La manifattura è importante per un territorio poiché genera ricchezza, alimenta l’innovazione e stimola la formazione di kibs, stabilisce una relazione tra il luogo e il mondo, produce posti di lavoro, assicura stipendi più elevati rispetto ad altri settori della produzione.
E, tuttavia, si è affermata una narrazione distorta, nell’opinione pubblica e nella politica, che considera la manifattura una dimensione economica marginale rispetto ad ambiti di attività come il turismo o i servizi commerciali.
Si tratta di recuperare questa cesura sul piano culturale e fare in modo che le politiche regionali siano ben strutturate.
Da questo punto di vista il Piano «Agenda Fvg Manifattura 2030», predisposto dall’Assessorato regionale, va ripensato per farlo corrispondere agli scenari e in grado di determinare impatti di breve, medio e lungo periodo.
Non è sufficiente limitarsi a valutare un fenomeno strutturale (si pensi alla regressione demografia) per indicare una possibile rotta: vanno considerate invece le interdipendenze che si determinano dal sommarsi di trend e fenomeni. Vanno tenuti assieme, tanto per fare un esempio, andamento demografico e cambiamento climatico, fuga dei giovani all’estero ed innovazioni tecnologiche, invecchiamento della popolazione, longevità e flussi migratori, qualità del lavoro, remunerazioni e welfare territoriale. Questo approccio non caratterizza l’ «Agenda» e impedisce pertanto l’individuazione di azioni e misure efficaci da attuare nei diversi archi temporali.
Se non si interviene sulla base di un approccio ecosistemico è possibile che il nostro sistema produttivo (e non solo manifatturiero) subisca i seguenti riflessi: 1) calo del 20% del Pil nel prossimo decennio a fronte del permanere della crisi demografica; 2) impoverimento del mercato interno dei consumi di beni e servizi; 3) alterazione ulteriore del rapporto tra pensionati e lavoratori in attività (oggi si registrano 1.81 lavoratori attivi per ogni pensionato); 4) accentuazione della sovrapposizione nelle imprese di generazioni di lavoratori diverse (da 3 fino a 5 generazioni); 5) indisponibilità di competenze e di figure professionali necessarie a coprire le attuali 10.000 unità lavorative che mancano; 6) impossibilità ad armonizzare il mismatch «orizzontale» e «verticale» tra domanda e offerta di lavoro); 7) estensione della dissociazione tra il tasso di occupazione, la qualità del lavoro, gender gap/gender pay gap e il numero effettivo delle ore lavorate (in quest’ultimo caso, l’incidenza sul reddito è anche di 10.000 €/anno); 8) mancata compensazione di flussi in entrata e in uscita di imprese, competenze e profili professionali, studenti.
È necessario tenere unite le dimensioni del Lavoro, dell’Innovazione e del Clima, attraverso la stipula di un «Patto» tra Regione, imprese, rappresentanze e territori, ed è utile avviare rapidamente 7 progetti «pilota» destinati a: a) sostenere gli strumenti di “politiche orizzontali”, in primo luogo su energia, casa e forme di welfare territoriale a supporto dei bisogni e dell’azione delle imprese; b) sostenere gli strumenti di “politiche settoriali”, in primo luogo per la costruzione e consolidamento di reti e filiere necessarie per la ricomposizione del tessuto di piccole imprese; c) portare al 2% la spesa in ricerca&sviluppo, superando il limite attuale dell’1,7%; d) avviare un programma straordinario per far rientrare talenti, competenze e profili professionali e generare l’attrattività di risorse umane, in considerazione del forte squilibrio e del saldo nullo dei flussi di compensazione in entrata/uscita; e) avviare un programma per far arrivare 100.000 persone nel corso dei prossimi anni, anche in relazione ai bisogni del sistema produttivo, avvalendosi di appropriate politiche di inclusione, formazione e residenzialità; f) creare una Big (Data) Community e potenziare capacità di banda e internet veloce (min 100 Mb/s), considerato che non siamo un ecosistema «smart community» e che 2 aziende su 5 (molte oltre i 10 dipendenti) non dispongono di sufficiente connessione con adeguata velocità di download; g) realizzare l’upgrade della missione dei Consorzi di sviluppo economico nella fornitura di servizi (asili, educazione, formazione, trasporti) e nel radicamento di forme evolute di welfare territoriale, con il coinvolgimento delle comunità e delle economie di prossimità.
Si tratta di progetti concreti coerenti con la convinzione che un sistema di imprese diffuso, radicato sul territorio e capace di promuovere legami in termini produttivi e conoscitivi rappresenta una componente importante per alimentare una società generativa, assicurare l’elevata coesione e la condivisione di valori.
Maurizio Ionico
urbanista, ricercatore
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