturale ancora arretrato, dove il lavoro delle donne viene spesso percepito come secondario o accessorio rispetto agli obblighi familiari.

Ne abbiamo parlato con l’Architetto Nadia Marra, Responsabile Campania Rete per la Parità che rispondendo alle nostre domande ha evidenziato le cause profonde di questa situazione e lanciato un appello alle istituzioni.

Sul contesto campano

D: architetto Marra, quanto pesa, a suo giudizio, la cultura tradizionale ancora molto radicata in Campania nel frenare l’accesso delle donne al mondo del lavoro?

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«Tanto. Le donne campane riescono molto di più ad affermarsi emigrando in altre Regioni, specie del nord, o all’estero, formate o no, perché trovano un contesto sociale e lavorativo migliore. Certo, le difficoltà e le disparità per le donne esistono anche altrove, ma il contesto campano su molti aspetti è ancora molto arretrato e quindi ostile alle donne.»

Sulle politiche pubbliche

D: secondo lei, quali politiche pubbliche sarebbero più urgenti per cambiare questa situazione? Pensa che servano più incentivi alle imprese o maggiori servizi alle famiglie?

«Servono politiche. Una visione che non sia specifica solo per le donne, ma per il miglioramento delle condizioni di vita in generale. Servono asili nido, mense, strutture per gli anziani. Ma serve anche investire su un sistema di servizi e infrastrutture che sostenga concretamente la vita delle persone. Ad esempio, spesso le donne non possono permettersi un’automobile: senza un trasporto pubblico efficiente, non possono muoversi di casa. Come si può pensare che vadano a lavorare? Le misure di sostegno alle imprese sono relative, se poi il costo per raggiungere il posto di lavoro è alto rispetto al salario, o se un’impresa non ha servizi come una mensa. I servizi alle famiglie sono i servizi pubblici che oggi scarseggiano o funzionano male, ma che, se efficienti, potrebbero fare davvero la differenza.»

Sulla scolarizzazione

D: l’alta scolarizzazione femminile sembra non tradursi in occupazione: crede che sia un problema di mercato del lavoro o anche di scarsa valorizzazione delle competenze da parte degli stessi datori di lavoro?

«Sempre più donne altamente scolarizzate fanno lavori per competenze inferiori rispetto a quelle richieste, questo è un dato. In Campania il problema è che ci sono pochissimi contesti aziendali o pubblici realmente qualificati. Bisognerebbe investire molto di più in ricerca e sviluppo, come ha sottolineato recentemente anche la Svimez.»

La visione di Marra

D: infine, che messaggio si sente di lanciare alle istituzioni regionali e locali in occasione di questo 1° maggio?

«I dati parlano chiaro. Le politiche regionali degli ultimi anni non hanno guardato adeguatamente alle competenze e alle potenzialità delle donne, né sono state di sostegno al loro lavoro. Per il futuro, la politica regionale dovrà essere molto più attenta a tutte le donne. E, permettetemi di aggiungere, ancora più attenta ai grandi talenti femminili che troppo spesso facciamo scappare altrove.»

Le parole dell’architetto Marra fotografano dunque una realtà campana complessa che senza investimenti seri in infrastrutture, trasporti, ricerca e sviluppo, farà si che il lavoro femminile resti un traguardo per poche. Al punto in cui è la Campania, il rischio che lo sforzo accademica per la formazione universitaria di nuovi talenti, non produca i risultati attesi è molto alto.  Ed è così che a molte donne non resta che emigrare in altre regioni italiane o peggio all’estero.

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Le idee politiche dei prossimi anni dovranno essere affiancate anche da un cambio di mentalità. Diversamente sarà pressoché impossibile superare l’approccio assistenziale per puntare a creare un ambiente dove le donne possano affermarsi senza dover lasciare i propri luoghi d’origine.

Solo così il Primo Maggio potrà diventare davvero la festa di tutti i lavoratori senza differenze di genere  affinché il lavoro, quello vero, rappresenti un diritto che si fondi su regole certe e condivise e non che continui ad avere il sapore amaro di una concessione.



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