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Il Paese che non compra più: vendite al dettaglio giù, solo due settori si salvano


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Il barometro dei consumi segna tempesta: solo due settori si salvano.

Marzo 2025 conferma un clima economico sempre più plumbeo: le vendite al dettaglio in Italia calano ancora, sia in valore che in volume. Il dato congiunturale segna un -0,5% rispetto a febbraio, un arretramento che riguarda tutti i comparti merceologici e che fotografa con precisione la fragilità dei consumi interni. Non si tratta più di un segnale isolato, ma di un trend consolidato. E stavolta neanche la Pasqua può fungere da alibi.

Non solo un rallentamento, è un tracollo strutturale: un primo trimestre da dimenticare

La caduta su base annua è ancora più drammatica: -2,8% in valore e -4,2% in volume rispetto a marzo 2024. In altre parole, gli italiani acquistano meno, ma spendono anche meno per ciò che comprano. La flessione tocca sia i beni alimentari che quelli non alimentari. I primi calano dello 0,5% in valore e addirittura dello 0,9% in quantità, suggerendo che le famiglie stanno riducendo anche la spesa per il cibo: un segnale sociale più che economico. Nel complesso, il primo trimestre del 2025 registra un arretramento dello 0,2% in valore e dello 0,5% in volume. Una tendenza che non fa distinzioni: i beni alimentari perdono terreno (-0,1% valore, -0,5% volume), così come quelli non alimentari (-0,4% e -0,6%). Il tessuto dei consumi si sfalda, e la domanda interna, che dovrebbe essere il motore della crescita, diventa sempre più debole.

Il crollo dei settori non alimentari: solo due si salvano

L’analisi dettagliata dei comparti non alimentari è impietosa: su dodici categorie merceologiche, solo due registrano un segno positivo:

  • Prodotti di profumeria e cura della persona: +1,8%;
  • Prodotti farmaceutici: +0,6%.

Per il resto, è una lista nera: libri e giornali (-4,5%), calzature (-4,2%), giochi e sport (-3,5%), gioielli (-3,4%), abbigliamento (-2,7%) e giù fino ai beni tecnologici. Gli elettrodomestici restano inchiodati allo zero. Un quadro che descrive con chiarezza il taglio delle spese non essenziali.

“Tutti giù per terra”: non si salva nessuno

Nemmeno la grande distribuzione, solitamente più resiliente, riesce a salvarsi: -2,6%. Le piccole superfici cedono il 3,1%, mentre il commercio elettronico arretra dell’1,3%. Crollano le vendite fuori dai negozi (-4,7%), segno che nemmeno i mercatini, i venditori ambulanti e i canali alternativi riescono a intercettare la domanda. Durissimo il commento di Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori: “Dati disastrosi, di male in peggio. Non c’è un solo indicatore che si salvi. Il problema è strutturale, le famiglie tagliano tutto perchè non arrivano più a fine mese“. I numeri parlano chiaro: un calo dello 0,9% nei volumi alimentari in un solo mese equivale, nella pratica, a una riduzione concreta della quantità di cibo consumato. Non un cambiamento nelle abitudini, ma un campanello d’allarme sociale.

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